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Poesie sui Fiori: le 10 più belle e delicate

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Ultimo aggiornamento: 13 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sui Fiori

I fiori sono un vero e proprio regalo che la natura ci dona in tutto il suo splendore attraverso forme e colori assolutamente incantevoli, leggeri e delicati.

Le loro caratteristiche li hanno resi simbolo di bellezza, ma anche di nascita e di primavera. Ma ogni fiore ha particolarità e significati propri che lo contraddistinguono.

Ecco quindi le più belle poesie sui fiori che ne sottolineano al meglio le caratteristiche e i significati metaforici. Scoprile subito!

Poesie sui fiori

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  • Cogli questo piccolo fiore
    (Rabindranath Tagore)
    Cogli questo piccolo fiore
    e prendilo. Non indugiare!
    Temo che esso appassisca
    e cada nella polvere.
    Non so se potrà trovare
    posto nella tua ghirlanda
    ma onoralo con la carezza pietosa
    della tua mano – e coglilo.
    Temo che il giorno finisca
    prima del mio risveglio
    e passi l’ora dell’offerta.
    Anche se il colore è pallido
    e tenue è il suo profumo
    serviti di questo fiore
    finché c’è tempo – e coglilo.
  • Eternità
    (Giuseppe Ungaretti)
    Tra un fiore colto e l’altro donato
    l’inesprimibile nulla.
  • Il fiore sul tetto
    (Ada Negri)
    Ieri non c’era. Or vive, tra due vecchi
    embrici. Se per poco io m’arrischiassi
    sovra il muretto del terrazzo, cogliere
    lo potrei. Non ardisco. È troppo bello
    cosí: troppo mi piace, erto sul gambo,
    dalle muffe dei tegoli sgorgante
    senza una fronda, ma col serto d’oro
    d’un reuccio da fiaba. È un fior magato.
    Il suo germe quassú lo portò il vento.
    Il suo nome lo cantano le stelle.
    Nulla sa delle selve e dei giardini
    sparsi pel mondo: sta, fra tetti e cielo,
    felice: al mondo unico fior si crede,
    ed io l’amo per questo.
    Io far di lui
    voglio il mio dolce amico; e tutto dirgli
    del mio cuore, e con lui ridere e piangere.
    Con lui bagnarmi al lume della luna
    che sugli embrici scorre come rivo
    di freschissimo latte; abbrividire
    alla carezza che li tinge in rosa
    sul far dell’alba; immota al solleone
    del meriggio sostar, che li trasforma
    in colate di lava incandescenti;
    gioir con i rondoni, che nel vespro
    in giri e giri senza fine stridono
    radendo i tetti con l’oblique penne,
    e piú stridon piú impazzano, e d’un tratto
    scompaiono, inghiottiti dalle prime
    ombre. Con lui, sin che morrà. Sí breve
    d’un fior la vita; e, ahimé! la mia sí lunga.
    di freschissimo latte; abbrividire
    alla carezza che li tinge in rosa
    sul far dell’alba; immota al solleone
    del meriggio sostar, che li trasforma
    in colate di lava incandescenti;
    gioir con i rondoni, che nel vespro
    in giri e giri senza fine stridono
    radendo i tetti con l’oblique penne,
    e piú stridon piú impazzano, e d’un tratto
    scompaiono, inghiottiti dalle prime
    ombre. Con lui, sin che morrà. Sí breve
    d’un fior la vita; e, ahimé! la mia sí lunga.
  • Quanti fiori decadono nel bosco
    (Emily Dickinson)
    Quanti fiori decadono nel bosco
    o periscono dalla collina,
    che la loro bellezza non ebbero
    in sorte di conoscere.
    e quanti affidano un seme senza nome
    a una brezza vicina,
    ignari del dono scarlatto
    che recherà ad altri occhi.
  • Narciso
    (Federico García Lorcaa)
    Narciso.
    Il tuo odore.
    E il fondo del fiume.
    Voglio restare sulla tua riva
    Fiore dell’amore.
    Narciso.
    Onde e pesci addormentati
    passano nei tuoi bianchi occhi
    nei miei, uccelli e farfalle
    si stilizzano
    Tu minuscolo e io grande.
    Fiore dell’amore.
    Narciso.
    Le rane quanto sono scaltre
    Ma non lasciano tranquillo
    lo specchio in cui si guardano
    il tuo delirio e il mio delirio.
    Narciso.
    Il mio dolore…
    E mio dolore medesimo.
  • Fiore di campo nasce
    (Peppino Impastato)
    Fiore di campo nasce
    sul grembo della terra nera,
    fiore di campo cresce
    odoroso di fresca rugiada,
    fiore di campo muore
    sciogliendo sulla terra
    gli umori segreti.
  • Teste fiorite
    (Gianni Rodari)
    Se invece dei capelli sulla testa
    ci spuntassero i fiori, sai che festa?
    Si potrebbe capire a prima vista
    chi ha il cuore buono, chi la menta trista.
    Il tale ha in fronte un bel ciuffo di rose:
    non può certo pensare a brutte cose.
    Quest’altro, poveraccio, è d’umor nero:
    gli crescono le viole del pensiero.
    E quello con le ortiche spettinate?
    Deve avere le idee disordinate,
    e invano ogni mattina
    spreca un vasetto o due di brillantina.
  • L’ederella
    (Giovanni Pascoli)
    Prima che pur la primula, che i crochi,
    che le viole mammole, fiorisci
    tu, qua e là, veronica, coi pochi
    petali lisci.
    Su le covette, sotto l’olmo e il pioppo,
    vai serpeggiando, e sfoggi la tua veste
    povera sì, sbiadita sì, ma, troppo,
    vedi, celeste.
    Per ogni luogo prodighi, per ogni
    tempo, te stessa, e chiami a te leggiera
    ogni passante per la via, che sogni
    la primavera.
    Ti guarda e passa. Tu non sei viola!
    Di sempre sei! Non hai virtù che piaccia!
    La gente passa, e tutti una parola
    gettano: Erbaccia!
    Tu non odori, o misera, e non frutti;
    nè buona mai ti si credè, nè bella
    mai ti si disse, pur tra i piedi a tutti,
    sempre, ederella!
  • Coltivo la rosa bianca
    (José Martí)
    Coltivo una rosa bianca,
    in luglio come in gennaio,
    per l’amico sincero
    che mi porge la sua mano franca.
    E per il crudele che mi strappa
    il cuore con cui vivo,
    né il cardo né ortica coltivo:
    coltivo la rosa bianca.
  • Il fiore
    (William Blake)
    Allegro, Allegro Passero!
    Tra verdi foglie un Fiore
    di contentezza colmo
    ti vede dritto dritto
    sfrecciare a farti il nido
    qui sopra il Petto mio.
    Grazioso Pettirosso!
    Tra verdi foglie un Fiore
    di contentezza colmo
    ti sente singhiozzare,
    Grazioso Pettirosso,
    qui sopra il Petto mio.
  • La prima rosa
    (Ada Negri)
    Ieri, quando sbocciò la prima rosa
    sulla rama più alta del rosaio
    che scavalca il muretto di ponente,
    risero le spirèe, riser gli arbusti
    del biancospino e le stellate siepi.
    Anche il pruno sanguigno, che da poco
    vesti sue foglie, rise; e l’aria fu
    tutta uno squillo. Era color d’aurore,
    e splendeva lassù, libera e sola,
    penetrata di luce, ebbra del gaudio
    d’esser aperta. Sola, e prima: grande
    e terribile grazia, esser la prima.
    Così in alto, che niun pensato avrebbe
    di coglierla: sì presto offerta in dono
    alla vita vivente, che oggi morta
    già la mirano i bocci ancor racchiusi
    nel loro casto segreto.
    Esser la prima:
    nè darà il maggio rosa che sia bella
    come la tua bellezza, o annunziatrice.
  • Il gelsomino notturno
    (Giovanni Pascoli)
    E s’aprono i fiori notturni,
    nell’ora che penso ai miei cari.
    Sono apparse in mezzo ai viburni
    le farfalle crepuscolari.
    Da un pezzo si tacquero i gridi
    là sola una casa bisbiglia.
    Sotto l’ali dormono i nidi,
    come gli occhi sotto le ciglia.
    Dai calici aperti si esala
    l’odore di fragole rosse.
    Splende un lume là nella sala.
    Nasce l’erba sopra le fosse.
    Un’ape tardiva sussurra
    trovando già prese le celle.
    La Chioccetta per l’aia azzurra
    va col suo pigolio di stelle.
    Per tutta la notte s’esala
    l’odore che passa col vento.
    Passa il lume su per la scala;
    brilla al primo piano: s’è spento…
    è l’alba: si chiudono i petali
    un poco gualciti; si cova,
    dentro l’urna molle e segreta,
    non so che felicità nuova.

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