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Poesie di Ungaretti: le 10 più belle e famose

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Ultimo aggiornamento: 11 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie di Ungaretti

Giuseppe Ungaretti è stato sicuramente uno fra i più importanti del Novecento italiano, nonché precursore dell’Ermetismo.

Se da un lato le sue poesie sono caratterizzate per la loro brevità, dall’altro racchiudono al loro interno mondi incredibilmente profondi.

Qui di seguito la nostra selezione delle più belle poesie di Ungaretti che ne rappresentano al meglio lo stile e il pensiero. Eccole!

Poesie di Ungaretti

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  • Soldati
    Si sta come
    d’autunno
    sugli alberi
    le foglie
  • Mattina
    M’illumino
    d’immenso.
  • Eternità
    Tra un fiore colto e l’altro donato
    l’inesprimibile nulla.
  • Sereno
    Dopo tanta
    nebbia
    a una
    a una
    si svelano
    le stelle
    Respiro
    il fresco
    che mi lascia
    il colore del cielo
    Mi riconosco
    immagine
    passeggera
    Presa in un giro
    Immortale.
  • Veglia
    Un’intera nottata
    buttato vicino
    a un compagno
    massacrato
    con la sua bocca
    digrignata
    volta al plenilunio
    con la congestione
    delle sue mani
    penetrata
    nel mio silenzio
    ho scritto
    lettere piene d’amore
    Non sono mai stato
    tanto
    attaccato alla vita
  • Fratelli
    Di che reggimento siete
    fratelli?
    Parola tremante
    nella notte.
    Foglia appena nata.
    Nell’aria spasimante
    involontaria rivolta
    dell’uomo presente alla sua
    fragilità.
    Fratelli.
  • Agonia
    Morire come le allodole assetate
    sul miraggio
    O come la quaglia
    passato il mare
    nei primi cespugli
    perché di volare
    non ha più voglia
    Ma non vivere di lamento
    come un cardellino accecato
  • Il porto sepolto
    Vi arriva il poeta
    e poi torna alla luce con i suoi canti
    e li disperde
    Di questa poesia
    mi resta
    quel nulla
    d’inesauribile segreto
  • Sei comparsa al portone
    Sei comparsa al portone
    in un vestito rosso
    per dirmi che sei fuoco
    che consuma e riaccende.
    Una spina mi ha punto
    delle tue rose rosse
    perché succhiassi al dito,
    come già tuo, il mio sangue.
    Percorremmo la strada
    che lacera il rigoglio
    della selvaggia altura,
    ma già da molto tempo
    sapevo che soffrendo con temeraria fede,
    l’età per vincere non conta.
    Era di lunedì,
    per stringerci le mani
    e parlare felici
    non si trovò rifugio
    che in un giardino triste
    della città convulsa.
  • San Martino del Carso
    Di queste case
    non è rimasto
    che qualche
    brandello di muro
    Di tanti
    che mi corrispondevano
    non è rimasto
    neppure tanto
    Ma nel cuore
    nessuna croce manca
    È il mio cuore
    il paese più straziato

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