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Le 50 Poesie d’Amore più belle e romantiche

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Ultimo aggiornamento: 18 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie d'Amore

Se c’è una categoria che ha fatto dell’amore un marchio di fabbrica è sicuramente quella dei poeti. Grandi scrittori di ogni tempo che hanno saputo trasformare meglio di chiunque altro questo sentimento in parole.

Una sorta di magia che vogliamo presentare in questa piccola selezione di poesie d’amore. Parole senza tempo che ben rappresentano l’amore in tutte le sue sfumature e che parlano direttamente al cuore e con il cuore.

Ecco quindi le poesie d’amore più belle e romantiche di tutti i tempi che ci faranno sentire le vibrazioni più forti nate da questa emozione. Scoprile subito!

Poesie d’Amore

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  • Sonetto 116
    (William Shakespeare)
    Non sia mai ch’io ponga impedimenti
    all’unione di anime fedeli; Amore non è Amore
    se muta quando scopre un mutamento
    o tende a svanire quando l’altro s’allontana.
    Oh no! Amore è un faro sempre fisso
    che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;
    è la stella-guida di ogni sperduta barca,
    il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.
    Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote
    dovran cadere sotto la sua curva lama;
    Amore non muta in poche ore o settimane,
    ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:
    se questo è errore e mi sarà provato,
    io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.
  • Se devi amarmi
    (Elizabeth Barrett Browing)
    Se devi amarmi, per null’altro sia
    se non che per amore.
    Mai non dire:
    t’amo per il sorriso,
    per lo sguardo,
    la gentilezza del parlare,
    il modo di pensare così conforme al mio,
    che mi rese sereno un giorno.
    Queste son tutte cose
    che possono mutare, amato,
    in sé o per te, un amore
    così sorto potrebbe poi morire.
    E non amarmi per pietà di lacrime
    che bagnino il mio volto.
    Può scordare il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto,
    e perderti.
    Soltanto per amore amami – e per sempre, per l’eternità.
  • Il modo tuo d’amare
    (Pedro Salinas)
    Il modo tuo d’amare
    È lasciare che io ti ami.
    Il si con cui ti abbandoni
    è il silenzio. I tuoi baci
    sono offrirmi le labbra
    perché io le baci.
    Mai parole o abbracci
    mi diranno che esistevi
    e mi hai amato: mai.
    Me lo dicono fogli bianchi,
    mappe, telefoni, presagi,
    tu, no.
    E sto abbracciato a te
    senza chiederti nulla, per timore
    che non sia vero
    che tu vivi e mi ami.
    E sto abbracciato a te
    senza guardare e senza toccarti.
    Non debba mai scoprire
    con domande, con carezze,
    quella solitudine immensa
    d’amarti solo io.
  • Viviamo, mia Lesbia, ed amiamoci (Carme 5)
    (Gaio Valerio Catullo)
    Viviamo, o mia Lesbia, e amiamoci,
    e le dicerie dei vecchi severi
    consideriamole tutte di valore pari a un soldo.
    I soli possono tramontare e risorgere;
    noi, quando una buona volta finirà questa breve luce,
    dobbiamo dormire un’unica notte eterna.
    Dammi mille baci, poi cento,
    poi ancora mille, poi di nuovo cento,
    poi senza smettere altri mille, poi cento;
    poi, quando ce ne saremo dati molte migliaia,
    li mescoleremo, per non sapere (il loro numero)
    e perché nessun malvagio ci possa guardare male,
    sapendo che qui ci sono tanti baci.
  • Rimani
    (Gabriele D’Annunzio)
    Rimani!
    Riposati accanto a me.
    Non te ne andare.
    Io ti veglierò.
    Io ti proteggerò.
    Ti pentirai di tutto fuorché d’essere venuta a me, liberamente, fieramente. Ti amo.
    Non ho nessun pensiero che non sia tuo; non ho nel sangue nessun desiderio che non sia per te.
    Lo sai.
    Non vedo nella mia vita altra compagna, non vedo altra gioia.
    Rimani. Riposati.
    Non temere di nulla.
    Dormi stanotte sul mio cuore…
  • L’hai amata, vero?
    (Charles Bukowski)
    “L’hai amata, vero?”
    Lui sospirò
    “Come posso risponderti? Lei era matta”
    Sì passò la mano tra i capelli
    “Dio se era tutta matta. Ogni giorno era una donna diversa
    Una volta intraprendente, l’altra impacciata.
    Una volta esuberante, l’altra timida. Insicura e decisa.
    Dolce e arrogante.
    Era mille donne lei, ma il profumo era sempre lo stesso
    Inconfondibile
    Era quella la mia unica certezza.
    Mi sorrideva sapeva di fregarmi con quel sorriso
    Quando sorrideva io non capivo più nulla
    Non sapevo più parlare ne pensare
    Niente, zero
    C’era all’improvviso solo lei
    Era matta, tutta matta
    A volte piangeva
    Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio
    Lei no
    Lei si innervosiva
    Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni
    Era matta tutta matta
    Ma l’ho amata da impazzire.
  • Segui l’amore
    (Khalil Gibran)
    L’amore non dà nulla fuorché sé stesso
    e non coglie nulla se non da sé stesso.
    L’amore non possiede,
    né vorrebbe essere posseduto
    poiché l’amore basta a all’amore.
  • La cosa più bella
    (Saffo)
    Alcuni un esercito di cavalieri, altri di fanti,
    altri di navi dicono esser la cosa più bella
    sulla nera terra, io invece
    quello che s’ama.
    Assai facile è farlo capire a chiunque,
    infatti colei che molto eccelleva
    per bellezza fra gli uomini, Elena,
    lasciato lo sposo di grande valore,
    partì per Troia, in nave,
    né ripensò alla figlia, né agli amati genitori,
    per nulla, ma la traviò Afrodite,
    lei, innamorata;
    subito infatti, col suo animo incostante,
    facilmente ignorò nel cuore gli affetti;
    lei ora mi desta il ricordo di Anattoria,
    che non è qui,
    ah, vorrei poter vedere il suo amato incedere
    e lo splendore raggiante del suo viso
    invece che carri lidi e fanti
    pronti alla battaglia.
    Agli uomini non è concesso d’essere del tutto felici,
    ma possono pregare d’averne parte.
  • Che sia l’amore tutto ciò che esiste
    (Emily Dickinson)
    Che sia l’amore tutto ciò che esiste
    È ciò che noi sappiamo dell’amore;
    E può bastare che il suo peso sia
    Uguale al solco che lascia nel cuore.
  • Dammi la tua mano
    (Leo Delibes)
    Dammi la tua mano…
    Vedi?
    Adesso tutto pesa la metà…
  • Perché ti amo
    (Hermann Hesse)
    Perché ti amo, di notte son venuto da te
    così impetuoso e titubante
    e tu non me potrai più dimenticare
    l’anima tua son venuto a rubare.
    Ora lei è mia – del tutto mi appartiene
    nel male e nel bene,
    dal mio impetuoso e ardito amare
    nessun angelo ti potrà salvare.
  • Lascia il tuo cuore
    (Rabindranath Tagore)
    Lascia il tuo cuore
    scoppiare finalmente,
    cedi, gemma, cedi.
    Lo spirito della fioritura
    s’è abbattuto su di te.
    Puoi rimanere
    ancora bocciolo?
  • Il tuo cuore lo porto con me
    (Edward Estlin Cummings)
    Il tuo cuore lo porto con me
    Lo porto nel mio
    Non me ne divido mai.
    Dove vado io, vieni anche tu, mia amata;
    qualsiasi cosa sia fatta da me,
    la fai anche tu, mia cara.
    Non temo il fato
    perché il mio fato sei tu, mia dolce.
    Non voglio il mondo, perché il mio,
    il più bello, il più vero sei tu.
    Questo è il nostro segreto profondo
    radice di tutte le radici
    germoglio di tutti i germogli
    e cielo dei cieli
    di un albero chiamato vita,
    che cresce più alto
    di quanto l’anima spera,
    e la mente nasconde.
    Questa è la meraviglia che le stelle separa.
    Il tuo cuore lo porto con me,
    lo porto nel mio.
  • Parlare…
    (Paul Eluard)
    Parlare
    senza avere niente da dire
    comunicare
    in silenzio
    i bisogni dell’anima
    dar voce
    alle rughe del volto
    alle ciglia degli occhi
    agli angoli della bocca
    parlare
    tenendosi per mano
    tacere
    tenendosi per mano.
  • Se tardi a trovarmi, insisti
    (Walt Whitman)
    Se tardi a trovarmi, insisti.
    Se non ci sono in nessun posto,
    cerca in un altro, perchè io sono
    seduto da qualche parte,
    ad aspettare te…
    e se non mi trovi piú, in fondo ai tuoi occhi,
    allora vuol dire che sono dentro di te.
  • Inno alla bellezza
    (Charles Baudelaire)
    Vieni dal cielo profondo o esci dall’abisso,
    bellezza? Il tuo sguardo, divino e infernale,
    dispensa alla rinfusa il sollievo e il crimine,
    ed in questo puoi essere paragonata al vino.
    Racchiudi nel tuo occhio il tramonto e l’aurora;
    profumi l’aria come una sera tempestosa;
    i tuoi baci sono un filtro e la tua bocca un’anfora
    che fanno vile l’eroe e il bimbo coraggioso.
    Esci dal nero baratro o discendi dagli astri?
    Il destino irretito segue la tua gonna
    come un cane; semini a caso gioia e disastri,
    e governi ogni cosa e di nulla rispondi.
    Cammini sui cadaveri, o bellezza, schernendoli,
    dei tuoi gioielli l’Orrore non è il meno attraente,
    l’Assassinio, in mezzo ai tuoi più cari ciondoli
    sul tuo ventre orgoglioso danza amorosamente.
    Verso di te, candela, la falena abbagliata
    crepita e arde dicendo: benedetta la fiamma!
    L’innamorato ansante piegato sull’amata
    pare un moribondo che accarezza la tomba.
    Che tu venga dal cielo o dall’inferno, che importa,
    bellezza! Mostro enorme, spaventoso, ingenuo!
    Se i tuoi occhi, il sorriso, il piede m’aprono la porta
    di un Infinito che amo e che non ho mai conosciuto?
    Da satana o da Dio, che importa? Angelo o sirena,
    tu ci rendi – fata dagli occhi di velluto,
    ritmo, profumo, luce, mia unica regina!
    L’universo meno odioso, meno pesante il minuto?
  • Odio e amo (Carme 85)
    (Catullo)
    Odio e amo. Perché lo faccia, ti chiedi forse.
    Non lo so, ma sento che succede e mi tormento.
  • Penso a te nel silenzio della notte
    (Fernando Pessoa)
    Penso a te nel silenzio della notte, quando tutto è nulla,
    e i rumori presenti nel silenzio sono il silenzio stesso,
    allora, solitario di me, passeggero fermo
    di un viaggio senza Dio, inutilmente penso a te.
    tutto il passato, in cui fosti un momento eterno,
    è come questo silenzio di tutto.
    tutto il perduto, in cui fosti quel che più persi,
    è come questi rumori,
    tutto l’inutile, in cui fosti quel che non doveva essere,
    è come il nulla che sarà in questo silenzio notturno.
    ho visto morire, o sentito che morirono,
    quanti amai o conobbi,
    ho visto non saper più nulla di quelli che un po’ andarono
    con me, e poco importa se fu un’ora o qualche parola;
    o un passeggio emotivo e muto,
    e il mondo oggi per me è un cimitero di notte,
    bianco e nero di tombe e alberi e di estraneo chiardiluna
    ed è in questa quiete assurda di me e di tutto
    che penso a te.
  • Tanto gentile e tanto onesta pare
    (Dante Alighieri)
    Tanto gentile e tanto onesta pare
    la donna mia quand’ella altrui saluta,
    ch’ogne lingua deven tremando muta,
    e li occhi no l’ardiscon di guardare.
    Ella si va, sentendosi laudare,
    benignamente d’umiltà vestuta;
    e par che sia una cosa venuta
    da cielo in terra a miracol mostrare.
    Mostrasi sì piacente a chi la mira,
    che dà per li occhi una dolcezza al core,
    che ‘ntender no la può chi no la prova:
    e par che de la sua labbia si mova
    un spirito soave pien d’amore,
    che va dicendo a l’anima: sospira.
  • In quanti modi ti amo?
    (Elizabeth Barrett Browning)
    In quanti modi ti amo? Fammeli contare.
    Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza
    che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile
    agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale.
    Ti amo al pari della più modesta necessità
    Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.
    Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;
    ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.
    Ti amo con la passione che gettavo
    nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.
    Ti amo di un amore che credevo perduto
    insieme ai miei perduti santi, – ti amo col respiro,
    i sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! – e, se Dio vorrà,
    ti amerò ancora di più dopo la morte.
  • Sì, al di là della gente ti cerco
    (Pedro Salinas)
    Si, al di là della gente
    ti cerco.
    Non nel tuo nome, se lo dicono,
    non nella tua immagine, se la dipingono.
    Al di là, più in là, più oltre.
    Al di là di te ti cerco.
    Non nel tuo specchio
    e nella tua scrittura,
    nella tua anima nemmeno.
    Di là, più oltre.
    Al di là, ancora, più oltre
    di me ti cerco. Non sei
    ciò che io sento di te.
    Non sei
    ciò che mi sta palpitando nelle vene,
    e non è me.
    Al di là, più oltre ti cerco.
    E per trovarti, cessare
    di vivere in te, e in me,
    e negli altri.
    Vivere ormai di là da tutto,
    sull’altra sponda di tutto
    – per trovarti –
    come fosse morire.
  • Farò della mia anima uno scrigno
    (Khalil Gibran)
    Farò della mia anima uno scrigno
    per la tua anima,
    del mio cuore una dimora
    per la tua bellezza,
    del mio petto un sepolcro
    per le tue pene.
    Ti amerò come le praterie amano la primavera,
    e vivrò in te la vita di un fiore
    sotto i raggi del sole.
    Canterò il tuo nome come la valle
    canta l’eco delle campane;
    ascolterò il linguaggio della tua anima
    come la spiaggia ascolta
    la storia delle onde.
  • Sonetto XVII
    (Pablo Neruda)
    Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
    o freccia di garofani che propagano il fuoco:
    t’amo come si amano certe cose oscure,
    segretamente, tra l’ombra e l’anima.
    T’amo come la pianta che non fiorisce e reca
    dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
    grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
    il concentrato aroma che ascese dalla terra.
    T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,
    t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:
    così ti amo perché non so amare altrimenti
    che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
    così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
    così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.
  • È stato lungo, difficile e triste…
    (Anna de Noailles)
    È stato lungo, difficile e triste
    Rivelarti ciò che il cuore sentiva;
    La voce cresceva e poi calava,
    L’orgoglio soccombeva e si feriva.
    Io non so davvero in che modo
    Ho potuto confessarti il mio amore;
    Temevo l’ombra e i tuoi occhi
    Che del giorno hanno il colore.
    La nuova che ti ho portato è questa!
    Ti ho detto tutto! Ero rassegnata;
    Eppure, come un cigno ho celata
    Sotto la mia ala la mia testa…
  • Sonetto 130
    (William Shakespeare)
    Gli occhi della mia donna non sono come il sole;
    il corallo è molto più rosso delle sue labbra:
    se la neve è bianca, allora perché i suoi seni sono grigi?
    Se i capelli devono essere filamenti, fili neri crescono sulla sua testa
    Ho visto rose variegate, rosse e bianche,
    ma non ho visto alcuna rosa sulle sue guance;
    e c’è più delizia in altri profumi
    che nell’alito che il mio amore esala.
    mi piace sentirla parlare, perché so
    che la sua voce, per me, è come musica;
    quando la vidi non mi sembrò una dea:
    la mia donna, quando cammina, non ha grazia.
    E nonostante ciò, il mio amore è cosi raro
    come se lei fosse stata elogiata da falsi paragoni.
  • Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
    (Nazım Hikmet)
    Sei la mia schiavitù sei la mia libertà
    sei la mia carne che brucia
    come la nuda carne delle notti d’estate
    sei la mia patria
    tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi
    tu, alta e vittoriosa
    sei la mia nostalgia
    di saperti inaccessibile
    nel momento stesso
    in cui ti afferro
  • Infinità d’amore
    (John Donne)
    Se ancor non ho tutto l’amore tuo,
    cara, giammai tutto l’avrò;
    non posso esalare un altro sospiro per intenerirti,
    né posso implorare un’altra lacrima a che sgorghi;
    ormai tutto il tesoro che avevo per acquistarti
    – sospiri, lacrime, e voti e lettere – l’ho consumato.
    Eppure non può essermi dovuto
    più di quanto fu inteso alla stipulazione del contratto;
    se allora il tuo dono d’amore fu parziale,
    si che parte a me toccasse, parte ad altri,
    cara giammai tutta ti avrò
    Ma se allora tu mi cedesti tutto,
    quel tutto non fu che il tutto di cui allora tu disponevi;
    ma se nel cuore tuo, in seguito, sia stato o sarà
    generato amor nuovo, ad opera di altri,
    che ancor possiedono intatte le lor sostanze, e possono di lacrime,
    di sospiri, di voti, di lettere, fare offerte maggiori,
    codesto amore nuovo può produrre nuove ansie,
    poiché codesto amore non fu da te impegnato.
    Eppur lo fu, dacché la tua donazione fu totale:
    il terreno, cioè il tuo cuore, è mio; quanto ivi cresca,
    cara, dovrebbe tutto spettare a me.
    Tuttavia ancor non vorrei avere tutto;
    chi tutto ha non può aver altro,
    e dacché il mio amore ammette quotidianamente
    nuovo accrescimento, tu dovresti avere in serbo nuove ricompense;
    tu non puoi darmi ogni giorno il tuo cuore:
    se puoi darlo, vuol dire che non l’hai mai dato.
    il paradosso d’amore consiste nel fatto che, sebbene il tuo cuore si diparta,
    tuttavia rimane, e tu col perderlo lo conservi.
    Ma noi terremo un modo più liberale
    di quello di scambiar cuori: li uniremo; così saremo
    un solo essere, e il Tutto l’un dell’altro.
  • Ti amo come se mangiassi il pane
    (Nazim Hikmet)
    Ti amo come se mangiassi il pane
    spruzzandolo di sale
    come se alzandomi la notte bruciante di febbre
    bevessi l’acqua con le labbra sul rubinetto
    ti amo come guardo il pesante sacco della posta
    non so che cosa contenga e da chi pieno di gioia
    pieno di sospetto agitato
    ti amo come se sorvolassi il mare per la prima volta in aereo
    ti amo come qualche cosa che si muove in me quando il
    crepuscolo scende su Istanbul poco a poco
    ti amo come se dicessi Dio sia lodato son vivo.
  • Inno all’amore
    (Paolo di Tarso)
    Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli,
    ma non avessi l’amore,
    sono come un bronzo che risuona
    o un cembalo che tintinna.
    E se avessi il dono della profezia
    e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza,
    e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne,
    ma non avessi l’amore,
    non sarei nulla.
    E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
    e dessi il mio corpo per esser bruciato,
    ma non avessi l’amore,
    niente mi gioverebbe.
    L’amore è paziente,
    è benigno l’amore;
    non è invidioso l’amore,
    non si vanta,
    non si gonfia,
    non manca di rispetto,
    non cerca il suo interesse,
    non si adira,
    non tiene conto del male ricevuto,
    non gode dell’ingiustizia,
    ma si compiace della verità.
    Tutto copre,
    tutto crede,
    tutto spera,
    tutto sopporta.
    L’amore non avrà mai fine.
  • Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
    (Eugenio Montale)
    Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
    e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
    Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
    Il mio dura tuttora, nè più mi occorrono
    le coincidenze, le prenotazioni,
    le trappole, gli scorni di chi crede
    che la realtà sia quella che si vede.
    Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
    non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
    le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
    erano le tue.
  • Io vorrei stare sopra le tue labbra
    (Federico García Lorca)
    Io vorrei stare sopra le tue labbra
    per spegnermi alla neve dei tuoi denti.
    Io vorrei stare dentro il tuo petto
    per sciogliermi al tuo sangue.
    Fra i tuoi capelli d’oro
    vorrei eternamente sognare.
    E che diventasse il tuo cuore
    la tomba al mio che duole.
    Che la tua carne fosse la mia carne,
    che la mia fronte fosse la tua fronte.
    Tutta l’anima mia vorrei che entrasse
    nel tuo piccolo corpo.
    Essere io il tuo pensiero, io
    il tuo vestito bianco,
    perché tu t’innamori
    di me d’una passione così forte
    che ti consumi cercandomi
    senza trovarmi mai.
    E perché tu il mio nome
    vada gridando ai tramonti,
    chiedendo di me all’acqua,
    bevendo, triste, tutte le amarezze
    che sulla strada ho lasciato,
    desiderandoti, il cuore.
    E intanto io penetrerò nel tuo
    tenero corpo dolce
    essendo io te stessa
    e dimorando in te, donna, per sempre,
    mentre tu ancora mi cerchi invano
    da Oriente ad Occidente,
    fin che alla fine saremo bruciati
    dalla livida fiamma della morte.
  • Cammina, lei, nella bellezza
    (George Gordon Byron)
    Cammina, lei, nella bellezza, come
    la notte a latitudini serene
    e sotto cieli trapuntati a stelle;
    e tutto il meglio di splendore e buio
    s’accorda nel suo aspetto e nei suoi occhi,
    fatti sì dolci a quella luce tenera
    che il cielo nega al giorno scintillante.
    Un’ombra sola in più, di meno un raggio
    solo spariglierebbero la grazia
    che indicibile disegna onde nere
    sopra ogni treccia, o tenuemente illumina
    il suo viso, dove i pensieri esprimono
    sereni, dolcemente, quanto pura,
    quanto amata sia la lor dimora.
    E sopra quella gota e quella fronte,
    tanto morbide, e calme, ed eloquenti,
    il riso suo che avvince, i suoi color
    che brillano raccontano di giorni
    consunti nel far bene, di una mente
    ch’è in pace universale, e del suo cuore,
    e del suo amore ch’è tutto innocente!
  • Ti offro
    (Jorge Luis Borges)
    Ti offro strade difficili, tramonti disperati,
    la luna di squallide periferie.
    Ti offro le amarezze di un uomo
    che ha guardato a lungo la triste luna.
    Ti offro i miei antenati, i miei morti,
    i fantasmi a cui i viventi hanno reso onore col marmo:
    il padre di mio padre ucciso sulla frontiera di Buenos Aires,
    due pallottole attraverso i suoi polmoni, barbuto e morto,
    avvolto dai soldati nella pelle di una mucca;
    il nonno di mia madre – appena ventiquattrenne –
    a capo di un cambio di trecento uomini in Perù,
    ora fantasmi su cavalli svaniti.
    Ti offro qualsiasi intuizione sia
    nei miei libri, qualsiasi virilità o vita umana.
    Ti offro la lealtà di un uomo
    che non è mai stato leale.
    Ti offro quel nocciolo di me stesso
    che ho conservato, in qualche modo –
    il centro del cuore che non tratta con le parole,
    ne coi sogni e non è toccato dal tempo,
    dalla gioia, dalle avversità.
    Ti offro il ricordo di una
    rosa gialla al tramonto,
    anni prima che tu nascessi.
    Ti offro spiegazioni di te stessa,
    teorie su di te, autentiche e sorprendenti notizie di te.
    Ti posso dare la mia tristezza,
    la mia oscurità, la fame del mio cuore;
    cerco di corromperti con l’incertezza,
    il pericolo, la sconfitta.
  • Uno scorcio
    (Walt Whitman)
    Uno scorcio, colto attraverso un interstizio,
    D’una folla di operai e autisti nella sala di un bar, attorno alla stufa,
    tardi una sera d’inverno. Ed io, inosservato seduto in un angolo;
    Di un giovane che mi ama, e che io amo, che si avvicina silenzioso, e si siede accanto, tanto che può tenermi per mano;
    Un lungo istante, in mezzo al rumore dell’andirivieni, del bere ed imprecare e dello scherzo volgare,
    In quello noi due, contenti, felici nell’essere insieme, parlando appena, dicendo forse neppure una parola.
  • T’amo
    (Paul Eluard)
    T’amo per tutte le donne che non ho conosciuto
    T’amo per tutte le stagioni che non ho vissuto
    per l’odore d’altomare e l’odore del pane fresco
    per la neve che si scioglie per i primi fiori
    per gli animali puri che l’uomo non spaventa
    T’amo per parlare
    T’amo per tutte le donne che non amo
    sei tu stessa a riflettermi io mi vedo così poco.
    Senza di te non vedo che un deserto
    tra il passato e il presente
    ci sono state tutte queste morti superate senza far rumore
    non ho potuto rompere il muro del mio specchio
    ho dovuto imparare parola per parola la vita
    come si dimentica
    T’amo per la tua saggezza che non è la mia
    Per la salute
    T’amo contro tutto quello che ci illude
    Per questo cuore immortale che io non posseggo
    Tu credi di essere il dubbio e non sei che ragione
    Tu sei il sole forte che mi inebria
    Quando sono sicuro di me.
  • Aria viva
    (Paul Éluard)
    Ho guardato davanti a me
    In mezzo alla folla ti ho veduta
    In mezzo al grano ti ho veduta
    Sotto un albero ti ho veduta
    Al termine di ogni mio viaggio
    Al fondo di tutti i miei tormenti
    Alla svolta di ogni risata
    Che uscivi dall’acqua e dal fuoco
    D’estate e d’inverno ti ho veduta
    Nella mia casa ti ho veduta
    Tra le mie braccia ti ho veduta
    Dentro i miei sogni ti ho veduta
    Io non ti lascerò mai più.
  • Stringiti a me
    (Gabriele D’Annunzio)
    Stringiti a me, abbandonati a me, sicura.
    Io non ti mancherò e tu non mi mancherai.
    Troveremo, troveremo la verità segreta
    su cui il nostro amore potrà riposare per sempre,
    immutabile.
    Non ti chiudere a me, non soffrire sola,
    non nascondermi il tuo tormento!
    Parlami, quando il cuore ti si gonfia di pena.
    Lasciami sperare che io potrei consolarti.
    Nulla sia taciuto fra noi e nulla sia celato.
    Oso ricordarti un patto che tu medesima hai posto.
    Parlami e ti risponderò sempre senza mentire.
    Lascia che io ti aiuti, poiché da te mi viene tanto bene!
  • Vorrei
    (Rabindranath Tagore)
    Vorrei dirti le più profonde parole d’amore,
    ma non oso, per timore che tu rida.
    Ecco perché mi burlo di me stesso e del mio segreto.
    Derido il mio dolore per paura che tu faccia lo stesso.
    Vorrei dirti le parole più vere,
    ma non oso, per paura che tu rida.
    Ecco perché mento, dicendo il contrario
    di quello che penso.
    Rendo assurdo il mio dolore per paura che tu
    faccia lo stesso.
    Vorrei usare le parole più preziose
    che ho riservato per te, ma non ne ho il coraggio;
    temo che non si comprenda il loro valore.
    Ecco perché ti parlo con durezza,
    e vanto la mia forza brutale.
    Ti faccio del male per paura che tu
    non conosca mai cosa sia il soffrire.
    Vorrei sedermi vicino a te in silenzio,
    ma non ne ho il coraggio:
    temo che il mio cuore mi salga alle labbra.
    Ecco perché parlo stupidamente
    e nascondo il mio cuore dietro le parole.
    Tratto crudelmente il mio dolore
    per paura che tu faccia lo stesso.
  • Inno all’amore
    (Paolo di Tarso)
    Se parlo le lingue degli uomini
    E anche quelle degli angeli,
    Ma non ho amore,
    Sono come un metallo che rimbomba,
    Uno strumento che suona a vuoto.
    Se ho il dono di essere profeta
    E di conoscere tutti i misteri,
    Se possiedo tutta la scienza
    E anche una fede da smuovere i monti,
    Ma non ho amore,
    Io non sono niente.
    Se do ai poveri tutti i miei averi,
    Se offro il mio corpo alle fiamme,
    Ma non ho amore,
    Non mi serve a nulla.
    Chi ama è paziente e generoso.
    Chi ama non è invidioso,
    Non si vanta,
    Non si gonfia di orgoglio.
    Chi ama è rispettoso,
    Non cerca il proprio interesse,
    Non cede alla collera,
    Dimentica i torti.
    Chi ama non gode dell’ingiustizia;
    la verità è sua gioia.
    Chi ama tutto scusa,
    Di tutti ha fiducia,
    Tutto sopporta,
    Mai perde la speranza.
    L’amore non tramonta mai.
  • Ricongiungimento
    (Antonia Pozzi)
    Se io capissi
    quel che vuole dire
    – non vederti più –
    credo che la mia vita
    qui – finirebbe.
    Ma per me la terra
    è soltanto la zolla che calpesto
    e l’altra
    che calpesti tu:
    il resto
    è aria
    in cui – zattere sciolte – navighiamo
    a incontrarci.
    Nel cielo limpido infatti
    sorgono a volte piccole nubi
    fili di lana
    o piume – distanti –
    e chi guarda di lì a pochi istanti
    vede una nuvola sola
    che si allontana.
  • L’amore, quando si rivela
    (Fernando Pessoa)
    L’amore, quando si rivela,
    Non si sa rivelare.
    Sa bene guardare lei,
    Ma non le sa parlare.
    Chi vuol dire quel che sente
    Non sa quel che deve dire.
    Parla: sembra mentire…
    Tace: sembra dimenticare…
    Ah, ma se lei indovinasse,
    Se potesse udire lo sguardo,
    E se uno sguardo le bastasse
    Per sapere che stanno amandola!
    Ma chi sente molto, tace;
    Chi vuol dire quello che sente
    Resta senz’anima né parola,
    Resta solo, completamente!
    Ma se questo potesse raccontarle
    Quel che non oso raccontarle,
    Non dovrò più parlarle,
    Perché le sto parlando…
  • Ho un desiderio di te stasera
    (Gabriele D’Annunzio)
    Ho un desiderio desolato di te stasera. Ahimè stasera e sempre.
    Ma stasera il desiderio è di qualità nuova.
    È come un tremito infinitamente lungo e tenue.
    Sono come un mare in cui tremino tutte le gocciole,
    tremano tutte le ali dell’anima,
    tremano tutte le fibre dei nervi,
    tremano tutti i fiori della primavera
    e anche le nuvole del cielo
    e anche le stelle della notte
    e anche la piccola luna trema.
    Trema sui tuoi capelli che sono una schiuma bionda.
    Ho la bocca piena delle tue spalle,
    che sono ora come un fuoco di neve tiepida disciolta in me.
    Godo e soffro.
    Ti ho dentro di me e vorrei tuttavia sentirti sopra di me.
    Non mi hai lasciato tanta musica partendo.
    Stanotte tienimi sul tuo cuore,
    avvolgimi nel tuo sogno,
    incantami col tuo fiato,
    sii sola con me solo.
    Oh melodia melodia…
    Tremano tutte le gocciole del mare.
  • A Silvia
    (Giacomo Leopardi)
    Silvia, rimembri ancora
    Quel tempo della tua vita mortale,
    Quando beltà splendea
    Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
    E tu, lieta e pensosa, il limitare
    Di gioventù salivi?
    Sonavan le quiete
    Stanze, e le vie dintorno,
    Al tuo perpetuo canto,
    Allor che all’opre femminili intenta
    Sedevi, assai contenta
    Di quel vago avvenir che in mente avevi.
    Era il maggio odoroso: e tu solevi
    Così menare il giorno.
    Io gli studi leggiadri
    Talor lasciando e le sudate carte,
    Ove il tempo mio primo
    E di me si spendea la miglior parte,
    D’in su i veroni del paterno ostello
    Porgea gli orecchi al suon della tua voce,
    Ed alla man veloce
    Che percorrea la faticosa tela.
    Mirava il ciel sereno,
    Le vie dorate e gli orti,
    E quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
    Lingua mortal non dice
    Quel ch’io sentiva in seno.
    Che pensieri soavi,
    Che speranze, che cori, o Silvia mia!
    Quale allor ci apparia
    La vita umana e il fato!
    Quando sovviemmi di cotanta speme,
    Un affetto mi preme
    Acerbo e sconsolato,
    E tornami a doler di mia sventura.
    O natura, o natura,
    Perchè non rendi poi
    Quel che prometti allor? perchè di tanto
    Inganni i figli tuoi?
    Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
    Da chiuso morbo combattuta e vinta,
    Perivi, o tenerella. E non vedevi
    Il fior degli anni tuoi;
    Non ti molceva il core
    La dolce lode or delle negre chiome,
    Or degli sguardi innamorati e schivi;
    Nè teco le compagne ai dì festivi
    Ragionavan d’amore
    Anche peria fra poco
    La speranza mia dolce: agli anni miei
    Anche negaro i fati
    La giovanezza. Ahi come,
    Come passata sei,
    Cara compagna dell’età mia nova,
    Mia lacrimata speme!
    Questo è quel mondo? questi
    I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
    Onde cotanto ragionammo insieme?
    Questa la sorte dell’umane genti?
    All’apparir del vero
    Tu, misera, cadesti: e con la mano
    La fredda morte ed una tomba ignuda
    Mostravi di lontano.
  • E sto abbracciato a te
    (Pedro Salinas)
    Farò della mia anima uno scrigno
    per la tua anima,
    del mio cuore una dimora
    per la tua bellezza,
    del mio petto un sepolcro
    per le tue pene.
    Ti amerò come le praterie amano la primavera,
    e vivrò in te la vita di un fiore
    sotto i raggi del sole.
    Canterò il tuo nome come la valle
    canta l’eco delle campane;
    ascolterò il linguaggio della tua anima
    come la spiaggia ascolta
    la storia delle onde.
  • L’amore
    (Alda Merini)
    L’amore è sofferenza,
    pianto, gioia, sorriso.
    L’amore è felicità,
    tristezza e tormento.
    Non si ama con il cuore,
    si ama con l’anima
    che si impregna di storia.
    Non si ama se non si soffre
    e non si ama
    se non si ha paura di perdere.
    Ma quando ami vivi,
    forse male, forse bene, ma vivi.
    Allora muori
    quando smetti di amare,
    scompari quando non sei più amato.
    Se l’amore ti ferisce,
    cura le tue cicatrici
    e credici, sei vivo…
    Perchè vivi per chi ami
    e per chi ti ama.
  • Io son sì altamente innamorato
    (Cecco Angiolieri)
    Io son sì altamente innamorato,
    a la mercé d’una donna e d’Amore,
    ch’e’ non è al mondo re né imperadore,
    a cui volessi io già cambiar mio stato:
    ch’io amo quella, a cui Dio ha donato
    tutto ciò che conviene a gentil core;
    dunque, chi di tal donna è servidore
    ben si può dir che ‘n buon pianeto è nato.
    Ed ella ha ‘l cor tanto cortese e piano
    inver’ di me, la mia gentile manza,
    che, sua mercé, basciata li ho la mano.
    E sì mi diè ancor ferma speranza
    che di qui a poco, se Dio mi fa sano,
    io compierò di lie’ mia disïanza.
  • Il volo
    (Sara Teasdale)
    Siamo due aquile
    Che volano insieme,
    Sotto i cieli,
    Sopra i monti,
    Distese sul vento.
    La luce del sole c’incora,
    La cieca neve ci ostacola,
    Le nubi roteano dietro di noi,
    Si stanno e si assotigliano.
    Noi siamo come le aquile;
    Ma quando la Morte ci distrugge,
    Umani e umiliati
    Quando uno di noi parte,
    Che l’altro segua –
    Che il volo finisca,
    Che il fuoco si estingua,
    Che il libro si chiuda.
  • S’io t’amo? oh donna! io nol dirìa volendo
    (Vittorio Alfieri)
    S’io t’amo? oh donna! io nol dirìa volendo,
    Voce esprimer può mai quanta m’inspiri
    Dolcezza al cor, quando pietosa giri
    Ver me tue luci, ove alti sensi apprendo?
    S’io t’amo? E il chiedi? e nol dich’io tacendo?
    E non tel dicon miei lunghi sospiri;
    E l’alma afflitta mia, che par che spiri,
    Mentre dal tuo bel ciglio immobil pendo?
    E non tel dice ad ogni istante il pianto,
    Cui di speranza e di temenza misto,
    Versare a un tempo, e raffrenare io bramo?
    Tutto tel dice in me: mia lingua intanto
    Sola tel tace, perché il cor s’è avvisto,
    Ch’a quel ch’ei sente, è un nulla il dirti: Io t’amo.
  • È un amore impossibile
    (Sesto Aurelio Properzio)
    “È un amore impossibile” – mi dici.
    “È un amore impossibile” – ti dico.
    Ma scopri che sorridi se mi guardi,
    e scopro che sorrido se ti vedo.
    “Di notte” – tu confessi – “io ti penso… Ti penso giorno e notte, e mi domando se stai pensando a me, mentre ti penso.
    … La società, le regole, i doveri… ma tremi quando stringo le tue mani.”
    “Meglio felici o meglio allineati?”
    – Ti chiedo. –
    E il tuo sorriso accende il giorno, cambiando veste ad ogni mio pensiero.
    “Questo amore è possibile” – ti dico.
    “Questo amore è possibile” – mi dici.
  • Se mi ami, amami tutta
    (Dulce María Loynaz)
    Se mi ami, amami tutta,
    non per zone di luce o d’ombra…
    se mi ami, amami nera
    e bianca. E grigia, e verde, e rossa,
    amami di giorno,
    amami di notte…
    E all’alba con la finestra aperta!
    Se mi ami, non mi dividere:
    amami tutta… o non amarmi!
  • Questo amore
    (Jacques Prevert)
    Questo amore
    Così violento
    Così fragile
    Così tenero
    Così disperato
    Questo amore
    Bello come il giorno
    Cattivo come il tempo
    Quando il tempo è cattivo
    Questo amore così vero
    Questo amore così bello
    Così felice
    Così gioioso
    Così irrisorio
    Tremante di paura come un bambino quando è buio
    Così sicuro di sé
    Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
    Questo amore che faceva paura
    Agli altri
    E li faceva parlare e impallidire
    Questo amore tenuto d’occhio
    Perché noi lo tenevamo d’occhio
    Braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
    Perché noi l’abbiamo braccato ferito calpestato fatto fuori negato cancellato
    Questo amore tutt’intero
    Così vivo ancora
    E baciato dal sole
    È il tuo amore
    È il mio amore
    È quel che è stato
    Questa cosa sempre nuova
    Che non è mai cambiata
    Vera come una pianta
    Tremante come un uccello
    Calda viva come l’estate
    Sia tu che io possiamo
    Andare e tornare possiamo
    Dimenticare
    E poi riaddormentarci
    Svegliarci soffrire invecchiare
    Addormentarci ancora
    Sognarci della morte
    Ringiovanire
    E svegli sorridere ridere
    Il nostro amore non si muove
    Testardo come un mulo
    Vivo come il desiderio
    Crudele come la memoria
    Stupido come i rimpianti
    Tenero come il ricordo
    Freddo come il marmo
    Bello come il giorno
    Fragile come un bambino
    Ci guarda sorridendo
    Ci parla senza dire
    E io l’ascolto tremando
    E grido
    Grido per te
    Grido per me
    Ti supplico
    Per te per me per tutti quelli che si amano
    E che si sono amati
    Oh sì gli grido
    Per te per me per tutti gli altri
    Che non conosco
    Resta dove sei
    Non andartene via
    Resta dov’eri un tempo
    Resta dove sei
    Non muoverti
    Non te ne andare
    Noi che siamo amati noi t’abbiamo
    Dimenticato
    Tu non dimenticarci
    Non avevamo che te sulla terra
    Non lasciarci morire assiderati
    Lontano sempre più lontano
    Dove tu vuoi
    Dacci un segno di vita
    Più tardi, più tardi, di notte
    Nella foresta del ricordo
    Sorgi improvviso
    Tendici la mano
    Portaci in salvo.
  • Faccio tutto ciò che posso
    (Victor Hugo)
    Faccio tutto ciò che posso
    perché il mio amore
    non ti disturbi,
    ti guardo di nascosto,
    ti sorrido quando non mi vedi.
    Poso il mio sguardo
    e la mia anima ovunque
    vorrei posare i miei baci:
    sui tuoi capelli,
    sulla tua fronte,
    sui tuoi occhi,
    sulle tue labbra,
    ovunque le carezze
    abbiano libero accesso.
  • Non invidio
    (Alfred Tennyson)
    Non invidio in alcun modo
    il vuoto opprimente della nobile rabbia,
    il cardellino nato nella gabbia
    che non ha mai conosciuto i boschi estivi.
    Non invidio l’animale che si prende la sua libertà nel tempo,
    senza essere toccato dal senso di colpa,
    e la cui coscienza non viene mai risvegliata.
    E neppure, sebbene esso possa ritenersi beato,
    il cuore che non ha mai fatto una promessa di matrimonio,
    ma resta lì, a stagnare, nell’indolenza.
    E non voglio alcun riposo del desiderio.
    E tengo per certo, qualunque cosa accada,
    e lo confermo proprio quando soffro di più:
    è meglio aver amato e perso
    che non aver amato mai.
  • Il primo amore
    (Giacomo Leopardi)
    Tornami a mente il dì che la battaglia
    D’amor sentii la prima volta, e dissi:
    Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia!
    Che gli occhi al suol tuttora intenti e fissi,
    Io mirava colei ch’a questo core
    Primiera il varco ed innocente aprissi.
    Ahi come mal mi governasti, amore!
    Perchè seco dovea sì dolce affetto
    Recar tanto desio, tanto dolore?
    E non sereno, e non intero e schietto,
    Anzi pien di travaglio e di lamento
    Al cor mi discendea tanto diletto?
    Dimmi, tenero core, or che spavento,
    Che angoscia era la tua fra quel pensiero
    Presso al qual t’era noia ogni contento?
    Quel pensier che nel dì, che lusinghiero
    Ti si offeriva nella notte, quando
    Tutto queto parea nell’emisfero:
    Tu inquieto, e felice e miserando,
    M’affaticavi in su le piume il fianco,
    Ad ogni or fortemente palpitando.
    E dove io tristo ed affannato e stanco
    Gli occhi al sonno chiudea, come per febre
    Rotto e deliro il sonno venia manco.
    Oh come viva in mezzo alle tenebre
    Sorgea la dolce imago, e gli occhi chiusi
    La contemplavan sotto alle palpebre!
    Oh come soavissimi diffusi
    Moti per l’ossa mi serpeano, oh come
    Mille nell’alma instabili, confusi
    Pensieri si volgean! qual tra le chiome
    D’antica selva zefiro scorrendo,
    Un lungo, incerto mormorar ne prome.
    E mentre io taccio, e mentre io non contendo,
    Che dicevi, o mio cor, che si partia
    Quella per che penando ivi e battendo?
    Il cuocer non più tosto io mi sentia
    Della vampa d’ amor, che il venticello
    Che l’aleggiava, volossene via.
    Senza sonno io giacea sul dì novello,
    E i destrier che dovean farmi deserto,
    Battean la zampa sotto al patrio ostello.
    Ed io timido e cheto ed inesperto,
    Ver lo balcone al buio protendea
    L’orecchio avido e l’occhio indarno aperto,
    La voce ad ascoltar, se ne dovea
    Di quelle labbra uscir, ch’ultima fosse;
    La voce, ch’altro il cielo, ahi, mi togliea.
    Quante volte plebea voce percosse
    Il dubitoso orecchio, e un gel mi prese,
    E il core in forse a palpitar si mosse!
    E poi che finalmente mi discese
    La cara voce al core, e de’ cavai
    E delle rote il romorio s’intese;
    Orbo rimaso allor, mi rannicchiai
    Palpitando nel letto e, chiusi gli occhi,
    Strinsi il cor con la mano, e sospirai.
    Poscia traendo i tremuli ginocchi
    Stupidamente per la muta stanza,
    Ch’altro sarà, dicea, che il cor mi tocchi?
    Amarissima allor la ricordanza
    Locommisi nel petto, e mi serrava
    Ad ogni voce il core, a ogni sembianza.
    E lunga doglia il sen mi ricercava,
    Com’è quando a distesa Olimpo piove
    Malinconicamente e i campi lava.
    Ned io ti conoscea, garzon di nove
    E nove Soli, in questo a pianger nato
    Quando facevi, amor, le prime prove.
    Quando in ispregio ogni piacer, nè grato
    M’era degli astri il riso, o dell’aurora
    Queta il silenzio, o il verdeggiar del prato.
    Anche di gloria amor taceami allora
    Nel petto, cui scaldar tanto solea,
    Che di beltade amor vi fea dimora.
    Nè gli occhi ai noti studi io rivolgea,
    E quelli m’apparian vani per cui
    Vano ogni altro desir creduto avea.
    Deh come mai da me sì vario fui,
    E tanto amor mi tolse un altro amore?
    Deh quanto, in verità, vani siam nui!
    Solo il mio cor piaceami, e col mio core
    In un perenne ragionar sepolto,
    Alla guardia seder del mio dolore.
    E l’occhio a terra chino o in se raccolto,
    Di riscontrarsi fuggitivo e vago
    Nè in leggiadro soffria nè in turpe volto:
    Che la illibata, la candida imago
    Turbare egli temea pinta nel seno,
    Come all’aure si turba onda di lago.
    E quel di non aver goduto appieno
    Pentimento, che l’anima ci grava,
    E il piacer che passò cangia in veleno,
    Per li fuggiti dì mi stimolava
    Tuttora il sen: che la vergogna il duro
    Suo morso in questo cor già non oprava.
    Al cielo, a voi, gentili anime, io giuro
    Che voglia non m’entrò bassa nel petto,
    Ch’arsi di foco intaminato e puro.
    Vive quel foco ancor, vive l’affetto,
    Spira nel pensier mio la bella imago,
    Da cui, se non celeste, altro diletto
    Giammai non ebbi, e sol di lei m’appago.
  • A colei che è troppo gaia
    (Charles Baudelaire)
    ​La tua testa, i tuoi gesti, la tua aria
    son belli come un bel paesaggio;
    il riso giocherella sul tuo viso
    come un vento fresco in un cielo chiaro.
    ​L’afflitto passante che tu sfiori
    è abbagliato dalla salute
    che sprizza come una luce
    dalle tue braccia e dalle tue spalle.
    Gli squillanti colori
    che dissemini nei tuoi abiti
    proiettano nell’animo dei poeti
    l’immagine di un balletto fiorito.
    Quegli abiti folli sono l’emblema
    del tuo spirito sgargiante;
    o folle di cui io sono folle,
    ti odio quanto ti amo!
    A volte in un bellissimo giardino
    dove ho trascinato la mia atonia,
    ho sentito come un’ironia,
    il sole lacerarmi il petto,
    E la primavera e la verzura
    hanno tanto umiliato il mio cuore
    che ho scaricato su un fiore
    tutta l’insolenza della Natura.
    Così io vorrei una notte,
    quando suona l’ora della voluttà,
    verso i tesori del tuo corpo
    come un vile strisciare silente,
    per castigare la tua fulgida carne,
    per ammaccarti il seno già sbiancato da colpa
    e fare al tuo fianco sorpreso
    una ferita larga e profonda
    e, vertiginoso piacere!,
    attraverso queste nuove labbra
    più splendenti e belle,
    iniettarti il mio veleno, sorella!

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