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15 Poesie Partigiane per il 25 Aprile, ma non solo

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Ultimo aggiornamento: 10 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie Partigiane per il 25 Aprile

Durante la seconda guerra mondiale, molti italiani si unirono alla Resistenza partigiana, un insieme di movimenti politici e militari che si opponevano al regime fascista e alla presenza nazista in Italia.

Molti partigiani persero la vita durante la lotta per la liberazione dell’Italia, e ogni anno il 25 aprile viene celebrato il loro sacrificio che portò alla nascita della Costituzione Italiana.

Ecco quindi le poesie partigiane per il 25 aprile più belle e famose che ce ne ricordano i valori e l’amore per la libertà. Scoprile subito!

Poesie Partigiane per il 25 Aprile

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  • Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
    (Martin Niemöller)
    Prima di tutto vennero a prendere gli zingari.
    Ed io fui contento perché rubavano.
    Poi vennero a prendere gli ebrei.
    Restai in silenzio perché mi erano antipatici.
    Poi vennero a prendere gli omosessuali.
    E fui sollevato perché mi davano fastidio.
    Poi vennero a prendere i comunisti.
    Ed io non dissi nulla perché non ero comunista.
    Un giorno vennero a prendere me.
    E non c’era più nessuno per protestare.
  • Avevo due paure
    (Giuseppe Colzani)
    Avevo due paure
    La prima era quella di uccidere
    La seconda era quella di morire
    Avevo diciassette anni
    Poi venne la notte del silenzio
    In quel buio si scambiarono le vite
    Incollati alle barricate alcuni di noi
    morivano d’attesa
    Incollati alle barricate alcuni di noi
    vivevano d’attesa
    Poi spuntò l’alba
    Ed era il 25 Aprile
  • La madre del partigiano
    (Gianni Rodari)
    Sulla neve bianca bianca
    c’è una macchia color vermiglio;
    è il sangue, il sangue di mio figlio,
    morto per la libertà.
    Quando il sole la neve scioglie
    un fiore rosso vedi spuntare:
    o tu che passi, non lo strappare,
    è il fiore della libertà.
    Quando scesero i partigiani
    a liberare le nostre case,
    sui monti azzurri mio figlio rimase
    a far la guardia alla libertà.
  • Shemà
    (Primo Levi)
    Voi che vivete sicuri
    nelle vostre tiepide case,
    voi che trovate tornando a sera
    il cibo caldo e visi amici:
    considerate se questo è un uomo
    che lavora nel fango
    che non conosce pace
    che lotta per mezzo pane
    che muore per un sì o per un no.
    Considerate se questa è una donna,
    senza capelli e senza nome
    senza più forza di ricordare
    vuoti gli occhi e freddo il grembo
    come una rana d’inverno.
    Meditate che questo è stato:
    vi comando queste parole.
    Scolpitele nel vostro cuore
    stando in casa andando per via,
    coricandovi alzandovi;
    ripetetele ai vostri figli.
    O vi si sfaccia la casa,
    la malattia vi impedisca,
    i vostri nati torcano il viso da voi.
  • Tu non sai le colline
    (Cesare Pavese)
    Tu non sai le colline
    dove si è sparso il sangue.
    Tutti quanti fuggimmo
    tutti quanti gettammo
    l’arma e il nome. Una donna
    ci guardava fuggire.
    Uno solo di noi
    si fermò a pugno chiuso,
    vide il cielo vuoto,
    chinò il capo e morì
    sotto il muro, tacendo.
    Ora è un cencio di sangue
    il suo nome. Una donna
    ci aspetta alle colline.
  • Per i morti della resistenza
    (Giuseppe Ungaretti)
    Qui
    vivono per sempre
    gli occhi che furono chiusi alla luce
    perché tutti
    li avessero aperti
    per sempre
    alla luce.
  • La madre
    (Piero Calamandrei)
    Quando la sera tornavano dai campi
    Sette figli ed otto col padre
    Il suo sorriso attendeva sull’uscio
    per annunciare che il desco era pronto.
    Ma quando in un unico sparo
    caddero in sette dinanzi a quel muro
    la madre disse
    non vi rimprovero o figli
    d’avermi dato tanto dolore
    l’avete fatto per un’idea
    perché mai più nel mondo altre madri
    debban soffrire la stessa mia pena.
    Ma che ci faccio qui sulla soglia
    se più la sera non tornerete.
    Il padre è forte e rincuora i nipoti
    Dopo un raccolto ne viene un altro
    ma io sono soltanto una mamma
    o figli cari
    vengo con voi.
  • Partigia
    (Primo Levi)
    Dove siete, partigia di tutte le valli,
    Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
    Molti dormono in tombe decorose,
    quelli che restano hanno i capelli bianchi
    e raccontano ai figli dei figli come,
    al tempo remoto delle certezze,
    hanno rotto l’assedio dei tedeschi
    là dove adesso sale la seggiovia.
    Alcuni comprano e vendono terreni,
    altri rosicchiano la pensione dell’Inps
    o si raggrinzano negli enti locali.
    In piedi, vecchi: per noi non c’è congedo.
    Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
    lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
    con molti inverni nel filo della schiena.
    Il pendio del sentiero ci sarà duro,
    ci sarà duro il giaciglio, duro il pane.
    Ci guarderemo senza riconoscerci,
    diffidenti l’uno dell’altro, queruli, ombrosi.
    Come allora, staremo di sentinella
    perché nell’alba non ci sorprenda il nemico.
    Quale nemico? Ognuno è nemico di ognuno,
    spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
    la mano destra nemica della sinistra.
    In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
    La nostra guerra non è mai finita.
  • 25 Aprile
    (Alfonso Gatto)
    La chiusa angoscia delle notti, il pianto
    delle mamme annerite sulla neve
    accanto ai figli uccisi, l’ululato
    nel vento, nelle tenebre, dei lupi
    assediati con la propria strage,
    la speranza che dentro ci svegliava
    oltre l’orrore le parole udite
    dalla bocca fermissima dei morti
    «liberate l’Italia, Curiel vuole
    essere avvolto nella sua bandiera»:
    tutto quel giorno ruppe nella vita
    con la piena del sangue, nell’azzurro
    il rosso palpitò come una gola.
    E fummo vivi, insorti con il taglio
    ridente della bocca, pieni gli occhi
    piena la mano nel suo pugno: il cuore
    d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.
  • 25 Aprile
    (Italo Calvino)
    Forse non farò
    cose importanti,
    ma la storia
    è fatta di piccoli gesti anonimi,
    forse domani morirò,
    magari prima
    di quel tedesco,
    ma tutte le cose che farò
    prima di morire
    e la mia morte stessa
    saranno pezzetti di storia,
    e tutti i pensieri
    che sto facendo adesso
    influiscono
    sulla mia storia di domani,
    sulla storia di domani
    del genere umano
  • Aprile 1945
    (Dino Buzzati)
    Ecco, la guerra è finita.
    Si è fatto silenzio sull’Europa.
    E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
    Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
    Come siamo felici.
    A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
    nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
    Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
    Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio,
    tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano,
    i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
    Felicità su tutto il mondo è pace!
    Infatti quante cose orribili passate per sempre.
    Non udremo più misteriosi schianti nella notte
    che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori
    le case non saranno mai più così immobili e nere.
    Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
    Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
    Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno
    qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell’aria,
    notte e dì, capricciose tiranne.
    Non più, non più, ecco tutto;
    Dio come siamo felici.
  • Bella Ciao
    (Canto della Resistenza)
    Una mattina mi son svegliato,
    oh bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    Una mattina mi son svegliato
    e ho trovato l’invasor.
    O partigiano, portami via,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    O partigiano, portami via,
    ché mi sento di morir.
    E se io muoio da partigiano,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    E se io muoio da partigiano,
    tu mi devi seppellir.
    E seppellire lassù in montagna,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    E seppellire lassù in montagna
    sotto l’ombra di un bel fior.
    E le genti che passeranno
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    E le genti che passeranno
    Ti diranno “Che bel fior!”
    “È questo il fiore del partigiano”,
    o bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!
    “È questo il fiore del partigiano
    morto per la libertà!”
  • Fischia il Vento
    (Canto della Resistenza)
    Fischia il vento e infuria la bufera,
    scarpe rotte e pur bisogna andar
    a conquistare la rossa primavera
    dove sorge il sol dell’avvenir.
    A conquistare…
    Ogni contrada è patria del ribelle,
    ogni donna a lui dona un sospir,
    nella notte lo guidano le stelle,
    forte il cuor e il braccio nel colpir.
    Nella notte…
    Se ci coglie la crudele morte,
    dura vendetta verrà dal partigian;
    ormai sicura è già la dura sorte
    del fascista vile e traditor.
    Ormai sicura…
    Cessa il vento, calma è la bufera,
    torna a casa il fiero partigian,
    sventolando la rossa sua bandiera;
    vittoriosi, al fin liberi siam!
    Sventolando…
  • La preghiera del partigiano
    (Canto della Resistenza)
    Là sulle cime nevose
    una croce sta piantà.
    Non vi sono né fiori né rose
    è la tomba d’un soldà.
    D’un partigian che il nemico uccise,
    d’un partigian che tra il fuoco morì;
    la mamma tua lontana
    ti piange sconsolata
    mentre una campana
    in ciel prega per te.
    E noi ti ricordiamo,
    o partigiano che guardi di lassù,
    mentre scendiamo al piano
    ti salutiamo, caro compagno.
    Non pianga più la mamma
    il figlio suo perduto
    sull’Alpe sconosciuto
    un altro eroe sta là.
    Vi vedo e penso ancora
    nell’ora dei tramonti,
    al sorger dell’aurora,
    montagne del mio cuor.
    Questo dolce ricordo
    mi fa sognare, mi fa cantare
    tutta la melodia
    che riempie il cuor di nostalgia.
    Vi vedo e penso ancora
    nell’ora dei tramonti l sorger dell’aurora
    montagne del mio cuor.
  • Festa d’Aprile
    (Canto della Resistenza)
    I fascisti han capito,
    se non son proprio tonti,
    che siamo arrivati
    alla resa dei conti!
    Scendiamo giù dai monti
    a colpi di fucile!
    Evviva i Partigiani!
    È festa d’Aprile!
  • Compagni Fratelli Cervi
    (Canto della Resistenza)
    Metti la giubba di battaglia,
    mitra, fucile e bombe a mano,
    per la libertà lottiamo,
    per il tuo popolo fedel.
    È giunta l’ora dell’assalto,
    il vessillo tricolore,
    e noi dei Cervi l’abbiam giurato
    vogliam pace e libertà, e libertà.
    Compagni, fratelli Cervi,
    cosa importa se si muore
    per la libertà e l’onore
    al tuo popolo fedel.
    È giunta l’ora dell’assalto…
    Compagni, fratelli Cervi…

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