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Poesie sulla Pioggia: le 15 più belle e malinconiche

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Ultimo aggiornamento: 13 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sulla Pioggia

La pioggia è un fenomeno naturale associato spesso a significati anche opposti. Se da un lato è vista come fonte di vita, in quanto fondamentale per la crescita di fiori, piante e alberi, dall’altro è simbolicamente associata alle lacrime e alla malinconia.

D’altronde, camminando sotto la pioggia, o fermandosi a guardarla dalla finestra, chi non ha mai sentito come una dolce sensazione di tristezza?

Ecco quindi le più belle poesie sulla pioggia che ne descrivono tutti gli aspetti, da quelli legati alla natura a quelli più profondi dell’animo. Scoprile subito!

Poesie sulla pioggia

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  • Giorno di pioggia
    (Henry Wadsworth Longfellow)
    La giornata è fredda, e scura, e cupa
    Piove, e il vento non è mai stanco
    La vite si aggrappa ancora al muro in rovina,
    Ma ad ogni raffica le foglie morte cadono,
    E i giorni sono scuri e cupi.
    La mia vita è fredda e scura e cupa;
    Piove, e il vento non è mai stanco;
    I miei pensieri si aggrappano ancora al passato in rovina,
    Ma le speranze della gioventù cadono fitte nell’esplosione,
    E i giorni sono scuri e cupi.
    Fermati, cuore triste! E smettila di lamentarti;
    Dietro le nuvole il sole sta ancora splendendo
    Il tuo destino è il destino comune di tutti
    Nella vita di ognuno di noi deve cadere un po’ di pioggia.
    Alcuni giorni devono essere scuri e cupi.
  • La quiete dopo la tempesta
    (Giacomo Leopardi)
    Passata è la tempesta:
    Odo augelli far festa, e la gallina,
    Tornata in su la via,
    Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
    Rompe là da ponente, alla montagna;
    Sgombrasi la campagna,
    E chiaro nella valle il fiume appare.
    Ogni cor si rallegra, in ogni lato
    Risorge il romorio
    Torna il lavoro usato.
    L’artigiano a mirar l’umido cielo,
    Con l’opra in man, cantando,
    Fassi in su l’uscio; a prova
    Vien fuor la femminetta a còr dell’acqua
    Della novella piova;
    E l’erbaiuol rinnova
    Di sentiero in sentiero
    Il grido giornaliero.
    Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
    Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
    Apre terrazzi e logge la famiglia:
    E, dalla via corrente, odi lontano
    Tintinnio di sonagli; il carro stride
    Del passegger che il suo cammin ripiglia.
    Si rallegra ogni core.
    Sì dolce, sì gradita
    Quand’è, com’or, la vita?
    Quando con tanto amore
    L’uomo a’ suoi studi intende?
    O torna all’opre? o cosa nova imprende?
    Quando de’ mali suoi men si ricorda?
    Piacer figlio d’affanno;
    Gioia vana, ch’è frutto
    Del passato timore, onde si scosse
    E paventò la morte
    Chi la vita abborria;
    Onde in lungo tormento,
    Fredde, tacite, smorte,
    Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
    Mossi alle nostre offese
    Folgori, nembi e vento.
    O natura cortese,
    Son questi i doni tuoi,
    Questi i diletti sono
    Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
    E’ diletto fra noi.
    Pene tu spargi a larga mano; il duolo
    Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
    Che per mostro e miracolo talvolta
    Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana
    Prole cara agli eterni! assai felice
    Se respirar ti lice
    D’alcun dolor: beata
    Se te d’ogni dolor morte risana.
  • Alla pioggia
    (Edmondo De Amicis)
    Scendi a torrenti, giù, pioggia feconda.
    Riga il ciel de le tua fila infinite,
    Ravviva i germi, suscita le vite
    Nel seno de la terra sitibonda!
    Scroscia ne la città negra ed immonda,
    Gorgoglia ne le piazze inaridite,
    Lava i sobborghi, spazza la mefite,
    Corri, schizza, ringorga, inaffia, inonda!
    Vedi, tutto si scote e si ridesta
    Sotto ai sonanti sprazzi cristallini,
    Tutto sgocciola, tremola e fa festa,
    E dai vetri t’applaudono i bambini
    E i fiori verso te levan la testa
    E le donne ti mostrano i piedini.
  • La pioggia nel pineto
    (Gabriele D’Annunzio)
    Taci. Su le soglie
    del bosco non odo
    parole che dici
    umane; ma odo
    parole più nuove
    che parlano gocciole e foglie
    lontane.
    Ascolta. Piove
    dalle nuvole sparse.
    Piove su le tamerici
    salmastre ed arse,
    piove sui pini
    scagliosi ed irti,
    piove su i mirti
    divini,
    su le ginestre fulgenti
    di fiori accolti,
    su i ginepri folti
    di coccole aulenti,
    piove su i nostri volti
    silvani,
    piove su le nostre mani
    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggeri,
    su i freschi pensieri
    che l’anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    t’illuse, che oggi m’illude,
    o Ermione.
    Odi? La pioggia cade
    su la solitaria
    verdura
    con un crepitio che dura
    e varia nell’aria secondo le fronde
    più rade, men rade.
    Ascolta. Risponde
    al pianto il canto
    delle cicale
    che il pianto australe
    non impaura,
    né il ciel cinerino.
    E il pino
    ha un suono, e il mirto
    altro suono, e il ginepro
    altro ancora, stromenti
    diversi
    sotto innumerevoli dita.
    E immensi
    noi siam nello spirito
    silvestre,
    d’arborea vita viventi;
    e il tuo volto ebro
    è molle di pioggia
    come una foglia,
    e le tue chiome
    auliscono come
    le chiare ginestre,
    o creatura terrestre
    che hai nome
    Ermione.
    Ascolta, Ascolta. L’accordo
    delle aeree cicale
    a poco a poco
    più sordo
    si fa sotto il pianto
    che cresce;
    ma un canto vi si mesce
    più roco
    che di laggiù sale,
    dall’umida ombra remota.
    Più sordo e più fioco
    s’allenta, si spegne.
    Sola una nota
    ancor trema, si spegne,
    risorge, trema, si spegne.
    Non s’ode su tutta la fronda
    crosciare
    l’argentea pioggia
    che monda,
    il croscio che varia
    secondo la fronda
    più folta, men folta.
    Ascolta.
    La figlia dell’aria
    è muta: ma la figlia
    del limo lontana,
    la rana,
    canta nell’ombra più fonda,
    chi sa dove, chi sa dove!
    E piove su le tue ciglia,
    Ermione.
    Piove su le tue ciglia nere
    sì che par tu pianga
    ma di piacere; non bianca
    ma quasi fatta virente,
    par da scorza tu esca.
    E tutta la vita è in noi fresca
    aulente,
    il cuor nel petto è come pesca
    intatta,
    tra le palpebre gli occhi
    son come polle tra l’erbe,
    i denti negli alveoli
    son come mandorle acerbe.
    E andiam di fratta in fratta,
    or congiunti or disciolti
    (e il verde vigor rude
    ci allaccia i melleoli
    c’intrica i ginocchi)
    chi sa dove, chi sa dove!
    E piove su i nostri volti
    silvani,
    piove su le nostre mani
    ignude,
    su i nostri vestimenti
    leggeri,
    su i freschi pensieri
    che l’anima schiude
    novella,
    su la favola bella
    che ieri
    m’illuse, che oggi t’illude,
    o Ermione.
  • Ascoltavo la pioggia
    (Alda Merini)
    Ascoltavo la pioggia
    domandare al silenzio
    quale fragile ardore
    sillabava e moriva.
    L’infinito tendeva
    ori e stralci di rosso
    profumando le pietre
    di strade lontane.
    Mi abitavano i sogni
    odorosi di muschio
    quando il fiume impetuoso
    scompigliava l’oceano.
    Ascoltavo la pioggia
    domandare al silenzio
    quanti nastri di strade
    annodavano il cuore.
    E la pioggia piangeva
    asciugandosi al vento
    sopra tetti spioventi
    di desolati paesi.
  • Sulla strada bagnata di pioggia
    (Peppino Impastato)
    Sulla strada bagnata di pioggia
    si riflette con grigio bagliore
    la luce di una lampada stanca:
    e tutt’intorno è silenzio.
  • Pioggia d’Aprile
    (Luigi Pirandello)
    Attoniti, dai nidi
    nuovi, sui vecchi tetti
    guardano gli uccelletti.
    mettendo acuti gridi,
    cadere l’invocata
    pioggia di mezzo aprile.
    Tu dietro la vetrata,
    dalla finestra bassa
    come lor guardi e ridi.
    È nuvola che passa.
  • Piove
    (Guillaume Apollinaire)
    Piovono voci di donna come se fossero morte anche nel ricordo.
    Siete anche voi che piovete meravigliosi incontri della mia vita o gocciolette.
    E quelle nuvole impennate cominciano a nitrire tutto un universo di città auricolari.
    Ascolta se piove mentre il rimpianto e lo sdegno piangono una musica antica.
    Ascolta cadere i legami che ti trattengono in alto e in basso.
  • Già la pioggia è con noi
    (Salvatore Quasimodo)
    Già la pioggia è con noi,
    scuote l’aria silenziosa.
    Le rondini sfiorano le acque spente
    presso i laghetti lombardi,
    volano come gabbiani sui piccoli pesci;
    il fieno odora oltre i recinti degli orti.
    Ancora un anno è bruciato,
    senza un lamento, senza un grido
    levato a vincere d’improvviso un giorno.
  • Pioggia
    (Charles Bukowski)
    Un’orchestra sinfonica.
    Scoppia un temporale,
    stanno suonando un’ouverture di Wagner
    la gente lascia i posti sotto gli alberi
    e si precipita nel padiglione
    le donne ridendo, gli uomini ostentatamente calmi,
    sigarette bagnate che si buttano via,
    Wagner continua a suonare, e poi sono tutti
    al coperto. Vengono persino gli uccelli dagli alberi
    ed entrano nel padiglione e poi c’è la Rapsodia
    Ungherese n. 2 di Lizst, e piove ancora, ma guarda,
    un uomo seduto sotto la pioggia
    in ascolto. Il pubblico lo nota. Si voltano
    a guardare. L’orchestra bada agli affari
    suoi. L’uomo siede nella notte nella pioggia,
    in ascolto. Deve avere qualcosa che non va,
    no?
    È venuto a sentire
    la musica.
  • Pioggia
    (Robert Louis Stevenson)
    La pioggia cade dappertutto
    cade con andamento fitto,
    cade sugli alberi, sui campi, sulle strade,
    portando vita dove cade.
    Cade picchiettando sugli ombrelli
    e mentre cade scappan gli uccelli;
    cade nel mare, sulle navi e i vascelli,
    cade gonfiando i ruscelli più belli.
  • I gatti lo sapranno
    (Cesare Pavese)
    Ancora cadrà la pioggia
    sui tuoi dolci selciati,
    una pioggia leggera
    come un alito o un passo.
    Ancora la brezza e l’alba
    fioriranno leggere
    come sotto il tuo passo,
    quando tu rientrerai.
    Tra fiori e davanzali
    i gatti lo sapranno.
    Ci saranno altri giorni,
    ci saranno altre voci.
    Sorriderai da sola.
    I gatti lo sapranno.
    Udrai parole antiche,
    parole stanche e vane
    come i costumi smessi
    delle feste di ieri.
    Farai gesti anche tu.
    Risponderai parole −
    viso di primavera,
    farai gesti anche tu.
    I gatti lo sapranno,
    viso di primavera;
    e la pioggia leggera,
    l’alba color giacinto,
    che dilaniano il cuore
    di chi piú non ti spera,
    sono il triste sorriso
    che sorridi da sola.
    Ci saranno altri giorni,
    altre voci e risvegli.
    Soffriremo nell’alba,
    viso di primavera.
  • Che dice la pioggerellina
    (Angiolo Silvio Novaro)
    Che dice la pioggerellina
    Di marzo, che picchia argentina
    Sui tegoli vecchi
    Del tetto, sui bruscoli secchi
    Dell’orto, sul fico e sul muro
    Ornati di gemmule d’oro?
    Passata è l’uggiosa invernata,
    Passata, passata!
    Di fuor dalla nuvola nera
    Di fuor dalla nuvola bigia
    Che in cielo si pigia,
    Domani uscirà Primavera
    Con pieno il grembiale
    Di tiepido sole,
    Di fresche viole,
    Di primule rosse, di battiti d’ale,
    Di nidi,
    Di gridi
    Di rondini, ed anche
    Di stelle di mandorlo, bianche…
    Ciò dice la pioggerellina
    Sui tegoli vecchi
    Del tetto, sui bruscoli secchi
    dell’orto, sul fico e sul moro
    Ornati di gemmule d’oro.
    Ciò canta, ciò dice;
    E il cuor che l’ascolta è felice.
  • Da leggere il mattino e la sera
    (Bertolt Brecht)
    Quello che amo
    mi ha detto
    che ha bisogno di me
    Per questo
    ho cura di me stessa
    guardo dove cammino e
    temo che ogni goccia di pioggia
    mi possa uccidere
  • Piove
    (Eugenio Montale)
    È uno stillicidio
    senza tonfi
    di motorette o strilli
    di bambini.
    Piove
    da un cielo che non ha
    nuvole.
    Piove
    sul nulla che si fa
    in queste ore di sciopero
    generale.
    Piove
    sulla tua tomba
    a San Felice
    a Emma
    e la terra non trema
    perché non c’è terremoto
    né guerra.
    Piove
    non sulla favola bella
    di lontane stagioni,
    ma sulla cartella
    esattoriale,
    piove sugli ossi di seppia
    e sulla greppia nazionale.
    Piove
    sulla Gazzetta Ufficiale
    qui dal balcone aperto,
    piove sul Parlamento,
    piove su via Solferino,
    piove senza che il vento
    smuova le carte.
    Piove
    in assenza di Ermione
    se Dio vuole,
    piove perché l’assenza
    è universale
    e se la terra non trema
    è perché Arcetri a lei
    non l’ha ordinato.
    Piove sui nuovi epistemi
    del primate a due piedi,
    sull’uomo indiato, sul cielo
    ominizzato, sul ceffo
    dei teologi in tuta
    o paludati,
    piove sul progresso
    della contestazione,
    piove sui work in regress,
    piove
    sui cipressi malati
    del cimitero, sgocciola
    sulla pubblica opinione.
    Piove ma dove appari
    non è acqua né atmosfera,
    piove perché se non sei
    è solo la mancanza
    e può affogare
  • Pioggia d’agosto
    (Guido Gozzano)
    Nel mio giardino triste ulula il vento,
    cade l’acquata a rade goccie, poscia
    più precipite giù crepita scroscia
    a fili interminabili d’argento…
    Guardo la Terra abbeverata e sento
    ad ora ad ora un fremito d’angoscia…
    Soffro la pena di colui che sa
    la sua tristezza vana e senza mete;
    l’acqua tessuta dall’immensità
    chiude il mio sogno come in una rete,
    e non so quali voci esili inquiete
    sorgano dalla mia perplessità.
    “La tua perplessità mediti l’ale
    verso meta più vasta e più remota!
    È tempo che una fede alta ti scuota,
    ti levi sopra te, nell’Ideale!
    Guarda gli amici. Ognun palpita quale
    demagogo, credente, patriota…
    Guarda gli amici. Ognuno già ripose
    la varia fede nelle varie scuole.
    Tu non credi e sogghigni. Or quali cose
    darai per meta all’anima che duole?
    La Patria? Dio? l’Umanità? Parole
    che i retori t’han fatto nauseose!…
    Lotte brutali d’appetiti avversi
    dove l’anima putre e non s’appaga…
    Chiedi al responso dell’antica maga
    la sola verità buona a sapersi;
    la Natura! Poter chiudere in versi
    i misteri che svela a chi l’indaga!”
    Ah! La Natura non è sorda e muta;
    se interrogo il lichène ed il macigno
    essa parla del suo fine benigno…
    Nata di sé medesima, assoluta,
    unica verità non convenuta,
    dinanzi a lei s’arresta il mio sogghigno.
    Essa conforta di speranze buone
    la giovinezza mia squallida e sola;
    e l’achenio del cardo che s’invola,
    la selce, l’orbettino, il macaone,
    sono tutti per me come personae,
    hanno tutti per me qualche parola…
    Il cuore che ascoltò, più non s’acqueta
    in visïoni pallide fugaci,
    per altre fonti va, per altra meta…
    O mia Musa dolcissima che taci
    allo stridìo dei facili seguaci,
    con altra voce tornerò poeta!

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