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Filastrocche Famose per Bambini (brevi): le 25 più belle, in rima e divertenti

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Ultimo aggiornamento: 11 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Filastrocche Famose per Bambini

Le filastrocche sono un simpatico componimento poetico pensato appositamente per i bambini costituito principalmente da rime e versi brevi.

Sono tanti gli autori di filastrocche italiane che han scritto parole memorabili nella semplicità e che ancora oggi meritano di essere lette e rilette da adulti e bambini.

Ecco quindi le più belle filastrocche famose per bambini che ci faranno sicuramente ridere e pensare a tutte le età. Scoprile subito!

Filastrocche famose per bambini

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  • Giro giro tondo
    Giro giro tondo
    Casca il mondo
    Casca la Terra
    Tutti giù per terra
  • Ambarabà ciccì coccò
    Ambarabà ciccì coccò
    tre civette sul comò
    che facevano l’amore
    con la figlia del dottore;
    il dottore si ammalò
    ambarabà ciccì coccò!
  • Piove piove
    Piove piove
    Acqua di limone
    Si accende la candela
    Si dice buonasera.
    Buona sera e buona notte
    Il lupo dietro alla porta
    La porta casca giù
    E il lupo non c’è più.
  • Trenta giorni ha novembre
    Trenta giorni ha novembre
    con april, giugno e settembre.
    Di ventotto ce n’è uno,
    tutti gli altri ne han trentuno.
  • Alla formica
    (Gianni Rodari)
    Chiedo scusa alla favola antica,
    se non mi piace l’avara formica.
    Io sto dalla parte della cicala
    che il più bel canto non vende, regala.
  • Frasi formica cicala Rodari
  • Il bimbo e la rondine
    (Lina Schwarz)
    Il bimbo:
    “Quel vostro nido è piccolo,
    rondini come fate?
    I vostri figli crescono
    e ormai più non ci state!”.
    Le rondini:
    “Ci stiamo, sì! Stringendoci
    così tutti vicini;
    stanno più caldi e morbidi
    i nostri rondinini;
    poco posto si tiene,
    quando ci si vuol bene!”.
  • Ogni uomo è stato un bambino
    (Alfonso Gatto)
    Ogni uomo è stato un bambino
    pensate – un bel bambino.
    Ora ha i baffi, la barba,
    il naso rosso, si sgarba
    per nulla… Ed era grazioso
    ridente arioso
    come una nube nel cielo turchino.
    Ogni uomo è stato un monello
    pensate – un libero uccello
    tra alberi case colori.
    Ora è solo un signore
    fra tanti signori,
    e non vola,
    e non bigia la scuola.
    Sa tutto e si consola
    con una vecchia parola
    “Io sono…”
    Chi è?
    Ditelo voi, bambini ignari
    che caminate con un sol piede sui binari;
    e scrivete “abbasso tutti
    gli uomini brutti”.
    col gesso e col carbone
    sul muro del cantone.
    Ditelo voi. bambini.
    Egli è…
    “…un gallo chioccio che fa coccodè!”.
  • L’ape e il fiore
    (Renzo Pezzani)
    Il fiore disse all’ape affaccendata:
    “Sei davvero sfacciata!
    Il nettare mi rubi e te ne vai
    e un dono, in cambio, non mi lasci mai!”
    Disse l’ape sincera:
    “Sono operaia della primavera
    e tutto il giorno faccio miele e cera.
    Ai bimbi piace tanto il miele mio
    e la cera che arde piace a Dio.
    Se quel che abbiamo non lo diam col cuore,
    che diremo al Signore?”
    “Prendi quello che vuoi” rispose il fiore.
    “M’hai insegnato che cos’è l’amore”.
  • Brutto male
    (Arpalice Cuman Pertile)
    Brutto male, fuggi, va,
    Non tornare mai più qua;
    io tranquillo giocherò
    e più male non avrò.
  • Felice e Fortunato
    (Lina Schwarz)
    Un tale si chiamava Fortunato,
    e non era felice.
    Ebbe un figliolo e lo chiamò Felice:
    e non fu fortunato.
    Tu impara a contentarti del tuo stato,
    e in un sarai felice e fortunato.
  • Felicità
    (Trilussa)
    C’è un’ape che se posa
    su un bottone de rosa:
    lo succhia e se ne va…
    Tutto sommato, la felicità
    è una piccola cosa.
  • Gli odori dei mestieri
    (Gianni Rodari)
    Io so gli odori dei mestieri:
    di noce moscata sanno i droghieri;
    sa d’olio la tuta dell’operaio;
    di farina il fornaio;
    sanno di terra i contadini;
    di vernice gli imbianchini;
    sul camice bianco del dottore
    di medicine c’è un buon odore.
    I fannulloni, strano però,
    non sanno di nulla e puzzano un po’.
  • Per essere buoni
    (Camilla Del Soldato)
    Per essere buoni – statemi a sentire
    (esser buoni – come è nostro dovere)
    non bisogna strillar, non si può dire:
    “Voglio” e “Dammi!”, ma chieder “per piacere”.
    E a quella che vi serve con dolcezza
    si dice “Grazie”, si fa una carezza!
    Si dice “Grazie” e ci si studia poi
    in qualche modo di servirla noi.
  • Coraggio nelle avversità
    (Lina Schwarz)
    “Cip cip”, fa un passerino da una pianta;
    tutto è sepolto nella neve bianca!
    “Cip cip”, piangono gli altri, la va male:
    non c’è più quasi niente da mangiare.
    “Cip cip, cip cip” fa il passerotto saggio,
    eh! nell’avversità ci vuol coraggio!
    Passa l’inverno, e dopo i suoi rigori
    si ridiventa tutti gran signori.
  • Ci vuole così poco
    (Angiolo Silvio Novaro)
    Ci vuole così poco
    a farsi voler bene,
    una parola buona
    detta quando conviene,
    un po’ di gentilezza,
    una sola carezza,
    un semplice sorriso
    che ci baleni in viso.
    Il cuore sempre aperto
    per ognuno che viene:
    ci vuole così poco
    a farsi voler bene.
  • La tartaruga
    (Trilussa)
    Mentre una notte se n’annava a spasso,
    la vecchia tartaruga fece er passo più lungo
    de la gamba e cascò giù
    cò la casa vortata sottoinsù.
    Un rospo je strillò: “Scema che sei!
    Queste sò scappatelle che costeno la pelle…”
    “lo sò” rispose lei “ma prima de morì,
    vedo le stelle”.
  • Il giorno più bello della storia
    (Gianni Rodari)
    S’io fossi un fornaio
    Vorrei cuocere un pane
    Così grande da sfamare
    Tutta, tutta la gente
    Che non ha da mangiare
    Un pane più grande del sole
    Dorato profumato
    Come le viole
    Un pane così
    Verrebbero a mangiarlo
    Dall’India e dal Chilì
    I poveri, i bambini
    i vecchietti e gli uccellini
    Sarà una data da studiare a memoria:
    un giorno senza fame!
    Il più bel giorno di tutta la Storia.
  • Essere e avere
    (Lina Schwarz)
    Il verbo avere andò pavoneggiandosi:
    “Io ho, ho avuto ed ebbi e avrei e avrò;
    e nulla al mio confronto è il verbo essere…”.
    Questi tacque e più saldo in sé poggiò.
    Quando saliron dell’Eterno al trono,
    “È il nome mio” disse il Signore “Io sono”.
  • Due stanzette e una cucina
    (Renzo Pezzani)
    Non son che due stanzette e una cucina
    al quarto piano. Tre modesti ambienti
    d’una casa fra un prato e un’officina,
    voltati al sole che li fa ridenti.
    E babbo e mamma, un bimbo e una bambina
    in quel guscio ci vivono contenti.
    Mamma tien tutto lustro e alla mattina
    dà persino la cera ai pavimenti.
    E quando il babbo torna dal cantiere
    e s’è lavato, e siede alla mensa, e taglia
    il pane, e versa il vino nel bicchiere
    macchiando qualche volta la tovaglia;
    e i bimbi sono lì, davanti al piatto
    ad aspettar la mamma che scodelli
    la fumante minestra di piselli,
    ad aspettare ci si aggiunge il gatto;
    non c’è casa di ricco o di potente
    che valga questa di povera gente.
  • Il Paese Senza Errori
    (Gianni Rodari)
    C’era una volta un uomo che andava per terra e per mare
    in cerca del Paese Senza Errori.
    Cammina e cammina, non faceva che camminare,
    paesi ne vedeva di tutti i colori,
    di lunghi, di larghi, di freddi, di caldi,
    di così così:
    e se trovava un errore là, ne trovava due qui.
    Scoperto l’errore, ripigliava il fagotto
    e ripartiva in quattro e quattr’otto.
    C’erano paesi senza acqua,
    paesi senza vino,
    paesi senza paesi, perfino,
    ma il Paese Senza Errori dove stava, dove stava?
    Voi direte: Era un brav’uomo. Uno che cercava
    una bella cosa. Scusate, però,
    non era meglio se si fermava
    in un posto qualunque,
    e di tutti quegli errori
    ne correggeva un po’?
  • La canzone del fannullone
    (Lina Schwarz)
    Oh che piacere
    mangiare e bere,
    andare a spasso
    e fare il chiasso,
    senza lavori,
    senza sudori,
    senza doveri,
    senza pensieri!
    Passare il giorno
    guardando intorno,
    non faticando
    ma sbadigliando!
    In conclusione,
    del fannullone
    qual è la gioia?…
    Morir di noia.
  • Sopra il quadernetto d’un bimbo
    (Edmondo De Amicis)
    Ecco i quaderni sporchi dei bambini,
    Tutti logori fogli accartocciati,
    Chiazze d’inchiostro, calcoli sbagliati,
    Buchi, macchie di pappa e burattini;
    E nel bel mezzo azzurri cerchiolini
    Fatti dal pianto, e scarabocchi ai lati.
    E qua e colà foglietti lacerati
    Per fare alle pallette coi vicini.
    Tale è la vita, o bamboli, in succinto;
    Conti sbagliati, lacrime frequenti,
    E burattini ad ogni piè sospinto;
    E ogni giorno una pagina si strappa,
    E sotto ai più magnanimi ardimenti
    C’è sempre un po’ la macchia de la pappa.
  • La lucciola
    (Trilussa)
    La Luna piena minchionò la Lucciola:
    – Sarà l’effetto de l’economia,
    ma quer lume che porti è deboluccio…
    – Si – disse quella – ma la luce è mia!
  • Filastrocca corta e matta
    (Gianni Rodari)
    Filastrocca corta e matta,
    il porto vuole sposare la porta,
    la viola studia il violino,
    il mulo dice: – Mio figlio è il mulino -;
    la mela dice: – Mio nonno è il melone -;
    il matto vuole essere un mattone,
    e il più matto della terra
    sapete che vuole? Fare la guerra!
  • Ogni promessa è debito
    (Lina Schwarz)
    “Hai promesso alla mamma di non toccar quei fiori:
    Gino, perchè li tocchi?”. “Perchè la mamma è fuori”.
    “Ma se non la mantieni quando la mamma è via,
    la promessa che hai fatto diventa una bugia.
    Non lo sai che un bambino è già un piccolo uomo?
    E una promessa è debito per ogni galantuomo?”.
  • È vero?
    (Arpalice Cuman Pertile)
    Dimmi nonnina mia, dimmelo, è vero
    che una volta tu c’eri ed io non c’ero?
    Ed allora, lo domando proprio a te,
    come potevi star senza di me?
    Mi pare un sogno! Se non c’ero io
    a chi potevi dir “Tesoro mio”?
    Chi veniva a cercarti la mattina
    per avere il confetto o la mentina?
    (Per chi facevi dunque le scarpette,
    le sottane di lana e le magliette?)
    Chi ti correva a saltellare intorno
    ed a farti giocare tutto il giorno?
  • Il cielo è di tutti
    (Gianni Rodari)
    Qualcuno che la sa lunga
    mi spieghi questo mistero:
    il cielo è di tutti gli occhi
    di ogni occhio è il cielo intero.
    È mio, quando lo guardo.
    È del vecchio, del bambino,
    del re, dell’ortolano,
    del poeta, dello spazzino.
    Non c’è povero tanto povero
    che non ne sia il padrone.
    Il coniglio spaurito
    ne ha quanto il leone.
    Il cielo è di tutti gli occhi,
    ed ogni occhio, se vuole,
    si prende la luna intera,
    le stelle comete, il sole.
    Ogni occhio si prende ogni cosa
    e non manca mai niente:
    chi guarda il cielo per ultimo
    non lo trova meno splendente.
    Spiegatemi voi dunque,
    in prosa od in versetti,
    perché il cielo è uno solo
    e la terra è tutta a pezzetti.

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