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15 Poesie sulla Luna (belle e romantiche)

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Ultimo aggiornamento: 23 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sulla Luna

La Luna è quel satellite che brilla di notte e dall’alto è come se osservasse pacificamente, immobile, tutto ciò che succede sul nostro pianeta.

La Luna accompagna coloro che vivono di notte e a lei sono rivolte le domande di chi, nella notte, si lascia andare a pensieri profondi sulla vita, sulla morte, sull’amore.

Qui di seguito abbiamo raccolto le più belle poesie sulla Luna, o a lei dedicate, che più ci hanno emozionato. Eccole!

Poesie sulla Luna

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  • Luna
    (Aleksandr Sergeevič Puškin)
    Luna, la celeste lampada,
    a cui un tempo consacrammo
    passeggiate al buio, e lacrime,
    di segrete pene balsamo…
    E oggi in lei vediamo solo
    un rimpiazzo dei lampioni.
  • Alla luna
    (Giacomo Leopardi)
    O graziosa luna, io mi rammento
    che, or volge l’anno, sovra questo colle
    io venia pien d’angoscia a rimirarti:
    e tu pendevi allor su quella selva
    siccome or fai, che tutta la rischiari.
    Ma nebuloso e tremulo dal pianto
    che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
    il tuo volto apparia, ché travagliosa
    era mia vita: ed è, né cangia stile,
    o mia diletta luna. E pur mi giova
    la ricordanza, e il noverar l’etate
    del mio dolore. Oh come grato occorre
    nel tempo giovanil, quando ancor lungo
    la speme e breve ha la memoria il corso,
    il rimembrar delle passate cose,
    ancor che triste, e che l’affanno duri!
  • Tristezza della luna
    (Charles Baudelaire)
    Questa sera la luna sogna più? languidamente;
    come una bella donna che su tanti cuscini
    con mano distratta e leggera
    prima d’addormirsi carezza il contorno dei seni,
    e sul dorso lucido di molli valanghe morente,
    si abbandona
    a lunghi smarrimenti,
    girando gli occhi sulle visioni
    bianche che salgono nell’azzurro come fiori in boccio.
    Quando,
    nel suo languore ozioso,
    ella lascia cadere su questa
    terra una lagrima furtiva, un pio poeta,
    odiatore del sonno,
    accoglie nel cavo della mano questa pallida lagrima
    dai riflessi iridati come un frammento d’opale,
    e la nasconde
    nel suo cuore agli sguardi del sole.
  • Le stelle intorno alla luna bella
    (Saffo)
    Le stelle intorno alla luna bella
    nascondono di nuovo l’aspetto luminoso,
    quando essa, piena, di più risplende
    sulla terra…
  • È l’ora
    (George Gordon Byron)
    È l’ora in cui s’ode tra i rami
    La nota acuta dell’usignolo;
    È l’ora in cui i voti degli amanti
    Sembrano dolci in ogni parola sussurrata
    E i venti miti e le acque vicine
    Sono musica all’orecchio solitario.
    Lieve rugiada ha bagnato ogni fiore
    E in cielo sono spuntate le stelle
    E c’è sull’onda un azzurro più profondo
    E nei Cieli quella tenebra chiara,
    Dolcemente oscura e oscuramente pura,
    Che segue al declino del giorno mentre
    Sotto la luna il crepuscolo si perde.
  • O falce di luna calante
    (Gabriele d’Annunzio)
    O falce di luna calante
    che brilli su l’acque deserte,
    o falce d’argento, qual mèsse di sogni
    ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
    Aneliti brevi di foglie,
    sospiri di fiori dal bosco
    esalano al mare: non canto non grido
    non suono pe ‘l vasto silenzio va.
    Oppresso d’amor, di piacere,
    il popol de’ vivi s’addorme…
    O falce calante, qual mèsse di sogni
    ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
  • Romanza della Luna
    (Federico García Lorca)
    La luna venne alla fucina
    col suo sellino di nardi.
    Il bambino la guarda, guarda.
    Il bambino la sta guardando.
    Nell’aria commossa
    la luna muove le sue braccia
    e mostra, lubrica e pura,
    i suoi seni di stagno duro.
    Fuggi luna, luna, luna.
    Se venissero i gitani
    farebbero col tuo cuore
    collane e bianchi anelli.
    Bambino, lasciami ballare.
    Quando verranno i gitani,
    ti troveranno nell’incudine
    con gli occhietti chiusi.
    Fuggi, luna, luna, luna
    che già sento i loro cavalli.
    Bambino lasciami, non calpestare
    il mio biancore inamidato.
    Il cavaliere s’avvicina
    suonando il tamburo del piano.
    nella fucina il bambino
    ha gli occhi chiusi.
    Per l’uliveto venivano,
    bronzo e sogno, i gitani.
    le teste alzate
    e gli occhi socchiusi.
    Come canta il gufo,
    ah, come canta sull’albero!
    Nel cielo va luna
    con un bimbo per mano.
    Nella fucina piangono,
    gridano, i gitani.
    Il vento la veglia, veglia.
    Il vento la sta vegliando.
  • La stella della sera
    (Edgar Allen Poe)
    L’estate era al suo meriggio,
    e la notte al suo colmo;
    e ogni stella, nella sua propria orbita,
    brillava pallida, pur nella luce
    della luna, che più lucente e più fredda,
    dominava tra gli schiavi pianeti,
    nei cieli signora assoluta –
    e, col suo raggio, sulle onde.
    Per un poco io fissai
    il suo freddo sorriso;
    oh, troppo freddo – troppo freddo per me!
    Passò, come un sudario,
    una nuvola lanugiosa,
    e io allora mi volsi a te
    orgogliosa stella della sera,
    alla tua remota fiamma,
    più caro avendo il tuo raggio;
    giacché più mi allieta
    l’orgogliosa parte
    che in cielo svolgi a notte,
    e di più io ammiro
    il tuo fuoco distante
    che non quella fredda, consueta luce.
  • Luna calante
    (Percy Bysshe Shelley)
    E come una dama morente che pallida
    e smunta ravvolta in un velo
    diafano esce vacillando
    dalla sua camera, ed è insensato
    incerto vaneggiare della mente
    smarrita che la guida, la luna
    sorse nel tenebroso oriente, una massa
    deforme che sbiancheggia.
  • Sulla Luna
    (Gianni Rodari)
    Sulla Luna, per piacere,
    non mandate un generale:
    ne farebbe una caserma
    con la tromba e il caporale.
    Non mandateci un banchiere
    sul satellite d’argento,
    o lo mette in cassaforte
    per mostrarlo a pagamento.
    Non mandateci un ministro
    col suo seguito di uscieri:
    riempirebbe di scartoffie
    i lunatici crateri.
    Ha da essere un poeta
    sulla Luna ad allunare:
    con la testa nella Luna
    lui da un pezzo ci sa stare…
    A sognar i più bei sogni
    è da un pezzo abituato:
    sa sperare l’impossibile
    anche quando è disperato.
    Or che i sogni e le speranze
    si fan veri come fiori,
    sulla Luna e sulla Terra
    fate largo ai sognatori!
  • Vendette della luna
    (Giosuè Carducci)
    Te, certo, te, quando la veglia bruna
    Lenti adduceva i sogni a la tua culla,
    Te certo riguardò la bianca luna,
    Bianca fanciulla.
    A te scese la dea ne la sua stanca
    Serenitade e con i freddi baci
    China al tuo viso – O fanciulletta bianca, –
    Disse – mi piaci. –
    E al fatal guardo, ove or s’annega e perde
    L’anima mia, piovea lene il gentile
    Tremolar del suo lume entro una verde
    Notte d’aprile.
    Ti deponea tra i labbri la querela
    De l’usignuolo al frondeggiante maggio,
    Quando la selva odora e argentea vela
    Nube il suo raggio;
    E del languor niveo fulgente, ond’ella
    Ride a l’Aurora da le rosee braccia,
    Ti diffondeva la persona bella,
    La bella faccia:
    Onde a’ cari occhi tuoi, dal cui profondo
    Tutto lampeggia quel che ama e piace,
    Nel roseo tempo che sorride il mondo
    Io chiesi pace:
    Pace al tuo riso, ove fiorisce pura
    La voluttà che nel mio spirto dorme,
    E che promesso m’ha l’alma natura
    Per mille forme.
    Ahi, ma la tua marmorea bellezza
    Mi sugge l’alma, e il senso de la vita
    M’annebbia; e pur ne libo una dolcezza
    Strana, infinita:
    Com’uom che va sotto la luna estiva
    Tra verdi susurranti alberi al piano;
    Che in fantastica luce arde la riva
    Presso e lontano,
    Ed ei sente un desio d’ignoti amori
    Una lenta dolcezza al cuor gravare,
    E perdersi vorria tra i muti albori
    E dileguare.
  • Tramontata è la luna
    (Saffo)
    Tramontata è la luna
    e le Pleiadi a mezzo della notte
    anche giovinezza già dilegua,
    e ora nel mio letto resto sola.
    Scuote l’anima mia Eros,
    come vento sul monte
    che irrompe entro le querce;
    e scioglie le membra e le agita,
    dolce amara indomabile belva.
    Ma a me non ape, non miele;
    e soffro e desidero.
  • A lume di luna
    (Konstantin Dmitrievič Bal’mont)
    Quando la luna sfavilla nella notturna foschia
    con la sua falce tenera e lucente,
    la mia anima aspira a un altro mondo,
    ammaliata da lontananze infinite.
    Ai boschi, ai monti, alle candide cime
    io mi affretto nei sogni come uno spirito infermo,
    io veglio sul mondo tranquillo
    e dolcemente piango e respiro la luna.
    Assorbo questo pallido splendore,
    come un elfo vacillo in una rete di raggi,
    ascolto il silenzio loquace.
    Mi è lontano il tormento del prossimo,
    mi è straniera la terra con la sua lotta,
    sono una nube, un alito di brezza.
  • Abbassa il tuo sguardo, bella luna
    (Walt Whitman)
    Abbassa il tuo sguardo, bella luna, e inonda questa scena,
    Versa benigna i fiotti del nimbo della notte
    Su volti orrendi, tumefatti, violacei,
    Sopra i morti riversi con le braccia spalancate,
    Versa il tuo nimbo generoso, sacra luna.
  • Turbato da un sogno
    (David Herbert Lawrence)
    E la luna quella
    alla finestra, tanto grande e rossa?
    Nella stanza nessuno?
    Nessuno vicino al letto?
    Ascolta; palpitano
    i suoi passi giù per le scale
    …o ai vetri è un battito d’ali?
    Lei un momento fa
    sulla bocca mi baciava calda:
    calda come la luna nel sud
    quando splende rossa,
    la luna che da abissi lontani
    segnò quei due baci.
    E la luna ora va
    rannuvolandosi, ha frainteso!
    Così giù nel mio sangue lenti
    affondano i miei baci, presto
    restando sommersi.
    Non ci siamo capiti.
  • Potessero le mie mani sfogliare la luna
    (Federico García Lorca)
    Pronunzio il tuo nome
    nelle notti scure,
    quando sorgono gli astri
    per bere dalla luna
    e dormono le frasche
    delle macchie occulte.
    E mi sento vuoto
    di musica e passione.
    Orologio pazzo che suona
    antiche ore morte.
    Pronunzio il tuo nome
    in questa notte scura,
    e il tuo nome risuona
    più lontano che mai.
    Più lontano di tutte le stelle
    e più dolente della dolce pioggia.
    T’amerò come allora
    qualche volta? Che colpa
    ha mai questo mio cuore?
    Se la nebbia svanisce,
    quale nuova passione mi attende?
    Sarà tranquilla e pura?
    Potessero le mie mani
    sfogliare la luna!
  • Chiaro di Luna
    (Victor Hugo)
    La luna era serena e giocava sull’acqua.
    Libera infine e aperta la finestra alla brezza,
    e la sultana osserva: il mare che si frange
    laggiù e gli scogli neri ricamati d’argento.
    La chitarra vibrando le scivola di mano,
    ascolta l’eco sorda d’un opaco rumore:
    forse un vascello turco, coi suoi tartari remi
    dalle spiagge di Kos si muove ai lidi greci?
    O sono i cormorani coi loro tuffi lenti
    e con le ali imperlate dall’acqua appena mossa?
    O di un ginn lassù soffia la smorta voce
    e pietre dalla torre fa cadere nel mare?
    Chi vicino al serraglio osa turbare l’acqua?
    Né il cormorano nero dall’onda carezzato;
    né pietre delle mura, né il suono cadenzato
    di un vascello che arranca sull’acqua con i remi.
    Sono sacchi pesanti da cui viene un lamento.
    Si vedrebbe scrutando l’acqua che li sospinge
    come una forma umana tentare un movimento…
    La luna era serena e giocava sull’acqua.
  • Luna cadente
    (Arturo Graf)
    Com’è bianca la luna,
    Mentre declina stanca!
    Come la luna è bianca,
    Là, sulla selva bruna!
    Una quïete immensa
    Regna ne’ cieli e piove
    Giù nelle valli, dove
    L’ombra vie più s’addensa.
    Come la luna è cerea,
    Nel sogno antico assorta!
    Come la luna è smorta
    Sulla selva funerea!
    Un alito fugace
    Di vento antelucano
    Erra tra il monte e il piano
    Nell’oblïosa pace.
    Sovra il mio capo un eschio
    Freme sommessamente…
    Luna, luna cadente,
    Come somigli a un teschio!
  • Canto notturno di un pastore errante dell’Asia
    (Giacomo Leopardi)
    Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai,
    Silenziosa luna?
    Sorgi la sera, e vai,
    Contemplando i deserti; indi ti posi.
    Ancor non sei tu paga
    Di riandare i sempiterni calli?
    Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
    Di mirar queste valli?
    Somiglia alla tua vita
    La vita del pastore.
    Sorge in sul primo albore
    Move la greggia oltre pel campo, e vede
    Greggi, fontane ed erbe;
    Poi stanco si riposa in su la sera:
    Altro mai non ispera.
    Dimmi, o luna: a che vale
    Al pastor la sua vita,
    La vostra vita a voi? dimmi: ove tende
    Questo vagar mio breve,
    Il tuo corso immortale?
    Vecchierel bianco, infermo,
    Mezzo vestito e scalzo,
    Con gravissimo fascio in su le spalle,
    Per montagna e per valle,
    Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
    Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
    L’ora, e quando poi gela,
    Corre via, corre, anela,
    Varca torrenti e stagni,
    Cade, risorge, e più e più s’affretta,
    Senza posa o ristoro,
    Lacero, sanguinoso; infin ch’arriva
    Colà dove la via
    E dove il tanto affaticar fu volto:
    Abisso orrido, immenso,
    Ov’ei precipitando, il tutto obblia.
    Vergine luna, tale
    È la vita mortale.
    Nasce l’uomo a fatica,
    Ed è rischio di morte il nascimento.
    Prova pena e tormento
    Per prima cosa; e in sul principio stesso
    La madre e il genitore
    Il prende a consolar dell’esser nato.
    Poi che crescendo viene,
    L’uno e l’altro il sostiene, e via pur sempre
    Con atti e con parole
    Studiasi fargli core,
    E consolarlo dell’umano stato:
    Altro ufficio più grato
    Non si fa da parenti alla lor prole.
    Ma perché dare al sole,
    Perchè reggere in vita
    Chi poi di quella consolar convenga?
    Se la vita è sventura,
    Perché da noi si dura?
    Intatta luna, tale
    È lo stato mortale.
    Ma tu mortal non sei,
    E forse del mio dir poco ti cale.
    Pur tu, solinga, eterna peregrina,
    Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
    Questo viver terreno,
    Il patir nostro, il sospirar, che sia;
    Che sia questo morir, questo supremo
    Scolorar del sembiante,
    E perir dalla terra, e venir meno
    Ad ogni usata, amante compagnia.
    E tu certo comprendi
    Il perché delle cose, e vedi il frutto
    Del mattin, della sera,
    Del tacito, infinito andar del tempo.
    Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
    Rida la primavera,
    A chi giovi l’ardore, e che procacci
    Il verno co’ suoi ghiacci.
    Mille cose sai tu, mille discopri,
    Che son celate al semplice pastore.
    Spesso quand’io ti miro
    Star così muta in sul deserto piano,
    Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
    Ovver con la mia greggia
    Seguirmi viaggiando a mano a mano;
    E quando miro in cielo arder le stelle;
    Dico fra me pensando:
    A che tante facelle?
    Che fa l’aria infinita, e quel profondo
    Infinito Seren? che vuol dir questa
    Solitudine immensa? ed io che sono?
    Così meco ragiono: e della stanza
    Smisurata e superba,
    E dell’innumerabile famiglia;
    Poi di tanto adoprar, di tanti moti
    D’ogni celeste, ogni terrena cosa,
    Girando senza posa,
    Per tornar sempre là donde son mosse;
    Uso alcuno, alcun frutto
    Indovinar non so. Ma tu per certo,
    Giovinetta immortal, conosci il tutto.
    Questo io conosco e sento,
    Che degli eterni giri,
    Che dell’esser mio frale,
    Qualche bene o contento
    Avrà fors’altri; a me la vita è male.
    O greggia mia che posi, oh te beata,
    Che la miseria tua, credo, non sai!
    Quanta invidia ti porto!
    Non sol perché d’affanno
    Quasi libera vai;
    Ch’ogni stento, ogni danno,
    Ogni estremo timor subito scordi;
    Ma più perché giammai tedio non provi.
    Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe,
    Tu se’ queta e contenta;
    E gran parte dell’anno
    Senza noia consumi in quello stato.
    Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra,
    E un fastidio m’ingombra
    La mente, ed uno spron quasi mi punge
    Sì che, sedendo, più che mai son lunge
    Da trovar pace o loco.
    E pur nulla non bramo,
    E non ho fino a qui cagion di pianto.
    Quel che tu goda o quanto,
    Non so già dir; ma fortunata sei.
    Ed io godo ancor poco,
    O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
    Se tu parlar sapessi, io chiederei:
    Dimmi: perché giacendo
    A bell’agio, ozioso,
    S’appaga ogni animale;
    Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?
    Forse s’avess’io l’ale
    Da volar su le nubi,
    E noverar le stelle ad una ad una,
    O come il tuono errar di giogo in giogo,
    Più felice sarei, dolce mia greggia,
    Più felice sarei, candida luna.
    O forse erra dal vero,
    Mirando all’altrui sorte, il mio pensiero:
    Forse in qual forma, in quale
    Stato che sia, dentro covile o cuna,
    È funesto a chi nasce il dì natale.

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