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Poesie sulla Mamma: le 25 più dolci da dedicare

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Ultimo aggiornamento: 13 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sulla Mamma

La mamma, oltre che essere un punto di riferimento per la vita di tutti noi, è anche grande fonte d’ispirazione nell’animo dei poeti.

La sua figura è capace di dare forza, coraggio e sicurezza ai bambini, ma anche agli adulti che la portano sempre nel proprio cuore.

Qui di seguito le più belle poesie sulla mamma che ne raccontano tutto l’amore dei figli. Eccole!

Poesie sulla mamma

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  • La madre
    (Victor Hugo)
    La madre è un angelo che ci guarda
    che ci insegna ad amare!
    Ella riscalda le nostre dita, il nostro capo
    fra le sue ginocchia, la nostra anima
    nel suo cuore: ci dà il suo latte quando
    siamo piccini, il suo pane quando
    siamo grandi e la sua vita sempre.
  • Festa della mamma
    (Stephen Littleword)
    Per la tua festa dolce mamma
    ho raccolto i fiori più belli del nostro giardino
    ho colorato il disegno più speciale
    ho cercato tra i ricordi la storia più bella.
    Tutto questo per fartene dono,
    anche se, il fiore più bello, i colori più accesi,
    e la storia più speciale nella mia vita,
    sei tu, mamma!
    Auguri, è la tua festa!
  • A’ Mamma
    (Salvatore Di Giacomo)
    Chi tene a mamma
    è ricche e nun ‘o sape;
    chi tene a mamma
    è felice e nun ll’apprezza
    pecché ll’ammore ‘e mamma
    è ‘na ricchezza
    è comme ‘o mare
    ca nun fernesce maje.
    Pure ll’omme cchiù triste e malamente
    è ancora bbuon si vò bbene ‘a mamma.
    A mamma tutto te dà,
    niente te cerca
    e si te vede ‘e chiagnere
    senza sapè ‘o pecché…
    t’a stregne ‘mpiette
    e chiagne ‘nsieme a tè!
  • Per la festa della mamma
    (Lina Schwarz)
    Ho pregato un poeta
    di farmi una poesia
    con tanti auguri per te,
    mammina mia;
    ma il poeta ha risposto
    che il verso non gli viene;
    così ti dico solo:
    Ti voglio tanto bene!
  • Le mani della madre
    (Rainer Maria Rilke)
    Tu non sei più vicina a Dio
    di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
    benedette le mani.
    Nascono chiare in te dal manto,
    luminoso contorno:
    io sono la rugiada, il giorno,
    ma tu, tu sei la pianta.
  • Cosa mi piace
    (Arpalice Cuman Pertile)
    Mi piace il sole, il mare,
    mi piace il fior, l’uccello,
    m’è caro passeggiare
    mirando il verde bello.
    Ma più del sol, del fiore,
    ma più del mar profondo,
    ma più di tutto il mondo,
    m’è dolce il grande amore,
    mammina, del tuo cuore.
  • Mia madre
    (Giuseppe Garibaldi)
    Nelle circostanze più terribili
    della mia vita, quando l’oceano ruggiva sotto
    la carena, contro i fianchi della mia nave,
    sollevata come un sughero; quando le palle
    fischiavano alle mie orecchie e piovevano a
    me d’intorno fitte come la gragnola, io vedevo
    sempre mia madre inginocchiata, immersa e
    nella preghiera, ai piedi dell’Altissimo.
    Ed in me, quello che trasfondeva quel coraggio,
    di cui anch’io rimanevo stupito, era la convinzione
    che non poteva cogliermi alcuna disgrazia,
    mentre una così santa donna,
    un tale angelo pregava per me.
  • Tra le tue braccia
    (Alda Merini)
    C’è un posto nel mondo
    dove il cuore batte forte,
    e rimani senza fiato
    per quanta emozione provi;
    dove il tempo si ferma
    e non hai più l’età;
    quel posto è tra le tue braccia
    in cui non invecchia il cuore,
    mentre la mente non smette mai di sognare.
    Da lì fuggir non potrò
    poiché la fantasia d’incanto risente
    il nostro calore e non permetterò mai
    ch’io possa rinunciare
    a chi d’amor mi sa far volare.
  • Una mamma è come un albero grande
    (Francesco Pastonchi)
    Una mamma è come
    un albero grande,
    che tutti i suoi frutti ti dà:
    per quanti gliene domandi
    sempre uno ne troverà.
    Ti dà il frutto,
    il fiore,la foglia:
    per te di tutto si spoglia;
    anche i rami si taglierà.
    Una mamma è come
    un albero grande.
    Una mamma è come
    una sorgente,
    più ne togli acqua,
    più ne getta,
    nel suo fondo non vedi belletta
    sempre fresca,sempre lucente,
    nell’ombra e nel sole
    è corrente.
    Non sgorga che
    per dissetarti,
    se arrivi ride,
    piange se parti,
    una mamma è come
    una sorgente!
    Una mamma è come
    il mare,
    non c’è tesoro che non nasconda
    continuamente come l’onda ti culla
    e ti viene a baciare.
    Con la ferita più profonda
    non potrai farla sanguinare.
    Subito torna ad azzurreggiare:
    una mamma è come
    il mare.
    Una mamma è questo mistero:
    tutto comprende,tutto perdona,
    tutto soffre,tutto dona…
  • A mamma
    (Marina Ivanovna Cvetaeva)
    Nel vecchio valzer di Strauss
    noi abbiamo udito il tuo sommesso appello,
    da quel momento ci sono estranei tutti i vivi
    e consolante il fugace combattimento delle ore.
    Noi, come te, salutiamo i tramonti
    ebbri della vicinanza della fine.
    Tutto quello di cui siamo ricchi nella sera migliore
    tu ce lo hai messo nel cuore.
    Inchinandoti ai sogni infantili senza stancarti
    (senza di te soltanto la luna li guardava!
    hai guidato i tuoi piccoli oltre
    i pensieri e le azioni di una vita amara.
    Dai primi anni ci era vicino chi soffriva,
    noioso il riso ed estraneo il tetto familiare …
    La nostra nave non salpò in un buon momento
    e naviga secondo il capriccio di tutti i venti!
    Sempre più pallida l’isola celeste – l’infanzia,
    noi siamo soli sul ponte.
    Si vede che tu, mamma, alle tue figlie
    hai lasciato in eredità la tristezza.
  • Lettera alla madre
    (Sergej Esenin)
    Sei ancor viva, vecchiarella mia?
    Anch’io son vivo. Salve a te, salve!
    Fluisca ancora sulla tua casetta
    Quella indicibile luce serale.
    Mi scrivono che tu, celando l’angoscia,
    Troppo ti rattristi per me,
    Che spesso t’affacci sulla strada
    Nella tua vecchia giubba fuori moda.
    E che nel buio azzurro della sera
    Ti si presenta spesso una visione:
    Vedi qualcuno in una rissa di bettola
    Cacciarmi in cuore un coltello finnico.
    Ma non è nulla, cara! Sta’ tranquilla.
    É soltanto un penoso delirio.
    Non sono ancora un ubriacone ancora sì incallito
    Da morire senza rivederti.
    Ti voglio bene ancora come un tempo
    E il mio sogno è solo di tornare,
    Vinta la mia indomita tristezza,
    In quella nostra misera casetta.
    Tornerò quando il bianco giardino
    Aprirà i suoi rami a primavera.
    Solo tu non mi svegliare all’alba
    Come facevi otto anni fa.
    Non ridestare un sogno svanito,
    Non turbare ciò che non s’è avverato;
    Troppo precoci perdite e stanchezza
    M’è toccato provare nella vita.
    E non insegnarmi a pregare.
    Non occorre! Non si può ritornare al passato.
    Sei tu sola il mio aiuto e il mio conforto,
    Tu sola la mia luce ineffabile.
    Dimentica dunque la tua angoscia.
    Non rattristarti troppo per me.
    Non andare così spesso sulla strada
    Nella tua vecchia giubba fuori moda.
  • A mia madre
    (Edmondo De Amicis)
    Io sento dal profondo
    Un’esile voce chiamarmi
    Le viscere mie palpitanti
    Trasalgono in sussulti
    Che sono i tuoi baci i tuoi pianti
    Tu sei l’ignoto
    E formo il tuo cor col mio cuore.
  • Rabindranath Tagore
    (Maternità)
    Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
    Domandò il bambino a sua madre.
    Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
    tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
    tu eri il Suo desiderio.
    Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
    in tutte le mie speranze,
    in tutti i miei amori, nella mia vita,
    nella vita di mia madre,
    tu hai vissuto.
    Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
    ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
    e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
    perché tu che appartieni a tutti,
    tu mi sei stato donato.
    E per paura che tu fugga via
    ti tengo stretto nel mio cuore.
    Quale magia ha dunque affidato il tesoro
    del mondo nelle mie esili braccia?
  • La madre
    (Giuseppe Ungaretti)
    E il cuore quando d’un ultimo battito
    avrà fatto cadere il muro d’ombra
    per condurmi, Madre, sino al Signore,
    come una volta mi darai la mano.
    In ginocchio, decisa,
    Sarai una statua davanti all’eterno,
    come già ti vedeva
    quando eri ancora in vita.
    Alzerai tremante le vecchie braccia,
    come quando spirasti
    dicendo: Mio Dio, eccomi.
    E solo quando m’avrà perdonato,
    ti verrà desiderio di guardarmi.
    Ricorderai d’avermi atteso tanto,
    e avrai negli occhi un rapido sospiro.
  • Mi ha fatto la mia mamma
    (Gianni Rodari)
    Persone male informate
    O più bugiarde del diavolo
    Dicono che sono nato
    Sotto a una foglia di cavolo!
    Altri maligni invece
    Sostengono senza vergogna
    Che sei venuto al mondo
    A bordo di una cicogna!
    Altri maligni invece
    Sostengono senza vergogna
    Che sono venuto al mondo
    A bordo di una cicogna!
    Se mamma ti ha comperato
    Come taluni pretendono
    Dimmi: dov’è il negozio
    Dove i bambini si vendono?
    Se mamma mi ha comperato
    Come taluni pretendono
    Diteci: dov’è il negozio
    Dove i bambini si vendono?
    Tali notizie sono
    Prive di fondamento:
    Ti ha fatto la tua mamma
    E devi essere contento!
    Tali notizie sono
    Prive di fondamento:
    Mi ha fatto la mia mamma
    E sono molto contento!
    Tali notizie sono
    Prive di fondamento:
    Mi ha fatto la mia mamma
    E sono molto contento!
    E sono molto contento!
  • La madre
    (Edmondo De Amicis)
    Vi è un nome soave in tutte le
    lingue, venerato fra tutte le genti.
    Il primo a che suona sul labbro
    del bambino con lo svegliarsi
    della coscienza, l’ultimo che mormora
    il giovinetto in faccia alla morte;
    un nome che l’uomo maturo e il vecchio
    invocano ancora, con tenerezza
    di fanciulli, nelle ore solenni della vita,
    anche molti anni dopo che non è più
    sulla terra chi lo portava; un nome
    che pare abbia in sé una virtù misteriosa
    di ricondurre al bene, di consolare e
    di proteggere. Un nome con cui si dice
    quanto c’è di più dolce, di più forte,
    di più sacro all’anima umana.
    La madre.
  • La mamma veglia
    (Ada Negri)
    La mamma veglia, calma nel sorriso,
    presso il lettuccio dove la bimba dorme.
    Hanno nel sonno le infantili forme
    una soavità di paradiso.
    S’addormentò la bimba con la mano
    nella sua mano; ed ella più non sa
    toglier le sue da quelle
    piccole dita, petali di rosa.
    Passano l’ore e passano le stelle.
    La madre veglia e ancora,
    nel divino silenzio, ella non osa
    togliere la sua da quella man di rosa
    che tiene tutto avvinto il suo destino.
  • Supplica a Mia Madre
    (Pier Paolo Pasolini)
    È difficile dire con parole di figlio
    ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
    Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
    ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
    Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
    è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
    Sei insostituibile. Per questo è dannata
    alla solitudine la vita che mi hai data.
    E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
    d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
    Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
    sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
    ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
    alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
    Era l’unico modo per sentire la vita,
    l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
    Sopravviviamo: ed è la confusione
    di una vita rinata fuori dalla ragione.
    Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
    Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
  • A mia madre
    (Robert Louis Stevenson)
    Anche tu, mamma, leggi i miei versi
    perché quei giorni non vadano persi.
    Così forse potrai ancora udire
    i piccoli passi andare e venire.
  • La mamma
    (Ada Negri)
    La mamma non è più giovane
    e ha già molti capelli
    grigi: ma la sua voce è squillante
    di ragazzetta e tutto in lei è chiaro
    ed energico: il passo, il movimento,
    lo sguardo, la parola.
  • La mia casetta
    (Lina Schwarz)
    La mia casetta ha due finestre sole,
    ma fiorite che sembrano un giardino.
    Ci son tanti gerani, garofani, viole,
    e un po’ di maggiorana e rosmarino.
    E dentro è tutto lindo e tutto bello
    e lustro come sa lustrar la mamma.
    Quando crepita allegra nel fornello,
    par che goda a specchiarcisi la fiamma.
    Oh, com’è cara questa mia casetta
    dove la mamma tutto il dì lavora,
    ove la sera ognun di noi s’affretta
    e nell’esser insieme si ristora!
  • Canto XXXIII – Paradiso
    (Dante Alighieri)
    Vergine madre, figlia del tuo figlio,
    umile e alta più che creatura,
    termine fisso d’eterno consiglio,
    tu se’ colei che l’umana natura
    nobilitasti si’, che ‘l suo fattore
    non disdegnò di farsi sua fattura.
    Nel ventre tuo si riaccese l’amore,
    per lo cui caldo ne l’eterna pace
    così è germinato questo fiore.
    Qui se’ a noi meridiana face
    di caritate, e giuso, intra mortali,
    se’ di speranza fontana vivace.
    Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
    che qual vuol grazia e a te non ricorre
    sua disianza vuol volar senz’ali.
  • Mia madre
    (Giovanni Pascoli)
    Zitti, coi cuori colmi,
    ci allontanammo un poco.
    Tra il nereggiar degli olmi
    brillava il cielo in fuoco.
    … Come fa presto sera,
    o dolce madre, qui!
    Vidi una massa buia
    di là del biancospino:
    vi ravvisai la thuia,
    l’ippocastano, il pino…
    … Or or la mattiniera
    voce mandò il luì;
    Tra i pigolìi dei nidi,
    io vi sentii la voce
    mia di fanciullo… E vidi,
    nel crocevia, la croce.
    … sonava a messa, ed era
    l’alba del nostro dì:
    E vidi la Madonna
    dell’Acqua, erma e tranquilla,
    con un fruscìo di gonna,
    dentro, e l’odor di lilla.
    … pregavo… E la preghiera
    di mente già m’uscì!
    Sospirò ella, piena
    di non so che sgomento.
    Io me le volsi: appena
    vidi il tremor del mento.
    … Come non è che sera,
    madre, d’un solo dì?
    Me la miravo accanto
    esile sì, ma bella:
    pallida sì, ma tanto
    giovane! una sorella!
    bionda così com’era
    quando da noi partì.
  • La ciocca bianca
    (Ada Negri)
    De’ tuoi bianchi capelli, sì leggeri
    alla carezza e pur sì folti, in uno
    scrigno una ciocca serbo. Erano i miei
    scuri come la notte, allor che al capo
    tuo la recisi. Ed oggi, te cercando
    in quella ciocca, sola cosa viva
    che di te mi rimanga, io mi domando
    se recisa non l’ho dalle mie tempie.
    E se mi guardo entro lo specchio, e in esso
    mi smarrisco, non me, ma te ravviso,
    o Madre: tua questa marmorea fronte
    piena di tempo, e immersa in una luce
    ch’è già ormai d’altra terra e d’altro cielo.
  • Mia madre
    (Attila József)
    Una domenica verso sera
    ha preso con due mani la tazza,
    sorrise e stava là, seduta
    nel crepuscolo, tranquilla.
    Dai signori portava a casa
    in un pentolino la nostra cena;
    siamo andati a letto, e pensai
    che loro mangiano assai.
    Era mia madre, piccola, morì presto,
    perchè le lavandaie muoiono presto,
    i loro piedi tremano dalla fatica,
    e la stiratura fa male alla testa.
    Per montagna e nuvole
    c’è il bucato e il vapore,
    e per cambiare aria
    puoi salire in soffitta!
    Si ferma mentre stira,
    la sua esile figura
    venne infranta dal Capitale,
    pensateci proletari!
    Si è incurvata dal lavare,
    non sapevo che fosse giovane;
    nei sogni portava grembiule pulito
    e la salutò il postino.
  • Sogno
    (Giovanni Pascoli)
    Per un attimo fui nel mio villaggio,
    nella mia casa. Nulla era mutato.
    Stanco tornavo come da un viaggio;
    stanco, al mio padre, ai morti, ero tornato.
    Sentivo una gran gioia e una gran pena,
    una dolcezza ed un’angoscia muta.
    “Mamma?”. “È là che ti scalda un po’ di cena”.
    Povera mamma! e lei, non l’ho veduta.
  • A mia madre
    (Edmondo De Amicis)
    Non sempre il tempo la beltà cancella
    o la sfioran le lacrime e gli affanni
    mia madre ha sessant’anni
    e più la guardo e più mi sembra bella.
    Non ha un detto, un sorriso, un guardo, un atto
    che non mi tocchi dolcemente il cuore.
    Ah se fossi pittore,
    farei tutta la vita il suo ritratto.
    Vorrei ritrarla quando inchina il viso
    perch’io le baci la sua treccia bianca
    e quando inferma e stanca,
    nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
    Ah se fosse un mio priego in cielo accolto
    non chiederei al gran pittore d’Urbino
    il pennello divino
    per coronar di gloria il suo bel volto.
    Vorrei poter cangiar vita con vita,
    darle tutto il vigor degli anni miei
    Vorrei veder me vecchio e lei…
    dal sacrificio mio ringiovanita!
  • Senza la mamma
    (Arpalice Cuman Pertile)
    “Ma la mia mamma dov’è dunque andata?
    Dimmelo, babbo, ch’io la vo’ a cercare”.
    “La mamma tua, bambina sventurata,
    un viaggio lungo lungo è andata a fare”.
    “Stamane, o babbo, s’io mi lamentava,
    dicevi ben che mamma ritornava.
    Ora, lo vedi, è notte scura scura
    ed io senza la mamma ho gran paura…
    Voglio aspettarla qui, finché la sento:
    senza la mamma, no, non m’addormento.
    Tu non mi sai levar calze e scarpette,
    la mamma sì che me la cava e mette;
    tu non sai pettinarmi i ricciolini,
    né cucirmi grembiali e vestitini…
    Ma piangi, babbo? Andiamola a cercare:
    senza la mamma, no, non posso stare”.

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