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15 Poesie sul Tramonto

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Ultimo aggiornamento: 23 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sul Tramonto

Il tramonto è uno spettacolo per gli occhi capace di regalarci intense snsazioni e di insegnarci la bellezza della vita.

Un fenomeno naturale che ogni giorno riesce a catturare la nostra attenzione con i suoi colori e le sue sfumature sempre nuove.

Ecco quindi le più belle poesie sul tramonto che, con le parole, ce ne faranno rivivere tutte le emozioni. Scoprile subito!

Poesie sul tramonto

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  • Che cerchi, poeta, nel tramonto?
    (Antonio Machado)
    Nuda è la terra, e l’anima
    ulula contro il pallido orizzonte
    come lupa famelica. Che cerchi,
    poeta, nel tramonto?
    Amaro camminare, perché pesa
    il cammino sul cuore. Il vento freddo,
    e la notte che giunge, e l’amarezza
    della distanza… Sul cammino bianco,
    alberi che nereggiano stecchiti;
    sopra i monti lontani sangue ed oro…
    Morto è il sole…
    Che cerchi, poeta, nel tramonto?
  • Tramonto
    (Giuseppe Ungaretti)
    Il carnato del cielo
    sveglia oasi
    al nomade d’amore.
  • Tramonto
    (Juan Ramòn Jiménez)
    Tristezza dolce della campagna,
    va calando la sera.
    Giunge dai campi mietuti
    un lieve odore di fieno.
    Le piante si sono addormentate.
    Sulla collina il cielo
    è viola. Teneramente.
    Svegliato canta un usignolo.
  • Tramonto
    (Rabindranath Tagore)
    Oggi alla fine del giorno
    il tramonto posò le sue perle
    sui fini e nerì capelli della sera
    ed io le ho nascoste
    come una collana senza filo
    dentro il cuore.
    Nel silenzio il cigno dorme.
    sulla riva destra del fiume
    e questo tramonto
    attraverso il cielo luminoso di stelle
    è venuto a toccare
    la mia umile fronte:
    sopra queste acque tacite e calme
    ha iniziato la traversata tra astri e stelle:
    ha steso
    il suo manto d’oro
    sulla soglia della notte
    che dorme tranquilla:
    e infine lungo le vie dell’arsa,
    sopra il carro di un nero destriero
    s’allontanerà facendo scintille:
    ha lasciato soltanto un tocco
    sulla fronte di un poeta.
    Nel tuo infinito mai s’era visto
    un tramonto così,
    né più ritornerà.
  • Se non avessi visto il sole
    (Emily Dickinson)
    Se non avessi visto il sole
    avrei potuto sopportare l’ombra,
    ma la luce ha reso il mio deserto
    ancora più selvaggio.
  • Crepuscolo
    (Guillaume Apollinaire)
    Sfiorata dalle ombre dei morti
    Sull’erba dove muore il giorno
    L’arlecchina s’è spogliata
    E specchia il suo corpo nello stagno
    Un ciarlatano crepuscolare
    Vanta i prossimi giri
    Il cielo incolore è costellato
    Di astri pallidi come il latte
    Sul palco il pallido arlecchino
    Saluta subito gli spettatori
    Stregoni venuti di Boemia
    Qualche fata e gli incantatori
    Staccata una stella
    la maneggia con le braccia tese
    Mentre coi piedi un impiccato
    Suona i piatti cadenzando
    La cieca culla un bel bambino
    Passa la cerva con i suoi cerbiatti
    Il nano guarda con un’aria triste
    Ingigantire l’arlecchino trismegisto
  • Tramonto d’Autunno
    (Gabriele D’Annunzio)
    Pronto, su ‘l mar natale
    cui nasconde la luna,
    ride il sole autunnale,
    dolce come la luna.
    S’ode il mare pe ‘l lido
    gemere, lento e grave.
    S’ode talora il grido
    fievole d’una nave
    che faticosa in vano
    lotta co ‘l vento avverso,
    o il richiamo lontano
    d’un uccello disperso,
    o l’improvviso tuono
    d’un’onda più gagliarda.
    Ride il sole, già prono,
    e dolcemente guarda.
  • Istanti
    (Don Herold)
    Se potessi vivere di nuovo la mia vita.
    Nella prossima cercherei di commettere più errori.
    Non cercherei di essere
    così perfetto, mi rilasserei di più.
    Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato,
    di fatto prenderei ben poche cose sul serio.
    Sarei meno igienico.
    Correrei più rischi,
    farei più viaggi,
    contemplerei più tramonti,
    salirei più montagne,
    nuoterei in più fiumi.
    Andrei in più luoghi dove mai sono stato,
    mangerei più gelati e meno fave,
    avrei più problemi reali e meno immaginari.
    Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto
    della loro vita sensati e con profitto;
    certo mi sono preso qualche momento di allegria.
    ma se potessi tornare indietro, cercherei
    di avere soltanto momenti buoni.
    Che, se non lo sapete, di questo
    è fatta la vita,
    di momenti: non perdere l’adesso.
    Io ero uno di quelli che mai
    andavano da nessuna parte senza un termometro,
    una borsa dell’acqua calda, un ombrello e un paracadute;
    se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero.
    Se potessi tornare a vivere
    comincerei ad andare scalzo all’inizio
    della primavera
    e resterei scalzo sino alla fine dell’autunno.
    Farei più giri in calesse,
    guarderei più albe
    e giocherei con più bambini,
    se mi trovassi di nuovo la vita davanti.
    Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo.
  • Crepuscolo
    (Heinrich Heine)
    Sulla pallida spiaggia giacevo,
    solitario dai tristi pensieri.
    Declinava al tramonto nel mare
    il sole, gettando sull’acqua
    vivi sprazzi di porpora ardente;
    ed i candidi flutti lontani,
    sospinti dall’alta marea,
    venivan spumando frusciando
    più presso, più presso…
    Uno strano gridare, un brusìo
    e sibili e murmuri e risa,
    un sospirare, un ronzare:
    e, frammezzo, un sommesso cantare
    di cune dondoleggiate.
    Riudir mi parea le obliate
    leggende, le fiabe soavi
    di tempi remoti, che bimbo
    mi seppi dai bimbi d’accanto,
    allor che nei vesperi estivi
    ci acquattavam sui gradini
    dinanzi alla porta di casa
    per cinguettarci sommessi
    le storie, coi piccoli cuori
    protesi in ascolto, con gli occhi
    astuti di curiosità,
    mentre le bimbe più grandi,
    dalle finestre di fronte,
    tra vasi olezzanti di fiori
    sporgevano i volti di rosa
    ridenti alla luce lunare.
  • Il tramonto del sole romantico
    (Charles Baudelaire)
    Com’è bello il sole quando freschissimo sorge
    e come un’esplosione ci lancia il suo buongiorno!
    – Fortunato colui che potrà con amore
    salutarne il tramonto più fastoso d’un sogno!
    Ricordo… Ho visto tutto, fiore, solco, sorgente
    come un cuore in deliquio fremere sotto il suo sguardo…
    – Corriamo, è tardi, corriamo verso l’orizzonte,
    per afferrarne almeno qualche obliquo raggio!
    Ma io inseguo invano il Dio che si nasconde;
    la Notte inarrestabile stabilisce il suo regno,
    nera e piena di brividi, umida, funesta;
    galleggia nelle tenebre un odore di tomba
    e il mio piede pauroso sull’orlo dello stagno
    urta rospi imprevisti, fredde lumache calpesta.
  • Miracoli
    (Walt Whitman)
    Perché la gente fa tanto caso ai miracoli?
    Per quanto mi riguarda io non conosco altro che miracoli,
    sia che passeggi per le vie di Manhattan,
    o levi il mio sguardo sopra i tetti, verso il cielo,
    o sguazzi coi piedi nudi lungo la spiaggia, proprio sul filo dell’acqua,
    o mi fermi sotto gli alberi, nei boschi,
    o parli, di giorno, con chi amo, o dorma, di notte, accanto a chi amo,
    o sieda a pranzare a un tavolo insieme ad altri,
    o getti uno sguardo agli estranei che viaggiano in tram di fronte a me,
    o spii le api che nei pomeriggi d’estate si affaccendano intorno all’alveare,
    o gli animali al pascolo nei campi,
    o gli uccelli, o gli straordinari insetti dell’aria,
    la meraviglia del tramonto, le stelle che brillano placide e luminose,
    o la delicata sottile curva della luna nuova in aprile;
    queste cose, e le altre, una e tutte, sono miracoli per me,
    a tutto si riferiscono anche se ognuna è distinta dalle altre,
    e al suo posto.
    È un miracolo per me ogni ora di luce e di buio,
    è un miracolo ogni centimetro cubo di spazio,
    ogni metro della superficie terrestre è impregnato di miracolo,
    formicola di miracoli ogni centimetro del sottosuolo.
    Il mare è per me un miracolo senza fine,
    i pesci che nuotano – gli scogli – il moto delle onde –
    le navi che portano gli uomini,
    quali i miracoli più strani di questi?
  • Ancora abbiamo perso questo tramonto
    (Pablo Neruda)
    Ancora abbiamo perso questo tramonto.
    Nessuno stasera ci vide con le mani unite
    mentre il vento azzurro cadeva sopra il mondo.
    Ho visto dalla mia finestra
    la festa del ponente sui monti lontani.
    A volte, come una moneta
    si incendiava un pezzo di sole tra le mani.
    Io ti ricordavo con l’anima stretta
    da quella tristezza che tu mi conosci.
    Allora dove eri?
    Tra quali genti?
    Che parole dicendo?
    Perché mi arriva tutto l’amore d’un colpo
    quando mi sento triste e ti sento così lontana?
    Cadde il libro che sempre si prende nel tramonto
    e come un cane ferito ai miei piedi rotolò la mia cappa.
    Sempre, sempre ti allontani nelle sera
    dove corre il tramonto cancellando statue.
  • Tramontata è la luna
    (Saffo)
    Tramontata è la luna
    e le Pleiadi a mezzo della notte
    anche giovinezza già dilegua,
    e ora nel mio letto resto sola.
    Scuote l’anima mia Eros,
    come vento sul monte
    che irrompe entro le querce;
    e scioglie le membra e le agita,
    dolce amara indomabile belva.
    Ma a me non ape, non miele;
    e soffro e desidero.
  • Il tramonto della luna
    (Giacomo Leopardi)
    Quale in notte solinga,
    Sovra campagne inargentate ed acque,
    Là ‘ve zefiro aleggia,
    E mille vaghi aspetti
    E ingannevoli obbietti
    Fingon l’ombre lontane
    Infra l’onde tranquille
    E rami e siepi e collinette e ville;
    Giunta al confin del cielo,
    Dietro Apennino od Alpe, o del Tirreno
    Nell’infinito seno
    Scende la luna; e si scolora il mondo;
    Spariscon l’ombre, ed una
    Oscurità la valle e il monte imbruna;
    Orba la notte resta,
    E cantando, con mesta melodia,
    L’estremo albor della fuggente luce,
    Che dianzi gli fu duce,
    Saluta il carrettier dalla sua via;
    Tal si dilegua, e tale
    Lascia l’età mortale
    La giovinezza. In fuga
    Van l’ombre e le sembianze
    Dei dilettosi inganni; e vengon meno
    Le lontane speranze,
    Ove s’appoggia la mortal natura.
    Abbandonata, oscura
    Resta la vita. In lei porgendo il guardo,
    Cerca il confuso viatore invano
    Del cammin lungo che avanzar si sente
    Meta o ragione; e vede
    Che a sé l’umana sede,
    Esso a lei veramente è fatto estrano.
    Troppo felice e lieta
    Nostra misera sorte
    Parve lassù, se il giovanile stato,
    Dove ogni ben di mille pene è frutto,
    Durasse tutto della vita il corso.
    Troppo mite decreto
    Quel che sentenzia ogni animale a morte,
    S’anco mezza la via
    Lor non si desse in pria
    Della terribil morte assai più dura.
    D’intelletti immortali
    Degno trovato, estremo
    Di tutti i mali, ritrovàr gli eterni
    La vecchiezza, ove fosse
    Incolume il desio, la speme estinta,
    Secche le fonti del piacer, le pene
    Maggiori sempre, e non più dato il bene.
    Voi, collinette e piagge,
    Caduto lo splendor che all’occidente
    Inargentava della notte il velo,
    Orfane ancor gran tempo
    Non resterete; che dall’altra parte
    Tosto vedrete il cielo
    Imbiancar novamente, e sorger l’alba:
    Alla qual poscia seguitando il sole,
    E folgorando intorno
    Con sue fiamme possenti,
    Di lucidi torrenti
    Inonderà con voi gli eterei campi.
    Ma la vita mortal, poi che la bella
    Giovinezza sparì, non si colora
    D’altra luce giammai, né d’altra aurora.
    Vedova è insino al fine; ed alla notte
    Che l’altre etadi oscura,
    Segno poser gli Dei la sepoltura.

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