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25 Poesie sull’Amore Finito

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Ultimo aggiornamento: 20 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sull'Amore Finito

La fine di un amore non è facile da accettare e molto spesso i ricordi prendono il sopravvento e ci riportano indietro nel passato senza lasciarci andare avanti.

Ma come accettiamo i piaceri e la felicità dell’amore bisogna accettarne la fine per quanto possa essere duro.

Qui di seguito le più belle poesie sull’amore finito che ci faranno sentire ciò che han provato tanti poeti innamorati prima di noi. Eccole!

Poesie sull’amore finito

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  • Ricordami
    (Christina Rossetti)
    Tu ricordami quando sarò andata
    lontano, nella terra del silenzio,
    né più per mano mi potrai tenere,
    né io potrò il saluto ricambiare.
    Ricordami anche quando non potrai
    giorno per giorno dirmi dei tuoi sogni:
    ricorda e basta, perché a me, lo sai,
    non giungerà parola né preghiera.
    Pure se un po’ dovessi tu scordarmi
    e dopo ricordare, non dolerti:
    perché se tenebra e rovina lasciano
    tracce dei miei pensieri del passato,
    meglio per te sorridere e scordare
    che dal ricordo essere tormentato.
  • Giaccio da solo nella casa silenziosa
    (Federico García Lorca)
    Giaccio da solo nella casa silenziosa,
    la lampada è spenta,
    e stendo pian piano le mie mani
    per afferrare le tue,
    e lentamente spingo la mia fervente bocca
    verso di te e bacio me fino a stancarmi e ferirmi
    – e all’improvviso son sveglio,
    ed intorno a me la fredda notte tace,
    luccica nella finestra una limpida stella –
    o tu, dove sono i tuoi capelli biondi,
    dov’è la tua dolce bocca?
    Ora bevo in ogni piacere la sofferenza
    e veleno in ogni vino;
    mai avrei immaginato che fosse tanto amaro
    essere solo
    essere solo e senza di te!
  • A un cuore in pezzi
    (Emily Dickinson)
    A un cuore in pezzi
    nessuno s’avvicini
    senza l’alto privilegio
    di aver sofferto altrettanto.
  • A un cuore in pezzi nessuno s'avvicini senza l'alto privilegio di aver sofferto altrettanto.
  • L’ultimo addio
    (Ugo Foscolo)
    T’amai, dunque, t’amai, e t’amo ancor
    di un amore che non si può concepire
    che da me solo. È poco prezzo,
    o mio angelo, la morte per chi
    ha potuto udir che tu l’ami,
    e sentirsi scorrere in tutta
    l’anima la voluttà del tuo bacio,
    e pianger teco – io sto col piè
    nella fossa; eppure tu anche
    in questo frangente ritorni,
    come solevi, davanti a questi occhi
    che morendo si fissano in te,
    in te che sacra risplendi
    di tutta la tua bellezza…
    Io muoio… pieno di te,
    e certo del tuo pianto…
  • Ti amai
    (Aleksandr Sergeevič Puškin)
    Ti amai, anche se forse
    ancora non è spento del
    tutto l’amore.
    Ma se per te non è più tormento
    voglio che nulla ti addolori.
    Senza speranza, geloso,
    ti ho amata nel silenzio e soffrivo,
    teneramente ti ho amata come
    – Dio voglia – un altro possa amarti.
  • Quando sarai vecchia
    (William Butler Yeats)
    Quando sarai vecchia e grigia e pieno di sonno,
    Col capo tentennante accanto al fuoco, prendi questo libro,
    Leggilo con cura, e sogna il dolce sguardo
    che i tuoi occhi ebbero un tempo, sogna anche la loro ombra profonda;
    Quanti amarono i tuoi momenti di grazia felice
    E amarono la tua bellezza con amore falso o vero,
    Ma uno solo amò in te la tua anima errante,
    E amò le pene del viso tuo mutevole.
    E curva sui ceppi che rimandano il loro bagliore,
    Mormora pure, con lieve tristezza, come Amore fuggì,
    E vagò alto sopra le montagne,
    E nascose il suo viso in uno sciame di stelle.
  • Bordone
    (Federico García Lorca)
    Ti vedrò?
    Non ti vedrò?
    A me importa
    soltanto il tuo amore.
    Hai sempre il riso di allora
    e quel cuore?
  • Avrò notizie di te
    (Paul Éluard)
    Avrò notizie di te
    se entro nel sole.
    Nel magma dei vulcani
    coglierò il tuo colore.
    Ti cercherò
    nel fondo degli abissi,
    nel mormorio del vento.
    T’ascolterò
    adagiati sulla luna,
    ci parleremo,
    ci culleremo nell’occhio del ciclone,
    Perché nel mondo dei sogni
    io t’ho incontrata.
  • Non piangere per me quando mi saprai morto
    (william Shakespeare)
    Non piangere per me quando mi saprai morto,
    non oltre il suono tetro della campagna lugubre,
    che da notizia al mondo che io sono fuggito
    dalla sua codardia per vivere coi vermi.
    Anzi, se leggerai queste righe, dimentica
    la mano che le ha scritte: io t’amo così tanto
    che vorrei scomparire dalla tua cara mente
    se il pensiero di me può portarti dolore.
    Oh se mai tu posassi gli occhi su questi versi
    quando forse sarò già sfatto nella terra,
    ti prego non chiamare il mio povero nome
    ma lascia che il tuo amore con la mia vita muoia,
    così che il mondo accorto non veda mai che tu
    soffri ancora e ne rida quando non sarò più!
  • Non invidio
    (Alfred Tennyson)
    Non invidio in alcun modo
    il vuoto opprimente della nobile rabbia,
    il cardellino nato nella gabbia
    che non ha mai conosciuto i boschi estivi.
    Non invidio l’animale che si prende la sua libertà nel tempo,
    senza essere toccato dal senso di colpa,
    e la cui coscienza non viene mai risvegliata.
    E neppure, sebbene esso possa ritenersi beato,
    il cuore che non ha mai fatto una promessa di matrimonio,
    ma resta lì, a stagnare, nell’indolenza.
    E non voglio alcun riposo del desiderio.
    E tengo per certo, qualunque cosa accada,
    e lo confermo proprio quando soffro di più:
    è meglio aver amato e perso
    che non aver amato mai.
  • Non ho smesso di pensarti
    (Charles Bukowski)
    Non ho smesso di pensarti,
    vorrei tanto dirtelo.
    Vorrei scriverti che mi piacerebbe tornare,
    che mi manchi
    e che ti penso.
    Ma non ti cerco.
    Non ti scrivo neppure ciao.
    Non so come stai.
    E mi manca saperlo.
    Hai progetti?
    Hai sorriso oggi?
    Cos’hai sognato?
    Esci?
    Dove vai?
    Hai dei sogni?
    Hai mangiato?
    Mi piacerebbe riuscire a cercarti.
    Ma non ne ho la forza.
    E neanche tu ne hai.
    Ed allora restiamo ad aspettarci invano.
    E pensiamoci.
    E ricordami.
    E ricordati che ti penso,
    che non lo sai ma ti vivo ogni giorno,
    che scrivo di te.
    E ricordati che cercare e pensare son due cose diverse.
    Ed io ti penso,
    ma non ti cerco.
  • Lascio la casa bianca e il muto giardino
    (Anna Achmàtova)
    Lascio la casa bianca e il muto giardino.
    Deserta e luminosa mi sarà la vita.
    Nessuna donna saprà cullarti
    come io ti celebro nei miei versi:
    non scordare la tua cara amica
    nell’Eden che hai creato per i suoi occhi,
    per me che spaccio una merce rarissima
    e vendo il tuo tenerissimo amore.
  • A noi venne Amore nei tempi andati
    (James Joyce)
    A noi venne Amore nei tempi andati,
    Che l’una al crepuscolo schiva sonava
    E l’altro accanto stava pauroso…
    Che Amore in principio è tutto tremore.
    Fu grave amarsi. Finito è l’amore,
    Le sue dolci ore non rare.
    Salutiamo finalmente le strade
    Per cui dovremo andare.
  • Quando ci separammo
    (George Gordon Byron)
    Quando ci separammo,
    fra silenzio e lacrime,
    coi nostri cuori infranti,
    lasciandoci per anni,
    il tuo viso divenne freddo e pallido,
    più gelido il tuo bacio;
    in verità quell’ora già annunciava
    il dolore presente.
    Se dopo tanti anni
    ti dovessi incontrare, in che modo
    potrei salutarti?
    Con silenzio e lacrime.
  • Ascolta
    (Vladimir Vladimirovic Majakovskij)
    Gettami in viso la parola terribile.
    Perché non vuoi udire?
    Non senti che ogni tuo nervo contorto
    urla come una tromba di vetro
    l’amore è morto…
    l’amore è morto…
    ascolta
    rispondimi senza mentire…
    come due fosse
    in viso ti si scavano gli occhi…
    lo so che già consumato è l’amore.
    Ormai
    a più d’un segno vi riconosco la noia.
  • Amai
    (Umberto Saba)
    Amai trite parole che non uno osava.
    M’incantò la rima fiore amore,
    la più antica difficile del mondo.
    Amai la verità che giace al fondo,
    quasi un sogno obliato, che il dolore
    riscopre amica. Con paura il cuore
    le si accosta, che più non l’abbandona.
    Amo te che mi ascolti e la mia buona
    carta lasciata al fine del mio gioco.
  • Tutte le lettere d’amore sono ridicole
    (Fernando Pessoa)
    Tutte le lettere d’amore sono
    ridicole.
    Non sarebbero lettere d’amore se non fossero
    ridicole.
    Anch’io ho scritto ai miei tempi lettere d’amore,
    come le altre,
    ridicole.
    Le lettere d’amore, se c’è l’amore,
    devono essere
    ridicole.
    Ma dopotutto
    solo coloro che non hanno mai scritto
    lettere d’amore
    sono
    ridicoli.
    Magari fosse ancora il tempo in cui scrivevo
    senza accorgermene
    lettere d’amore
    ridicole.
    La verità è che oggi
    sono i miei ricordi
    di quelle lettere
    a essere ridicoli.
    (Tutte le parole sdrucciole,
    come tutti i sentimenti sdruccioli,
    sono naturalmente
    ridicole.
  • Povero Catullo
    (Gaio Valerio Catullo)
    Povero Catullo, smettila di illuderti!
    Ciò che è perso – e lo sai – è perso: ammettilo.
    Giorni di luce i tuoi, un lampo lontano,
    quando correvi dove la tua fanciulla ti chiamava,
    lei amata come nessuna sarà mai.
    Quanta allegria, allora: quanti giochi
    volevi, e lei accettava.
    Davvero un lampo lontano, quei giorni.
    Ora non vuole più: e tu devi accettare.
    Non seguirla, se fugge, e non chiuderti alla vita:
    resisti, con tutte le tue forze.
    Addio, fanciulla. Catullo è forte:
    non verrà a cercarti, non ti pregherà, se tu non vuoi.
    Ma tu, senza le sue preghiere, soffrirai.
    Ah, infelice, che vita ti rimane?
    Chi ti vorrà? A chi sembrerai bella?
    Chi amerai? Chi ti dirà: “Sei mia!”?
    Chi bacerai? A chi morderai le labbra?
    Ma tu, Catullo, non cedere, resisti.
  • Sogno, dove sei ora?
    (Emily Brontë)
    Sogno, dove sei ora?
    Tanto tempo è trascorso
    Da quando la luce svanì
    Dalla tua fronte d’angelo
    Ohimè, ohimè
    Eri così lucente e bello!
    Non avrei mai creduto che
    Il ricordo tuo portasse solo dolore!
    La tempesta e i raggi del sole
    Il divino crepuscolo estivo
    La notte, immobile in un silenzio solenne,
    La luna, piena e scintillante e senza nubi,
    Una volta tutto si legava a te,
    E ora solo una pena indicibile.
    Visione perduta! Basta …
    Non puoi più splendere ormai.
  • L’addio
    (Umberto Saba)
    Senz’addii m’hai lasciato e senza pianti;
    …devo di ciò accorarmi?
    Tu non piangevi perché avevi tanti,
    …tanti baci da darmi.
    Durano sì certe amorose intese
    …quanto una vita e più.
    Io so un amore che ha durato un mese,
    …e vero amore fu.
  • Forse mi dimenticherai
    (Allan Riger-Brown)
    Lo scorrere del tempo ti aiuterà:
    altri sguardi, altri sorrisi
    desteranno un sussulto nel tuo cuore.
    Un altro sole ti scalderà.
    Altre piogge, altre lacrime bagneranno il tuo volto.
    Altre brezze si confonderanno con i tuoi sospiri
    ed io non sarò più per te che un nome,un ombra.
    O forse un giorno,
    quando cercando te stesso
    avrai ancora affondato le mani nella vita,
    quando sarai finalmente convinto
    che chi sei è dentro di te,
    non fuori, non nei corpi più belli,
    non nei paesaggi profumi sapori più splendidi,
    ma dentro di te,
    forse allora mi ricorderai
    e saprai che ciò che vedesti specchiato nei miei occhi
    fu quel luogo recondito
    Ciò che svelammo un attimo insieme
    fu noi stessi.
    E fu il sussulto più dolce, più vero.
  • Distacco
    (Anna Achmàtova)
    Ho davanti la via isoscele
    della sera.
    Già ieri, innamorato,
    supplicava: “Non dimenticarmi”.
    E adesso solamente i venti
    e i gridi dei pastori
    e i cedri agitati
    sopra fresche fontane.
  • L’incidente è chiuso
    (Vladimir Vladimirovic Majakovskij)
  • Crepuscolo del cuore
    (Federico García Lorca)
    Solitario il parco.
    Aria mite e dolce,
    grigia e azzurra soavità.
    Quei giorni!
    Che triste sonata!
    I tuoi boccoli erano il mio sangue
    i tuoi occhi erano, oh ingrata!,
    l’anima delle mie melodie.
    Quei baci!
    Con soavità di specchi.
    Cadenze di una musica di nardi.
    Anima di un colore molto remoto.
    Quei baci!
    Quelle mani!
    Bianche magnolie incarnate
    che conoscono i misteri delle anime.
    Colombe capaci di consolarmi.
    Quelle mani!
    lo accesi la mia lampada.
    Ti ricordi?
    Era di raso e avorio il mio bene
    come la casta luce dell’alba.
    Tu eri la fiaccola del mio Essere.
    Ti ricordi?
    Ma te ne andasti…
    Non svanisce mai la mia illusione.
    Ahi, come esprimere ciò che provo!
    Appassito è il mio cuore.
    Passione illusione.
    Luna laguna.
  • Il tuo cuore lo porto con me
    (Edward Estlin Cummings)
    Il tuo cuore lo porto con me.
    Lo porto nel mio
    Non me ne divido mai.
    Dove vado io, vieni anche tu, mia amata;
    qualsiasi cosa sia fatta da me,
    la fai anche tu, mia cara.
    Non temo il fato
    perché il mio fato sei tu, mia dolce.
    Non voglio il mondo, perché il mio,
    il più bello, il più vero sei tu.
    tu sei quel che luna sempre fu
    e quel che un sole sempre canterà sei tu
    Questo è il nostro segreto profondo
    radice di tutte le radici
    germoglio di tutti i germogli
    e cielo dei cieli
    di un albero chiamato vita,
    che cresce più alto
    di quanto l’anima spera,
    e la mente nasconde.
    Questa è la meraviglia che le stelle separa.
    Il tuo cuore lo porto con me,
    lo porto nel mio.
  • Il passato
    (Emily Dickinson)
    È una curiosa creatura il passato
    e a guardarlo in viso
    si può approdare all’estasi
    o alla disperazione.
    Se qualcuno l’incontra disarmato,
    presto, gli grido, fuggi!
    Quelle sue munizioni arrugginite
    possono ancora uccidere!
  • Non posso più essere contento
    (Federico García Lorca)
    Non posso più essere contento,
    per tutti i miei giorni devo portare
    nella mia nostalgia la tua immagine.
    son proprio tuo.
  • Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
    (Eugenio Montale)
    Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
    e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
    Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
    Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
    le coincidenze, le prenotazioni,
    le trappole, gli scorni di chi crede
    che la realtà sia quella che si vede.
    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
    non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
    erano le tue.
  • Lacrime, vane lacrime
    (Alfred Tennyson)
    Lacrime, vane lacrime ed arcane
    Dal sen d’una divina disperanza,
    Sorgano in cuor, s’accolgono negli occhi.
    Vedendo i lieti campi dell’autunno,
    Pensando ai giorni che non sono più.
    Gai come il primo raggio su una vela
    Che ci riporti i cari d’oltremare,
    Tristi come l’estremo su una vela
    Che affondi insieme con tutto quel che amiamo:
    Si tristi e gai quei dì che non son più.
    Ah, tristi e strani come in alba oscura
    Voci d’uccelli per morenti orecchi,
    Mentre ad occhi morenti la finestra
    Via via diventa un pallido quadrato;
    Si tristi e strani i dì che non son più.
    Cari siccome i baci ricordati
    Dopo la morte, e dolci come i baci
    Sognati invan, profondi come amore,
    Il primo amore, e folli di rimpianto:
    O Morte in Vita, i dì che non son più.
  • Ad uno sconosciuto
    (Walt Whitman)
    Sconosciuto che passi! tu non sai con che desiderio io ti guardo,
    tu devi essere colui che io cercavo, o colei che cercavo
    (mi arriva come un sogno),
    certamente ho vissuto in qualche luogo una vita di gioia,con te
    tutto è ricordato, mentre passiamo l’uno vicino all’altro
    fluido, amorevole, casto, maturo
    sei cresciuto con me, sei stato ragazzo o ragazza con me,
    io ho mangiato e dormito con te, il tuo corpo è diventato
    qualcosa che non appartiene soltanto a te, nè ha
    lasciato che il mio restasse mio soltanto,
    mi hai dato il piacere dei tuoi occhi, del tuo volto, della
    tua carne, mentre io passo tu ne prendi in cambio
    dalla mia barba, dal mio petto, dalle mie mani,
    non devo parlarti, devo pensarti a te quando seggo da solo o
    veglio la notte da solo
    devo aspettarti, non dubito che t’incontrerò ancora,
    e a questo devo badare, di non perderti.
  • Eterna presenza
    (Pedro Salinas)
    Non importa che non ti abbia,
    non importa che non ti veda.
    Prima ti abbracciavo,
    prima ti guardavo,
    ti cercavo tutta,
    ti desideravo intera.
    Oggi non chiedo più
    né alle mani, né agli occhi,
    le ultime prove.
    Di starmi accanto
    ti chiedevo prima,
    sì, vicino a me, sì,
    sì, però lì fuori.
    E mi accontentavo
    di sentire che le tue mani
    mi davano le tue mani,
    che ai miei occhi
    assicuravano presenza.
    Quello che ti chiedo adesso
    è di più, molto di più,
    che bacio o sguardo:
    è che tu stia più vicina
    a me, dentro.
    Come il vento è invisibile, pur dando
    la sua vita alla candela.
    Come la luce è
    quieta, fissa, immobile,
    fungendo da centro
    che non vacilla mai
    al tremulo corpo
    di fiamma che trema.
    Come è la stella,
    presente e sicura,
    senza voce e senza tatto,
    nel cuore aperto,
    sereno, del lago.
    Quello che ti chiedo
    è solo che tu sia
    anima della mia anima,
    sangue del mio sangue
    dentro le vene.
    Che tu stia in me
    come il cuore
    mio che mai
    vedrò, toccherò
    e i cui battiti
    non si stancano mai
    di darmi la mia vita
    fino a quando morirò.
    Come lo scheletro,
    il segreto profondo
    del mio essere, che solo
    mi vedrà la terra,
    però che in vita
    è quello che si incarica
    di sostenere il mio peso,
    di carne e di sogno,
    di gioia e di dolore
    misteriosamente
    senza che ci siano occhi
    che mai lo vedano.
    Quello che ti chiedo
    è che la corporea
    passeggera assenza,
    non sia per noi dimenticanza,
    né fuga, né mancanza:
    ma che sia per me
    possessione totale
    dell’anima lontana,
    eterna presenza.
  • Il giorno è già passato
    (John Keats)
    Il giorno è già passato
    e le dolcezze son tutte passate!
    O dolce voce, bocca,
    tenera mano e più tenero seno,
    Caldo respiro, sussurri,
    come tenere voci smorzate,
    Occhi splendidi, forme
    superbe e i fianchi dal fascino pieno!
    Il fiore s’è avvizzito
    con ogni incanto ch’era germogliato,
    Della beltà i miei occhi
    han visto dileguare la visione,
    E neppure un’impronta
    sulle mie braccia la beltà ha lasciato,
    È svanita la voce,
    quel cielo di purezza e di passione.
    Tutto è fuggito via
    innanzi tempo al cader della sera,
    Quando già quegli scialbi
    notte e giorno festivi, nel velame
    Profumato d’amore
    di quell’oscurità che più s’annera,
    Cominciano a intrecciare
    per il piacere nascosto le trame.
  • Dispiaceri amorosi
    (Trilussa)
    Lei, quanno lui je disse: – Sai? te pianto… –
    s’intese gelà er sangue ne le vene.
    Povera fija! fece tante scene,
    poi se buttò sul letto e sbottò un pianto.
    – Ah! – diceva – je vojo troppo bene!
    Io che j’avrebbe dato tutto quanto!
    Ma c’ho fatto che devo soffrì tanto?
    No, nun posso arisiste a tante pene!
    O lui o gnisuno!… – E lì, tutto in un botto,
    scense dar letto e, matta dar dolore,
    corse a la loggia e se buttò de sotto.
    Cascò de peso, longa, in mezzo ar vicolo…
    E mò s’è innammorata der dottore
    perché l’ha messa fòri de pericolo!
  • La foglia
    (Umberto Saba)
    Io sono come quella foglia – guarda –
    sul nudo ramo, che un prodigio ancora
    tiene attaccata.
    Negami dunque. Non ne sia rattristata
    la bella età che a un’ansia ti colora,
    e per me a slanci infantili s’attarda.
    Dimmi tu addio, se a me dirlo non riesce.
    Morire è nulla; perderti è difficile.
  • Il mio cuore fu tuo
    (Fernando Pessoa)
    Sì, un momento
    passi ancora
    per il mio vago pensiero,
    e ricordarti sarebbe tormento
    se immaginare fosse disgrazia.
    Sì, in quell’ora
    in cui parlammo più guardando
    che parlando,
    derivò questa cronica esitazione
    che ora ho nel ricordarti.
    Apparisti
    nella mia vita
    come una cosa che era alla porta.
    Sparisti.
    Più tardi seppi del tuo eclissarti.
    Tuttavia, tuttavia,
    riuscisti
    a prendermi un po’ il cuore.
    È un cuore triste
    e non
    si intende con tutto
    né ha modi
    per farsi amare
    o per immaginarlo.
    Salvo quando
    il tuo sguardo
    ostinatamente dolce
    mi faceva saltare
    il cuore in petto.
    Ove andavo io?
    Già lo scordavo.
    Sì, il mio cuore fu tuo
    in quel giorno,
    in quel giorno o in un altro…
    Neanche vi fosse altra terra o cielo
    qualcosa sarebbe accaduto.
  • Nel mio dolore
    (Paul Éluard)
    Nel mio dolore nulla è in movimento
    Di quello che io stesso sono stato
    Attendo, nessuno verrà
    Né di giorno né di notte né mai più
    I miei occhi si sono separati dai tuoi occhi
    Perdono fiducia perdono la luce
    La mia bocca si è separata dalla tua bocca
    La mia bocca si è separata dal piacere
    E dal senso dell’amore e dal senso della vita
    Le mie mani si sono separate della tue mani
    Le mie mani lasciano sfuggire tutto
    I miei piedi si sono separati dai tuoi piedi
    Non avanzeranno più non ci sono più strade
    Non conosceranno più né il peso né il riposo
    Mi è concesso di veder finire la mia vita
    Con la tua
    La mia vita è in tuo potere
    che ho creduto infinita
    E l’avvenire la mia sola speranza è il mio sepolcro
    Identico al tuo circondato da un mondo indifferente
    Ero così vicino a te che ho freddo vicino agli altri.
  • Requiem
    (Rainer Maria Rilke)
    Noi quando amiamo
    abbiamo solo questo da offrire:
    lasciarci;
    perché trattenerci è facile,
    e non è arte da imparare.
  • Invece di una lettera
    (Vladimir Vladimirovic Majakovskij)
    Il fumo del tabacco ha roso l’aria.
    La stanza
    è un capitolo dell’inferno di Kruchenych.
    Ricordi?
    Accanto a questa finestra
    per la prima volta
    accarezzai freneticamente le tue mani.
    Oggi, ecco, sei seduta,
    il cuore rivestito di ferro.
    Ancora un giorno,
    e mi scaccerai,
    forse maledicendomi.
    Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,
    a lungo non saprà infilarsi nella manica.
    Poi uscirò di corsa,
    e lancerò il mio corpo per la strada.
    Fuggito da tutti,
    folle diventerò,
    consunto dalla disperazione.
    Ma non è necessario tutto questo;
    cara,
    dolce,
    diciamoci adesso addio.
    Il mio amore,
    peso così schiacciante ancora,
    ti grava sopra
    lo stesso,
    dovunque tu fugga.
    Lasciami sfogare in un ultimo grido
    l’amarezza degli offesi lamenti.
    Se lo sfiancano di lavoro, un bue,
    se ne va
    ad adagiarsi sulle fredde acque.
  • L’addio
    (Aleksandr Sergeevič Puškin)
    Il tuo volto una volta ancora
    Con la mente oso carezzare,
    In sogno con la forza del cuore,
    Con diletto triste esitante,
    Il tuo amore per me ricordare.
    Il nostro tempo fugge via
    Tutto muta e porta via con sé,
    Per il tuo poeta, diletta mia,
    Di tenebra tu sei già vestita,
    E anche il poeta è morto per te.
    Accogli dunque, amica lontana,
    L’addio del mio cuore attristato.
    Come sposa che vedova rimane,
    Come amico che abbraccia in silenzio
    Un amico che viene esiliato.

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