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Poesie sull’Autunno: le 25 più belle ed emozionanti

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Ultimo aggiornamento: 13 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sull'Autunno

L’autunno è una stagione ricca di fascino, caratterizzata da un naturale tepore e dai caldi colori delle foglie che cadono dagli alberi.

Questa stagione è spesso associata alla malinconia e al periodo della vita in cui diventiamo più maturi e più saggi.

Qui di seguito le più belle poesie sull’autunno che ne descrivono al meglio la bellezza e il significato simbolico. Eccole!

Poesie sull’autunno

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  • Foglie gialle
    (Trilussa)
    Ma dove ve ne andate,
    povere foglie gialle,
    come tante farfalle
    spensierate?
    Venite da lontano
    o da vicino?
    Da un bosco
    o da un giardino?
    E non sentite la malinconia
    del vento stesso
    che vi porta via?
  • Autunno
    (Salvatore Quasimodo)
    Autunno mansueto, io mi posseggo
    e piego alle tue acque a bermi il cielo,
    fuga soave d’alberi e d’abissi.
    Aspra pena del nascere
    mi trova a te congiunto;
    e in te mi schianto e risano:
    povera cosa caduta
    che la terra raccoglie.
  • Pioggia d’autunno
    (Ada Negri)
    Vorrei, pioggia d’autunno, essere foglia
    che s’imbeve di te sin nelle fibre
    che l’uniscono al ramo, e il ramo al tronco,
    e il tronco al suolo; e tu dentro le vene
    passi, e ti spandi, e si gran sete plachi.
    So che annunci l’inverno: che fra breve
    quella foglia cadrà, fatta colore
    della ruggine, e al fango andrà commista,
    ma le radici nutrirà del tronco
    per rispuntar dai rami a primavera.
    Vorrei, pioggia d’autunno, esser foglia,
    abbandonarmi al tuo scrosciare, certa
    che non morrò, che non morrò, che solo
    muterò volto sin che avrà la terra
    le sue stagioni, e un albero avrà fronde.
  • Autunno
    (Alfredo Oriani)
    Vola, fuggiasca rondine,
    che verrò teco a voi.
    Tutto è qui morto — o rondine,
    dove dirizzi il vol?
    Lontan lontan ceruleo
    sorride il ciel; sorride
    più in alto il sole — o rondine,
    quale più ti sorride?
    Vola, fuggiasca rondine,
    fuggiasco volerò:
    tutto è qui morto — perdermi
    lontan, lontan io vò.
  • Autunno
    (Vincenzo Cardarelli)
    Già lo sentimmo venire
    nel vento d’agosto,
    nelle piogge di settembre
    torrenziali e piangenti,
    e un brivido percorse la terra
    che ora, nuda e triste,
    accoglie un sole smarrito.
    Ora passa e declina,
    in quest’autunno che incede
    con lentezza indicibile,
    il miglior tempo della nostra vita
    e lungamente ci dice addio.
  • Motivo autunnale
    (Pejo Javorov)
    Soffia sui campi la tramontana;
    gli alberi scuote.
    e dai rami inariditi
    stacca le morte foglie.
    Il vento le sparge,
    lontano per i campi:
    restan sol i neri fusti
    che tristi agitano i rami spogli.
  • Tramonto d’Autunno
    (Gabriele D’Annunzio)
    Pronto, su ‘l mar natale
    cui nasconde la luna,
    ride il sole autunnale,
    dolce come la luna.
    S’ode il mare pe ‘l lido
    gemere, lento e grave.
    S’ode talora il grido
    fievole d’una nave
    che faticosa in vano
    lotta co ‘l vento avverso,
    o il richiamo lontano
    d’un uccello disperso,
    o l’improvviso tuono
    d’un’onda più gagliarda.
    Ride il sole, già prono,
    e dolcemente guarda.
  • Veder cadere le foglie
    (Nazim Hikmet)
    Veder cadere le foglie mi lacera molto
    soprattutto le foglie dei viali
    soprattutto se sono ippocastani
    soprattutto se passano bimbi
    soprattutto se il cielo è sereno
    soprattutto se ho avuto, quel giorno,
    una buona notizia
    soprattutto se il cuore, quel giorno,
    non mi fa male
    soprattutto se credo, quel giorno,
    che quella che amo mi ami
    soprattutto se quel giorno
    mi sento d’accordo
    con gli uomini e con me stesso.
    Veder cadere le foglie mi lacera dentro
    soprattutto le foglie dei viali
    dei viali d’ippocastano.
  • L’autunno
    (Walt Whitman)
    Ecco è l’autunno.
    D’un verde più cupo, più gialli e più rossi,
    gli alberi rendono freschi e dolci i villaggi dell’Ohio,
    con le foglie che tremolano a un mite vento,
    le mele pendono mature nei frutteti,
    pendono i grappoli dai pergolati
    (avverti l’aroma dei grappoli sui tralci?
    Senti l’odore del grano saraceno, dove testé ronzavano, le api?).
    Su tutto s’apre il cielo,
    così limpido e calmo dopo la pioggia, e con mirabili nubi;
    anche al disotto è tutto calmo, pieno di vita, bello;
    il podere è in fiore.
  • Cadon le foglie
    (Maria Maltoni)
    Cadon le foglie come farfalle:
    ve n’è di rosse, ve n’è di gialle,
    volteggiano un momento,
    e partono col vento.
    E la povera pianta là, nell’aria,
    rabbrividisce, nuda e solitaria.
  • Sonetto d’autunno
    (Arturo Graf)
    O stanco autunno, o pia mestizia e cara
    Allo stanco mio cor, dacché la folle
    Lusinga tacque, e con lo sdegno a gara
    L’inquïeto desio più non vi bolle;
    O stanco autunno, dalle smunte zolle
    Cui l’uom prostrato maledice ed ara,
    Dal muto bosco, dal deserto colle,
    Tu spiri al cielo una dolcezza amara.
    E mentre il vento se ne trae le fronde
    Inaridite, e pei cadenti clivi
    Muojon, pregando il sol, gli ultimi fiori;
    Tu, scolorate larve, e tremebonde
    Ricordanze nell’anima ravvivi,
    E dolci sogni di perduti amori.
  • L’estate è finita
    (Emily Dickinson)
    Sono più miti le mattine
    e più scure diventano le noci
    e le bacche hanno un viso più rotondo.
    La rosa non è più nella città.
    L’acero indossa una sciarpa più gaia.
    La campagna una gonna scarlatta,
    Ed anch’io, per non essere antiquata,
    mi metterò un gioiello.
  • Pensiero d’autunno
    (Ada Negri)
    Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
    moribonde che vedo oggi nel sole
    tremar dell’olmo sul più alto ramo.
    Tremano sì, ma non di pena: è tanto
    limpido il sole e dolce il distaccarsi
    dal ramo, per congiungersi sulla terra.
    S’accendono alla luce ultima, cuori
    pronti all’offerta; e l’angoscia, per esse,
    ha la clemenza d’una mite aurora.
    Fa’ ch’io mi stacchi dal più alto ramo
    di mia vita, così, senza lamento,
    penetrata di Te come del sole.
  • Violini d’autunno
    (Paul Verlaine)
    Singhiozzi lunghi
    dai violini
    dell’autunno
    mordono il cuore
    con monotono
    languore.
    Ecco ansimando
    e smorto, quando
    suona l’ora,
    io mi ricordo
    gli antichi giorni
    e piango;
    e me ne vado
    nel vento ingrato
    che mi porta
    di qua e di là
    come fa la
    foglia morta.
  • Autunno
    (Guillaume Apollinaire)
    Passano nella nebbia un contadino storto
    e il suo bue,
    lentamente, nella nebbia d’autunno
    che nasconde i tuguri poveri e vergognosi.
    E, mentre s’allontana, il contadino canta
    una canzone triste dell’amore infedele,
    che parla di un anello e d’un cuore spezzato.
    Oh, l’autunno,
    l’autunno ha sepolto l’estate!
    Passano nella nebbia due figurine grigie.
  • Mattino d’autunno
    (Alessandro Manzoni)
    Il cielo era tutto sereno:
    di mano in mano che il sole s’alzava
    dietro il monte si vedeva la sua luce…
    Un venticello d’autunno,
    staccando dai rami
    le foglie appassite del gelso,
    le portava a cadere qualche passo
    distante dall’albero.
  • Autunno
    (Saionji Kinmochi)
    Dove vanno le foglie arrossate
    che il vento stacca dagli alberi?
    Volano e passano: il brusio del vento
    è tutto ciò che rimane dell’autunno.
  • Mattino d’autunno
    (Federico García Lorca)
    Che dolcezza infantile
    nella mattinata tranquilla!
    C’è il sole tra le foglie gialle
    e i ragni tendono fra i rami
    le loro strade di seta.
  • Foglia appassita
    (Hermann Hesse)
    Ogni fiore vuol diventare frutto,
    ogni mattino sera,
    di eterno sulla terra non vi è
    che il mutamento, che il transitorio.
    Anche l’estate più bella vuole
    sentire l’autunno e la sfioritura.
    Foglia, fermati paziente,
    quando il vento ti vuole rapire.
    Fai la tua parte e non difenderti,
    lascia che avvenga in silenzio.
    Lascia che il vento che ti spezza
    ti sospinga verso casa.
  • Bosco d’autunno
    (Boris Pasternak)
    Ha messo chiome il bosco d’autunno.
    Vi dominano buio, sogno e quiete.
    Né scoiattoli, né civette o picchi
    lo destano dal sogno.
    E il sole pei sentieri dell’autunno
    entrando dentro quando cala il giorno
    si guarda intorno bieco con timore
    cercando in esso trappole nascoste.
  • Sera d’ottobre
    (Giovanni Pascoli)
    Lungo la strada vedi su la siepe
    ridere a mazzi le vermiglie bacche:
    nei campi arati tornano al presepe
    tarde le vacche.
    Vien per la strada un povero che il lento
    passo tra foglie stridule trascina:
    nei campi intuona una fanciulla al vento:
    fiore di spina.
  • Autunno e amore
    (Laura Clementina Maiocchi)
    Giunto è novembre; dal cielo plumbeo
    cade la pioggia, lenta, monotona;
    la brezza il fior distrugge,
    la rondinella fugge.
    A noi che importa? se i fiori sbocciano
    nel maggio eterno delle nostre anime?
    se il vivo sol d’amore
    le inonda di splendore?
  • Colori d’autunno
    (Renzo Pezzani)
    Tempo d’uva, miracolo di Dio!
    La terra si spoglia tutta,
    la casa odora di frutta,
    il cielo piange d’addio!
    Alla prima pioggia si è più soli,
    il muro si insanguina di rampicanti,
    sui giorni dorati come santi
    la rondine scrive gli ultimi voli.
  • L’autunno
    (Giuseppe Fanciulli)
    L’autunno aveva il vestito di foglie variopinte e intorno al capo una corona di pampini.
    Era grande come un gigante…
    Camminava lento, barcollando un poco.
    Si fermò in un gran prato
    e si volse a guardare intorno
    per ammirare lo spettacolo della natura
    completamente cambiato dalla sua opera paziente.
    Gli piacquero i boschi camuffati di rosso e d’oro;
    si specchiò nel ruscello ancora limpido, rise,
    e corse allegro come un ragazzo verso le montagne lontane sulle quali biancheggiavano le prime nevi.
    Lungo la strada,
    se v’erano ancora rondini intorno ai campanili,
    le cacciava verso il cielo, e le rondini prendevano la via del Sud, a stormi neri picchiettati di bianco.
    Giunto sulla cima più alta dei monti,
    si diede a spingere nubi nel cielo,
    e presto tutto fu grigio e discese la pioggia.
    Le belle foglie d’oro dei boschi inaridirono,
    marcirono e caddero.
  • La foglia morta
    (Arpalice Cuman Pertile)
    Gemè la foglia: “Ramo natio
    per sempre addio!
    Il vento gelido lontan mi porta
    son cosa morta!”
    Ma il sole fulgido la carezzò
    la consolò
    Disse: nel mondo tutto si muta
    non sei perduta!
    Forse sarai fiore gentile
    nel dolce aprile”.
    Al suo destin la foglia andava
    e un fior sognava.
  • All’autunno
    (John Keats)
    Stagione di nebbie e morbida abbondanza,
    tu, intima amica del sole al suo culmine,
    che con lui cospiri per far grevi e benedette d’uva
    le viti appese alle gronde di paglia dei tetti,
    tu che fai piegare sotto le mele gli alberi muscosi del casolare,
    e colmi di maturità fino al torsolo ogni frutto;
    tu che gonfi la zucca e arrotondi con un dolce seme
    i gusci di nocciola e ancora fai sbocciare
    fiori tardivi per le api, illudendole
    che i giorni del caldo non finiranno mai
    perché l’estate ha colmato le loro celle viscose:
    chi non ti hai mai vista, immersa nella tua ricchezza?
    Può trovarti, a volte, chi ti cerca,
    seduta senza pensieri sull’aia
    coi capelli sollevati dal vaglio del vento,
    o sprofondata nel sonno in un solco solo in parte mietuto,
    intontita dalle esalazioni dei papaveri, mentre il tuo falcetto
    risparmia il fascio vicino coi suoi fiori intrecciati.
    A volte, come una spigolatrice, tieni ferma
    la testa sotto un pesante fardello attraversando un torrente,
    o, vicina a un torchio da sidro, con uno sguardo paziente,
    sorvegli per ore lo stillicidio delle ultime gocce.
    E i canti di primavera? Dove sono?
    Non pensarci, tu, che una musica ce l’hai.
    Nubi striate fioriscono il giorno che dolcemente muore,
    e toccano con rosea tinta le pianure di stoppia:
    allora i moscerini in coro lamentoso, in alto sollevati
    dal vento lieve, o giù lasciati cadere,
    piangono tra i salici del fiume,
    e agnelli già adulti belano forte del baluardo dei colli,
    le cavallette cantano, e con dolci acuti
    il pettirosso zufola dal chiuso del suo giardino:
    si raccolgono le rondini, trillando nei cieli.
  • Ottobre
    (Robert Frost)
    O silenzioso mite mattino d’ottobre,
    le foglie son mature per cadere;
    il vento di domani, se avrà forza,
    le spazzerà via tutte.
    Chiamano i corvi sopra la foresta;
    domani forse a stormi se ne andranno.
    O silenzioso mite mattino d’ottobre;
    lento comincia le ore di questa giornata.
    Fa’ che il giorno ci sembri meno breve.
    Non ci dispiace se tu dolcemente ci illudi,
    illudici nel modo che tu sai.
    Stacca una foglia allo spuntar dell’alba,
    a mezzogiorno stacca un’altra foglia;
    una dai nostri alberi, ed un’altra
    molto lontano.
    Trattieni il sole con nebbie gentili;
    incanta la campagna d’ametista.
    Ma piano, piano!
    Per amore dell’uva,se non altro,
    i cui pampini bruciano nel gelo,
    i cui grappoli andrebbero distrutti
    per amore dell’uva lungo il muro.
  • Ottobre
    (Vincenzo Cardarelli)
    Un tempo, era d’estate,
    era a quel fuoco, a quegli ardori,
    che si destava la mia fantasia.
    Inclino adesso all’autunno
    dal colore che inebria;
    amo la stanca stagione
    che ha già vendemmiato.
    Niente più mi somiglia,
    nulla più mi consola,
    di quest’aria che odora
    di mosto e di vino
    di questo vecchio sole ottobrino
    che splende nelle vigne saccheggiate.
  • Foglie morte
    (Giovanni Pascoli)
    Oh! che già il vento volta
    e porta via le piogge!
    Dentro la quercia folta
    ruma le foglie roggie
    che si staccano, e fru…
    partono; un branco ad ogni
    soffio che l’avviluppi.
    Par che la quercia sogni
    ora, gemendo, i gruppi
    del novembre che fu.
    Volano come uccelli,
    morte nel bel sereno:
    picchiano nei ramelli
    del roseo pesco, pieno
    de’ suoi cuccoli già.
    E il roseo pesco oscilla
    pieno di morte foglie:
    quale s’appende e prilla,
    quale da lui si toglie
    con un sibilo, e va.
    Ma quelle foglie morte
    che il vento, come roccia,
    spazza, non già di morte
    parlano ai fiori in boccia,
    ma sussurrano: – Orsù!
    Dentro ogni cocco all’uscio
    vedo dei gialli ugnoli:
    tu che costì nel guscio
    di più covar ti duoli,
    che ti pèriti più?
    Fuori le aluccie pure,
    tu che costì sei vivo!
    Il vento ruglia… eppure
    esso non è cattivo.
    Ruglia, brontola: ma…
    contende a noi! Chè tutto
    vuol che sia mondo l’orto
    pei nuovi fiori, e il brutto,
    il secco, il vecchio, il morto,
    vuol che netti di qua.
    Noi c’indugiammo dove
    nascemmo, un po’, ma era
    per ricoprir le nuove
    gemme di primavera…
    Così dicono, e fru…
  • Autunno
    (Carlo Emilio Gadda)
    Tàcite imagini della tristezza
    Dal plàtano al prato!
    Quando la bruma si dissolve nel monte
    E un pensiero carezza
    E poi lascia desolato – la marmorea fronte;
    Quando la torre, e il rattoppato maniero,
    Non chiede, al vecchio architetto, più nulla:
    Allora il feudo intero – fruttifica una susina
    Bisestile, alla collina
    Dolce e brulla.
    Tace, dal canto, il prato.
    Il pianoforte della marchesina
    Al tocco magico delle sue dita
    S’è addormentato:
    E dopo sua dipartita – l’autunno
    S’è scelto un nuovo alunno:
    Il passero!, lingua di portinaia
    Dal gelso all’aia:
    E il cancello e lo stemma sormonta
    La nenia del campanile – e racconta
    I ritorni, all’aurata foresta:
    Garibaldeggia per festa
    Sopra il travaglio gentile
    Perché alla bella il ragazzo piaccia,
    Quello che lassù canta, quello che lassù pesta.
    Il vecchio marchese ha inscenato una caccia
    Con quindici veltri, e galoppa,
    Diplomatico sconsolato
    Sul suo nove anni reumatizzato.
    Della volpe nessuna notizia, nessuna traccia!
    Il cavallo ha un nome inglese: e il corno sfiatato
    Assorda nella tana il ghiro
    Che una nocciòla impingua!
    Al docicesimo giro
    La muta s’è messa un palmo di lingua
    E, mòbile macchia, cicloneggia bianca
    Nella deserta brughiera
    Là, verso il passaggio a livello,
    Dove arriva stanca,
    Salendo, la vaporiera.
    Passa il merci e il frenatore – più bello,
    Lungo fragore! – vana bandiera!
    Ha incantato la cantoniera.
    Ecco il diretto galoppa – verso città lontane
    E il cavallo inglese intoppa
    Negli sterpi dannati e calpesta
    I formicai vuoti e le tane.
    Ma dal campanile canta l’ora di festa – canta
    Tristezze vane!

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