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10 Poesie sui Figli da dedicare

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Ultimo aggiornamento: 23 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sui Figli

I figli sono uno dei doni più preziosi che una persona possa ricevere nella vita. Una sorta di tesoro dove un genitore dovrebbe riporre il meglio di sé.

Anche se non sempre, però, ci sono le condizioni adatte per creare un rapporto affettivo, tra genitori e figli c’è un legame speciale che non può essere paraganato a nessun altro.

Qui di seguito le più belle poesie sui figli che mettono in luce l’amore e i sentimenti di un genitore davanti ai suoi discendenti. Scoprile subito!

Poesie sui figli

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  • I tuoi figli
    (Kahlil Gibran)
    I tuoi figli non sono figli tuoi.
    Sono i figli e le figlie della vita stessa.
    Tu li metti al mondo ma non li crei.
    Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
    Puoi dar loro tutto il tuo amore,
    ma non le tue idee.
    Perché loro hanno le proprie idee.
    Tu puoi dare dimora al loro corpo,
    non alla loro anima.
    Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
    dove a te non è dato di entrare,
    neppure col sogno.
    Puoi cercare di somigliare a loro
    ma non volere che essi somiglino a te.
    Perché la vita non ritorna indietro,
    e non si ferma a ieri.
    Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.
  • A mia figlia
    (Umberto Saba)
    Mio tenero germoglio,
    che non amo perché sulla mia pianta
    sei rifiorita, ma perché sei tanto
    debole e amore ti ha concesso a me;
    o mia figliola, tu non sei dei sogni
    miei la speranza; e non più che per ogni
    altro germoglio è il mio amore per te.
    La mia vita mia cara
    bambina,
    è l’erta solitaria, l’erta chiusa
    dal muricciolo,
    dove al tramonto solo
    siedo, a celati miei pensieri in vista.
    Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
    pur nel tuo mondo li fai divagare;
    e mi piace da presso riguardare
    la tua conquista.
    Ti conquisti la casa a poco a poco,
    e il cuore della tua selvaggia mamma.
    Come la vedi, di gioia s’infiamma
    la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
    Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
    mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.
  • La madre al figlio
    (Langston Hughes)
    Figlio, ti dirò che la mia vita
    non è stata una scala di cristallo
    ma una scala di legno tarlato
    con dentro i chiodi e piena di schegge
    e gradini smossi sconnessi
    e luoghi squallidi
    senza tappeti in terra.
    Ma ho sempre continuato a salire,
    ed ho raggiunto le porte
    ed ho voltato gli angoli di strade,
    e qualche volta mi sono trovato nel buio,
    buio nero, dove mai è stata luce.
    Così ti dico, ragazzo mio,
    di non tornare indietro,
    di non soffermarti sulla scala
    perché penoso è il cammino,
    di non cedere, ora.
    Vedi io, continuo a salire…
    E la mia vita,
    non è stata una scala di cristallo.
  • Morte del bambino
    (Rabindranath Tagore)
    Era vivo, rideva,
    camminava e giocava.
    Natura, prendendolo che hai avuto?
    Tu hai milioni
    di uccelli colorati,
    foreste, stelle, oceani,
    il cielo infinito.
    Perché l’hai strappato
    dal seno della madre,
    l’hai nascosto in seno alla terra
    e l’hai ricoperto di fiori?
    O Potente Natura
    di miriadi di stelle e di fiori,
    hai rubato un bambino!
    S’è forse ingrandito
    il tuo tesoro infinito?
    Hai così aumentato d’un granello
    La tua felicità?
    Eppure, un cuore di mamma,
    immenso come il tuo,
    con la perdita del bambino
    ha perduto tutto!
  • Prima di tutto l’uomo
    (Nazim Hikmet)
    Non vivere su questa terra
    come un estraneo
    e come un vagabondo sognatore.
    Vivi in questo mondo
    come nella casa di tuo padre:
    credi al grano, alla terra, al mare,
    ma prima di tutto credi all’uomo.
    Ama le nuvole, le macchine, i libri,
    ma prima di tutto ama l’uomo.
    Senti la tristezza del ramo che secca,
    dell’astro che si spegne,
    dell’animale ferito che rantola,
    ma prima di tutto senti la tristezza
    e il dolore dell’uomo.
    Ti diano gioia
    tutti i beni della terra:
    l’ombra e la luce ti diano gioia,
    le quattro stagioni ti diano gioia,
    ma soprattutto, a piene mani,
    ti dia gioia l’uomo!
  • Giorno per giorno
    (Giuseppe Ungaretti)
    “Nessuno, mamma, ha mai sofferto tanto…”
    E il volto già scomparso
    Ma gli occhi ancora vivi
    Dal guanciale volgeva alla finestra,
    E riempivano passeri la stanza
    Verso le briciole dal babbo sparse
    Per distrarre il suo bimbo…
    Ora potrò baciare solo in sogno
    Le fiduciose mani…
    E discorro, lavoro,
    Sono appena mutato, temo, fumo…
    Come si può ch’io regga a tanta notte?…
    Mi porteranno gli anni
    Chissà quali altri orrori,
    Ma ti sentivo accanto,
    M’avresti consolato …
    Mai, non saprete mai come m’illumina
    L’ombra che mi si pone a lato, timida,
    Quando non spero più…
    Ora dov’è, dov’è l’ingenua voce
    Che in corsa risuonando per le stanze
    Sollevava dai crucci un uomo stanco?
    La terra l’ha disfatta, la protegge
    Un passato di favola…
    Ogni altra voce è un’eco che si spegne
    Ora che una mi chiama
    Dalle vette immortali.
    In cielo cerco il tuo felice volto,
    Ed i miei occhi in me null’altro vedano
    Quando anch’essi vorrà chiudere Iddio…
    E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto!…
    Sono tornato ai colli, ai pini amati
    E del ritmo dell’aria il patrio accento
    Che non riudrò con te,
    Mi spezza ad ogni soffio…
    Non più furori reca a me l’estate,
    Né primavera i suoi presentimenti;
    Puoi declinare, autunno,
    Con le tue stolte glorie:
    Per uno spoglio desiderio, inverno
    Distende la stagione più clemente!…
  • Se
    (Rudyard Kipling)
    Se riesci a non perdere la testa quando tutti
    Intorno a te la perdono, dandone la colpa a te.
    Se riesci ad avere fiducia in te stesso, quando tutti dubitano di te,
    Ma anche a tenere nel giusto conto il loro dubitare.
    Se riesci ad aspettare senza stancarti dell’attesa,
    O essendo calunniato, a non rispondere con calunnie,
    O essendo odiato, a non abbandonarti all’odio
    Pur non mostrandoti troppo buono, né parlando troppo da saggio.
    Se riesci a sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni,
    Se riesci a pensare, senza fare dei pensieri il tuo fine;
    Se riesci, incontrando il Trionfo e la Sconfitta
    A trattare questi due impostori allo stesso modo.
    Se riesci a sopportare il sentire le verità che hai detto
    Travisate da furfanti che ne fanno trappole per sciocchi,
    O vedere le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
    E chinarti e ricostruirle con i tuoi strumenti logori.
    Se riesci a fare un cumulo di tutte le tue vincite
    E a rischiarlo tutto in un solo colpo a testa o croce,
    E perdere, e ricominciare dall’inizio
    Senza dire mai una parola su ciò che hai perso.
    Se riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi tendini
    A sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li senti più
    E di conseguenza resistere quando in te non c’è niente
    Tranne la tua Volontà che dice loro: “Resistete!”
    Se riesci a parlare con le folle mantenendo la tua virtù
    O a passeggiare con i re senza perdere il senso comune,
    Se né nemici, né affettuosi amici possono ferirti;
    Se tutti gli uomini per te contano, ma nessuno troppo,
    Se riesci a riempire l’inesorabile minuto
    Con un momento del valore di sessanta secondi,
    Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
    E, quel che più conta, sarai un Uomo, figlio mio!
  • L’amore, la morte, la vita
    (Paul Éluard)
    Gli uomini sono fatti per intendersi
    per comprendersi amarsi
    hanno figli che saranno padri d’uomini
    hanno figli senza casa senza patria
    che reinventeranno le case
    che reinventeranno gli uomini
    e la natura e la patria
    quella di tutti gli uomini
    quella di tutti i tempi.
  • Maternità
    (Rabindranath Tagore)
    Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
    Domandò il bambino a sua madre.
    Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
    tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
    tu eri il Suo desiderio.
    Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
    in tutte le mie speranze,
    in tutti i miei amori, nella mia vita,
    nella vita di mia madre,
    tu hai vissuto.
    Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
    ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
    e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
    perché tu che appartieni a tutti,
    tu mi sei stato donato.
    E per paura che tu fugga via
    ti tengo stretto nel mio cuore.
    Quale magia ha dunque affidato il tesoro
    del mondo nelle mie esili braccia?
  • Un bimbo abbandonato
    (Ada Negri)
    Se nel crocicchio d’una via deserta
    o in mezzo al mondo gaio e spensierato
    incontraste un bambino abbandonato,
    pallido il viso e la pupilla incerta,
    che d’una madre il bacio ed il consiglio
    abbia perduto, e pianga su una bara
    la memoria più santa e la più cara.
    oh, portatelo a me!… Sarà mio figlio.
    Io lo terrò con me, per sempre. A sera
    gli metterò le sue manine in croce,
    con lui, per lui dicendo a bassa voce
    de’ miei anni più belli la preghiera.
    La parola che eleva e che conforta
    io gli dirò con placida fermezza;
    la gelosa e veggente tenerezza
    avrò per lui de la sua mamma morta.
    Io gli dirò che la vita è lavoro,
    gli dirò che la pace è nel perdono;
    di tutto ciò vhe è giusto e grande e buono
    farò nella sua mite alma un tesoro.
    Mentr’io declinerò verso l’oblìo,
    e avrò la cuffia e metterò gli occhiali,
    ei salirà, lo spirito agl’ideali,
    le braccia alla fatica e il cuore a Dio.

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