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Poesie di Catullo, le 10 più belle e romantiche

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Ultimo aggiornamento: 17 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie di Catullo

Gaio Valerio Catullo, conosciuto anche solo come Catullo, è stato un celebre poeta romano vissuto nel I° secolo a.C.

La sua poetica è incentrata principalmente sulle emozioni e in particolare sull’amore e sulla passione amorosa.

Ecco quindi la nostra selezione delle poesie di Catullo che ne rappresentano al meglio lo stile e la raffinatezza. Scoprile subito!

Poesie di Catullo

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  • Odio e amo (Carme 85)
    Odio e amo. Perché lo faccia, ti chiedi forse.
    Non lo so, ma sento che succede e mi tormento.
  • Facciamo così
    Se il mio bacio t’offende,
    se ti sembra un castigo,
    puniscimi anche tu: rendimi il bacio!
  • Viviamo, mia Lesbia, ed amiamoci (Carme 5)
    Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci,
    e le dicerie dei vecchi severi
    consideriamole tutte di valore pari a un soldo.
    I soli possono tramontare e risorgere;
    noi, quando una buona volta finirà questa breve luce,
    dobbiamo dormire un’unica notte eterna.
    Dammi mille baci, poi cento,
    poi ancora mille, poi di nuovo cento,
    poi senza smettere altri mille, poi cento;
    poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia,
    li mescoleremo, per non sapere (il loro numero)
    e perché nessun malvagio ci possa guardare male,
    sapendo che qui ci sono tanti baci.
  • Mi prometti, vita mia
    Mi prometti, vita mia, che questo nostro amore
    sarà eterno e felice. O grandi dei,
    fate che sia vero ciò che promette
    e che lo dica dal profondo del cuore;
    potremo così mantenere per tutta la vita
    questo sacro giuramento d’amore senza fine.
  • Povero Catullo (Carme 8)
    Povero Catullo, smettila di illuderti!
    Ciò che è perso – e lo sai – è perso: ammettilo.
    Giorni di luce i tuoi, un lampo lontano,
    quando correvi dove la tua fanciulla ti chiamava,
    lei amata come nessuna sarà mai.
    Quanta allegria, allora: quanti giochi
    volevi, e lei accettava.
    Davvero un lampo lontano, quei giorni.
    Ora non vuole più: e tu devi accettare.
    Non seguirla, se fugge, e non chiuderti alla vita:
    resisti, con tutte le tue forze.
    Addio, fanciulla. Catullo è forte:
    non verrà a cercarti, non ti pregherà, se tu non vuoi.
    Ma tu, senza le sue preghiere, soffrirai.
    Ah, infelice, che vita ti rimane?
    Chi ti vorrà? A chi sembrerai bella?
    Chi amerai? Chi ti dirà: “Sei mia!”?
    Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
    Ma tu, Catullo, non cedere, resisti.
  • Mi chiedi, per me, quanti baci (Carme 7)
    Mi chiedi, per me, quanti baci
    dei tuoi, Lesbia, possano arrivare a saziarmi.
    Quanto grande è il numero dei grani di sabbia della Libia,
    che si adagia, nella Cirene, che produce laserpizio,
    tra l’oracolo di Giove, ardente,
    e dell’antico Batto il sacro sepolcro;
    o quante le stelle, quando la notte sta in silenzio,
    scorgono gli amori segreti degli uomini:
    sia che tu mi baci, con altrettanti baci,
    tanto è sufficiente e più, per l’avventato Catullo,
    in numero che né i curiosi li possano contare
    né le malelingue ne possano scagliare il malocchio.
  • Ti amerò, mia dolce Ipsitilla (Carme 32)
    Ti amerò, mia dolce Ipsitilla,
    mia delizia, mia adorata,
    fammi venire da te al pomeriggio.
    E se lo farai, aiutami così,
    non lasciare sprangata la porta,
    nè ti sia gradito sgusciar fuori,
    piuttosto resta in casa e preparati per
    giacere nove volte assieme.
    A dire il vero, suvvia, se lo vorrai, comandalo all’istante:
    infatti io sono qui, dopo pranzo, sazio e coricato,
    sfondo tunica e mantello.
  • Una volta dicevi (Carme 72)
    Una volta dicevi che avresti conosciuto il Catullo,
    Lesbia, e che al posto mio non avresti desiderato abbracciare (neanche) Giove.
    Ti amai, in quel tempo, non tanto come la gente ama l’amica,
    ma come il padre ama i figli ed i generi.
    Adesso so chi sei: perciò, anche se brucio di una fiamma più ardua,
    sei per me molto più vile e spregevole.
    “Com’è possibile?”, dici. Perché un’offesa del genere
    impone l’amante ad amare di più, ma a voler bene di meno.
  • Simile a un dio
    Simile a un dio mi sembra che sia
    e forse più di un dio, vorrei dire,
    chi, sedendoti accanto, gli occhi fissi
    ti ascolta ridere
    dolcemente; ed io mi sento morire
    d’invidia: quando ti guardo io, Lesbia,
    a me non rimane in cuore nemmeno
    un po’ di voce,
    la lingua si secca e un fuoco sottile
    mi scorre nelle ossa, le orecchie
    mi ronzano dentro e su questi occhi
    scende la notte.
  • Da me cenerai bene
    Se dio vorrà, uno di questi giorni,
    mio Fabullo, da me cenerai bene:
    ma con te porta una cena abbondante
    e squisita, una ragazza in fiore,
    vino, sale e tutta la tua allegria.
    Solo così, ripeto, amico mio,
    cenerai bene, perché il tuo Catullo
    ha la borsa piena di ragnatele.
    In cambio avrai un affetto sincero
    e tutto ciò che è bello e raffinato:
    ti darò un profumo che la mia donna
    ha avuto in dono da Venere e Amore.
    Quando l’odorerai, prega gli dei,
    Fabullo mio, di farti tutto naso.

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