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Poesie di Pasqua: le 15 più belle e famose

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Ultimo aggiornamento: 13 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie di Pasqua

La Pasqua è una festa molto sentita della tradizione cristiana, non solo perché celebra la risurrezione di Gesù, ma anche perché è un momento di gioia da passare in famiglia o con gli amici.

Questa festa non poteva che ricadere durante la primavera, stagione in cui dopo il freddo i colori della natura tornano a illuminare le nostre giornate.

Ecco quindi le poesie di Pasqua che ne raccontano lo splendore in chiave religiosa, ma anche sociale e naturalistica. Scoprile subito!

Poesie di Pasqua

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  • L’ulivo Benedetto
    (Giovanni Pascoli)
    Oh, i bei rami d’ulivo! chi ne vuole?
    Son benedetti, li ha baciati il sole.
    In queste foglioline tenerelle
    vi sono scritte tante cose belle.
    Sull’uscio, alla finestra, accanto al letto
    metteteci l’ulivo benedetto!
    Come la luce e le stelle serene:
    un po’ di pace ci fa tanto bene.
  • Pasqua
    (Ada Negri)
    E con un ramo di mandorlo in fiore,
    a le finestre batto e dico: “Aprite!
    Cristo è risorto e germinan le vite
    nuove e ritorna con l’april l’amore
    Amatevi tra voi pei dolci e belli
    sogni ch’oggi fioriscon sulla terra,
    uomini della penna e della guerra,
    uomini della vanga e dei martelli.
    Aprite i cuori. In essi irrompa intera
    di questo dì l’eterna giovinezza”.
    lo passo e canto che la vita è bellezza.
    Passa e canta con me la primavera.
  • Pasqua
    (Guido Gozzano)
    A festoni la grigia parietaria
    come una bimba gracile s’affaccia
    ai muri della casa centenaria.
    Il ciel di pioggia è tutto una minaccia
    sul bosco triste, ché lo intrica il rovo
    spietatamente, con tenaci braccia.
    Quand’ecco dai pollai sereno e nuovo
    il richiamo di Pasqua empie la terra
    con l’antica pia favola dell’ovo.
  • Venerdì Santo
    (Fausto Maria Martini)
    Nulla, credi, è più dolce per i nostri
    occhi di questo giorno senza sole,
    con i monti velati di viole
    perché la primavera non si mostri.
    Venerdì Santo! E ieri sera tu
    ti rimendavi quest’abito, tutto
    grigio, un abito come a mezzo lutto
    per la morte del povero Gesù…
    Traevi dalla tua cassa di noce
    qualche grigio merletto secolare:
    così vestita, accoglierà l’altare
    la buona amante con le mani in croce…
    Prega per me, prega per te, pel nostro amore,
    per nostra cristiana tenerezza,
    per la casa malata di tristezza,
    e per il grigio Venerdì che muore:
    Venerdì Santo, entrato in agonia,
    non ha la sua campana che lo pianga…
    come un mendico, cui nulla rimanga,
    rassegnato si muore sulla via…
    Prega, e ricorda nella tua preghiera
    tutte le cose che ci lasceranno:
    anche il ramo d’olivo che l’altr’anno
    ci donò, per la Pasqua, Primavera.
    Quante volte l’olivo benedetto
    vide noi moribondi nel piacere,
    e vide le nostre due anime, in nere
    vesti, per noi pregare a capo al letto!
    E pregavamo, come se morisse
    qualcuno: un poco, sempre, morivamo:
    Ma sempre sull’aurora nuova, il ramo
    d’olivo i liei amanti benedisse!
    Ora col nuovo tu lo cambierai:
    anche devi pregare per gli specchi
    velati, per i libri, per i vecchi
    abiti che tu più non vestirai…
    E’ sera: un riso labile si perde
    sulle tue labbra, mentre t’inginocchi:
    io guardo, dietro la veletta, gli occhi…
    due perle nere in una rete verde.
  • Resurrezione
    (Alessandro Manzoni)
    È risorto: il capo santo
    più non posa nel sudario
    è risorto: dall’un canto
    dell’ avello solitario
    sta il coperchio rovesciato:
    come un forte inebbriato,
    il Signor si risvegliò.
    Era l’alba; e molli il viso
    Maddalena e l’altre donne
    fean lamento in su l’Ucciso;
    ecco tutta di Sionne
    si commosse la pendice
    e la scolta insultatrice
    di spavento tramortì.
    Un estranio giovinetto
    si posò sul monumento:
    era folgore l’aspetto
    era neve il vestimento:
    alla mesta che ‘l richiese
    dié risposta quel cortese:
    è risorto; non è qui.
  • Resurrezione
    (Gabriele D’Annunzio)
    Suono di campane,
    voce che trasvola sul mondo,
    canto che piove dal cielo sulla terra,
    nella città sorda e irrequieta,
    e nel silenzio dei colli
    ove, nel pallore argenteo,
    le bacche d’olivo maturano il dono di pace.
    Suono che viene a te,
    quale alleluia pasquale,
    a offrirti la gioia di ogni primavera,
    a chiamarti alla rinascita;
    a dirti che la terra rifiorisce
    se il tuo cuore si aprirà come un boccio,
    che ripete un gesto d’amore e di speranza,
    levando il mite ramoscello
    in questa chiara alba di Risurrezione!
  • Primavera 1938
    (Bertolt Brecht)
    Oggi, domenica di Pasqua, presto
    Un’improvvisa tempesta di neve
    si è abbattuta sull’isola.
    Tra i cespugli verdeggianti c’era neve. Il mio ragazzo
    mi ha portato verso un piccolo albicocco attaccato alla casa
    strappandomi ad un verso in cui puntavo il dito contro coloro
    che stanno preparando una guerra che
    può cancellare
    il continente, quest’isola, il mio popolo,
    la mia famiglia e me stesso. In silenzio
    abbiamo messo un sacco
    sopra all’albero tremante di freddo.
  • Gesù
    (Giovanni Pascoli)
    E Gesù rivedeva, oltre il Giordano
    campagne sotto il mietitor rimorte:
    il suo giorno non molto era lontano.
    E stettero le donne in sulle porte
    delle case, dicendo: Ave, Profeta!
    Egli pensava al giorno di sua morte.
    Egli si assise all’ombra d’una meta
    di grano, e disse: Se non è chi celi
    sotterra il seme, non sarà chi mieta.
    Egli parlava di granai ne’ Cieli:
    e voi, fanciulli, intorno lui correste
    con nelle teste brune aridi steli
    Egli stringeva al seno quelle teste
    brune; e Cefa parlò: Se costì siedi,
    temo per l’inconsutile tua veste.
  • Dall’uovo di Pasqua
    (Gianni Rodari)
    Dall’uovo di Pasqua
    è uscito un pulcino
    di gesso arancione
    col becco turchino.
    Ha detto: “Vado,
    mi metto in viaggio
    e porto a tutti
    un grande messaggio”.
    E volteggiando
    di qua e di là
    attraversando
    paesi e città
    ha scritto sui muri,
    nel cielo e per terra:
    “Viva la pace,
    abbasso la guerra”.
  • Ho sentito il battito del tuo cuore
    (Madre Teresa di Calcutta)
    Ti ho trovato in tanti posti, Signore.
    Ho sentito il battito del tuo cuore
    nella quiete perfetta dei campi,
    nel tabernacolo oscuro di una cattedrale vuota,
    nell’unità di cuore e di mente
    di un’assemblea di persone che ti amano.
    Ti ho trovato nella gioia,
    dove ti cerco e spesso ti trovo.
    Ma sempre ti trovo nella sofferenza.
    La sofferenza è come il rintocco della campana
    che chiama la sposa di Dio alla preghiera.
    Signore, ti ho trovato nella terribile grandezza
    della sofferenza degli altri.
    Ti ho visto nella sublime accettazione
    e nell’inspiegabile gioia
    di coloro la cui vita è tormentata dal dolore.
    Ma non sono riuscito a trovarti
    nei miei piccoli mali e nei miei banali dispiaceri.
    Nella mia fatica
    ho lasciato passare inutilmente
    il dramma della tua passione redentrice,
    e la vitalità gioiosa della tua Pasqua è soffocata
    dal grigiore della mia autocommiserazione.
    Signore io credo. Ma tu aiuta la mia fede.
  • È Pasqua
    (Cesare Zavattini)
    Anche il sole stamane
    è arrivato per tempo,
    anzi con un leggero anticipo.
    Anche io mi sento buono,
    più buono del solito.
    Siamo tutti un po’ angeli oggi
    mi pare quasi di volare
    leggero come sono.
    Esco di casa canticchiando,
    voglio bene a tutti.
  • Pasqua
    (Arpalice Cuman Pertile)
    “Uscite, uscite!” dice allegro il sole,
    volete stare in casa ad ammuffire?
    Tra l’erba nuova olezzano le viole.
    cominciano i bei rami a rinverdire.
    Uscite uscite! cantano gli uccelli,
    ogni nido, ogni zolla si ridesta.
    la terra, il cielo, il mar son tanto belli,
    e prati e colli son vestiti a festa”.
    Inni giocondi canta lieto il core,
    e la parola del rancor si tace;
    torna la Pasqua, festa dell’amore,
    che ci vuoi tutti buoni e tutti in pace.
  • La Domenica dell’olivo
    (Giovanni Pascoli)
    Hanno compiuto in questo dì, gli uccelli
    il nido (oggi è la festa dell’olivo)
    di foglie secche, radiche, fuscelli;
    quel sul cipresso, questo su l’alloro,
    al bosco, lungo il chioccolo d’un rivo,
    nell’ombra mossa d’un tremolìo d’oro.
    E covano sul musco e sul lichene
    fissando muti il cielo cristallino,
    con improvvisi palpiti, se viene
    un ronzio d’ape, un vol di maggiolino.
  • Il pulcino marziano
    (Gianni Rodari)
    Ho visto, a Pasqua, sbarcare
    dall’uovo di cioccolato
    un pulcino marziano.
    Di certo il comandante
    di quell’uovo volante
    di zucchero e cacao
    con la zampa ha fatto ciao.
    E il gatto, per la sorpresa,
    non ha detto neanche: “Miao”.
  • La Domenica delle Palme
    (Marino Moretti)
    Chinar la testa che vale?
    E che val nova fermezza?
    Io sento in me la stanchezza
    del giorno domenicale,
    mentre la madre mia buona
    entra con passo furtivo
    nella mia stanza e mi dona
    un ramoscello d’ulivo…
    E se’n va. Tutto quello
    ch’ella vuol dirmi lo dice
    a questo suo ramoscello
    che adornerà una cornice:
    adornerà la cornice
    dorata a capo del letto
    l’ulivo ch’è benedetto,
    l’ulivo che benedice;
    porterà pace e abbondanza
    nelle casette più sole,
    rallegrerà un po’ la stanza
    dell’infermo, senza sole,
    ricorderà poi con tanta
    fede l’ingresso solenne
    di Cristo a Gerusalemme
    nella domenica santa!…
    Ulivo, e a me che dirai?
    Le stesse cose anche tu?
    se una parola: giammai,
    se due parole: mai più?
    Nulla tu doni al mio cuore
    che lo consoli un istante,
    ed il mio sguardo tremante
    non vede in te che un colore:
    il color triste di tutto
    il mondo che non à sole
    e piange tacito e vuole
    vestirsi di mezzo lutto;
    il colore della noia
    e dei fiori di bugia,
    il colore della mia
    giovinezza senza gioia;
    il colore del passato
    che ritorna ben vestito,
    il color dell’infinito
    e di ciò che non è stato;
    il color triste dell’ore
    così lente a venir giù
    dai lor numeri, il colore
    che non è colore più.

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