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Poesie sulla Primavera: le 25 più belle ed emozionanti

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Ultimo aggiornamento: 13 Novembre 2024
Di: Luca Carlo Ettore Pepino
Poesie sulla Primavera

Con i suoi colori, lo sbocciare dei fiori e le belle giornate di sole, la primavera segna la bellezza della vita nel suo massimo splendore.

Non per niente la primavera è la stagione simbolo della giovinezza e della rinascita. Gli anni dei primi amori, delle prime esperienze e la piacevole sensazione di avere un lungo cammino davanti nell’inseguire i nostri sogni.

Qui di seguito le più belle poesie sulla primavera che ne descrivono al meglio la bellezza e le emozioni felici che ci regala. Eccole!

Poesie sulla primavera

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  • Eppure primavera è nell’aria
    (Oscar Wilde)
    Pieno inverno: il contadino vigoroso
    Trasporta le fascine della legnaia gelida
    e batte i piedi contro il focolare.
    Sul fuoco che langue getta i ceppi freschi
    e ride perché la vampata spaventa
    i suoi bambini. Eppure, primavera è nell’aria.
    Cinta di erba gioia, verde sorridente.
    E avanti indietro per il campo va il seminatore
    e dietro a lui ridendo un ragazzino spaventa i corvi
    Rapaci, coi suoi strilli. Allora il castagno si veste
    Splendidamente, e sull’erba si piega il fiore cremoso
    In eccesso odoroso.
  • Magia della vita
    (Kahlil Gibran)
    In un campo ho veduto una ghianda:
    sembrava così morta, inutile.
    E in primavera ho visto quella ghianda
    mettere radici e innalzarsi,
    giovane quercia verso il sole.
    Un miracolo, potresti dire:
    eppure questo miracolo si produce
    mille migliaia di volte
    nel sonno di ogni autunno
    e nella passione di ogni primavera.
    Perché non dovrebbe prodursi
    nel cuore dell’uomo?
  • Scintille
    (Rabindranath Tagore)
    Vieni, primavera, vieni
    a svelare la bellezza del fiore
    celata nel bocciolo
    tenero e delicato.
    Lascia cadere le note
    che porteranno i frutti,
    e passa con cura il tuo pennello
    d’oro di foglia in foglia.
  • Il biancospino
    (Umberto Saba)
    Di marzo per la via
    della fontana
    la siepe s’è svegliata
    tutta bianca,
    ma non è neve,
    quella: è biancospino
    tremulo ai primi
    soffi del mattino.
  • Primavera
    (Boris Pasternak)
    Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
    dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
    dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria
    di colui che è dimesso dall’ospedale!
    Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
    lasciato da una stella senza continuazione
    per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
    insondabili e privi di espressione.
  • La primavera sorrideva
    (Antonio Machado)
    …Un giorno mi sorprese la primavera
    che in tutti i campi intorno sorrideva.
    Verdi foglie in germoglio
    gialle rigonfie gemme delle fronde,
    fiori gialli, bianchi e rossi davano
    varietà di toni al paesaggio.
    E il sole
    sulle fronde tenere
    era una pioggia
    di raggi d’oro;
    nel sonoro scorrere
    del fiume ampio
    si specchiavano
    argentei e sottili i pioppi.
  • Chi sei tu, lettore che leggi
    (Rabindranath Tagore)
    Chi sei tu, lettore che leggi
    le mie parole tra un centinaio d’anni?
    Non posso inviarti un solo fiore
    della ricchezza di questa primavera,
    una sola striatura d’oro
    delle nubi lontane.
    Apri le porte e guardati intorno.
    Dal tuo giardino in fiore cogli
    i ricordi fragranti dei fiori svaniti
    un centinaio d’anno fa.
    Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire
    la gioia vivente che cantò
    in un mattino di primavera,
    mandando la sua voce lieta
    attraverso un centinaio d’anni.
  • Marzo
    (Cesare Pavese)
    Io sono Marzo che vengo col vento
    col sole e l’acqua e nessuno contento;
    vo’ pellegrino in digiuno e preghiera
    cercando invano la Primavera.
    Di grandi Santi m’adorno e mi glorio:
    Tommaso il sette e poi il grande Gregorio;
    con Benedetto la rondin tornata
    saluta e canta la Santa Annunziata.
    Primavera
    Sarà un volto chiaro.
    S’apriranno le strade
    sui colli di pini
    e di pietra…
    I fiori spruzzati
    di colore alle fontane
    occhieggeranno come
    donne divertite: Le scale
    le terrazze le rondini
    canteranno nel sole.
  • Dall’inverno alla primavera
    (Edmondo De Amicis)
    Quando l’inverno muore
    lentamente nella primavera,
    nelle sere di quei bei giorni limpidi,
    lieti, senza vento,
    su cui si tengono spalancate
    per le prime volte le finestre
    e si portano sulle terrazze i vasi dei fiori,
    le città offrono uno spettacolo gentile
    e pieno d’allegrezza e di poesia.
    A passeggiare per le vie si sente,
    di tratto in tratto, sul viso,
    un’ondata d’aria tiepida, odorosa.
    Di che? di quali fiori? di quali erbe?
    Chi lo sa!
  • Il vento portò da lontano
    (Aleksandr Blok)
    Il vento portò da lontano
    l’accenno di un canto primaverile,
    chissà dove, lucido e profondo
    si aprì un pezzetto di cielo.
    In questo azzurro smisurato,
    fra barlumi della vicina primavera
    piangevano burrasche invernali,
    si libravano sogni stellati.
    Timide, cupe e profonde
    piangevano le mie corde.
    Il vento portò da lontano
    le sue squillanti canzoni.
  • Caro Marzo
    (Emily Dickinson)
    Caro Marzo – Entra –
    Come sono felice –
    Ti aspettavo da tanto –
    Posa il Cappello –
    Devi aver camminato –
    Come sei Affannato –
    Caro Marzo, come stai tu, e gli Altri –
    Hai lasciato bene la Natura –
    Oh Marzo, Vieni di sopra con me –
    Ho così tanto da raccontare –
    Ho avuto la tua Lettera, e gli Uccelli –
    Gli Aceri non sapevano che tu stessi arrivando –
    L’ho annunciato – come sono diventati Rossi –
    Però Marzo, perdonami –
    Tutte quelle Colline che mi lasciasti da Colorare –
    Non c’era Porpora appropriata –
    L’hai portata
    Chi bussa? Ecco Aprile –
    Chiudi la Porta –
    Non voglio essere incalzata –
    È stato via un Anno per venire
    Ora che sono occupata –
    Ma le inezie sembrano così banali
    Non appena arrivi tu
    Che il Biasimo è caro come la Lode
    E la Lode effimera come il Biasimo.
  • Aprile
    (Arpalice Cuman Pertile)
    Aprile, il gran pittore
    va a spasso col pennello
    e mette giù colore
    per fare il mondo bello:
    alle margheritine, mette
    nel cuore il giallo,
    alle campanelline, dà
    un tocco di corallo.
    Col bianco fa la veste
    dei candidi narcisi.
    A tutti dona infine,
    un tocco di turchese.
    Di luce e di colore,
    veste la terra intera.
    Poi domanda, il pittore:
    “Ti piace, Primavera.”
  • L’aquilone
    (Giovanni Pascoli)
    C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
    anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
    che sono intorno nate le viole.
    Son nate nella selva del convento
    dei cappuccini, tra le morte foglie
    che al ceppo delle quercie agita il vento.
    Si respira una dolce aria che scioglie
    le dure zolle, e visita le chiese
    di campagna, ch’erbose hanno le soglie:
    un’aria d’altro luogo e d’altro mese
    e d’altra vita: un’aria celestina
    che regga molte bianche ali sospese…
    sì, gli aquiloni! E’ questa una mattina
    che non c’è scuola. Siamo usciti a schiera
    tra le siepi di rovo e d’albaspina.
    Le siepi erano brulle, irte; ma c’era
    d’autunno ancora qualche mazzo rosso
    di bacche, e qualche fior di primavera
    bianco; e sui rami nudi il pettirosso
    saltava, e la lucertola il capino
    mostrava tra le foglie aspre del fosso.
    Or siamo fermi: abbiamo in faccia Urbino
    ventoso: ognuno manda da una balza
    la sua cometa per il ciel turchino.
    Ed ecco ondeggia, pencola, urta, sbalza,
    risale, prende il vento; ecco pian piano
    tra un lungo dei fanciulli urlo s’inalza.
    S’inalza; e ruba il filo dalla mano,
    come un fiore che fugga su lo stelo
    esile, e vada a rifiorir lontano.
    S’inalza; e i piedi trepidi e l’anelo
    petto del bimbo e l’avida pupilla
    e il viso e il cuore, porta tutto in cielo.
    Più su, più su: già come un punto brilla
    lassù, lassù… Ma ecco una ventata
    di sbieco, ecco uno strillo alto… – Chi strilla?
    Sono le voci della camerata mia:
    le conosco tutte all’improvviso,
    una dolce, una acuta, una velata…
    A uno a uno tutti vi ravviso,
    o miei compagni! E te, sì, che abbandoni
    su l’omero il pallor muto del viso.
    Sì: dissi sopra te l’orazioni,
    e piansi: eppur, felice te che al vento
    non vedesti cader che gli aquiloni!
    Tu eri tutto bianco, io mi rammento:
    solo avevi del rosso nei ginocchi,
    per quel nostro pregar sul pavimento.
    Oh! te felice che chiudesti gli occhi
    persuaso, stringendoti sul cuore
    il più caro dei tuoi cari balocchi!
    Oh! dolcemente, so ben io, si muore
    la sua stringendo fanciullezza al petto,
    come i candidi suoi pètali un fiore
    ancora in boccia! O morto giovinetto,
    anch’io presto verrò sotto le zolle
    là dove dormi placido e soletto…
    Meglio venirci ansante, roseo, molle
    di sudor, come dopo una gioconda
    corsa di gara per salire un colle!
    Meglio venirci con la testa bionda,
    che poi che fredda giacque sul guanciale,
    ti pettinò co’ bei capelli a onda tua madre…
    adagio, per non farti male.
  • Si sveglia la primavera
    (Ugo Betti)
    Quando il cielo ritorna sereno
    come l’occhio di una bambina,
    la primavera si sveglia. E cammina
    per le mormoranti foreste,
    sfiorando appena
    con la sua veste
    color del sole
    i bei tappeti di borraccina.
    Ogni filo d’erba reca un diadema,
    ogni stilla trema.
    Qualche gemma sboccia
    un po’ timorosa,
    e porge la boccuccia color di rosa
    per bere una goccia
    di rugiada.
    Nei casolari solitari,
    i vecchi si fanno sulla soglia
    e guardano la terra
    che germoglia.
  • Mi adagio nel mattino di primavera
    (Sandro Penna)
    Mi adagio nel mattino di primavera.
    Sento
    nascere in me scomposte
    aurore. Io non so più
    se muoio oppure nasco.
  • I gatti lo sapranno
    (Cesare Pavese)
    Ancora cadrà la pioggia
    sui tuoi dolci selciati,
    una pioggia leggera
    come un alito o un passo.
    Ancora la brezza e l’alba
    fioriranno leggere
    come sotto il tuo passo,
    quando tu rientrerai.
    Tra fiori e davanzali
    i gatti lo sapranno.
    Ci saranno altri giorni,
    ci saranno altre voci.
    Sorriderai da sola.
    I gatti lo sapranno.
    Udrai parole antiche,
    parole stanche e vane
    come i costumi smessi
    delle feste di ieri.
    Farai gesti anche tu.
    Risponderai parole −
    viso di primavera,
    farai gesti anche tu.
    I gatti lo sapranno,
    viso di primavera;
    e la pioggia leggera,
    l’alba color giacinto,
    che dilaniano il cuore
    di chi piú non ti spera,
    sono il triste sorriso
    che sorridi da sola.
    Ci saranno altri giorni,
    altre voci e risvegli.
    Soffriremo nell’alba,
    viso di primavera.
  • Primavera
    (Vincenzo Cardarelli)
    Oggi la primavera
    é un vino effervescente.
    Spumeggia il primo verde
    sui grandi olmi fioriti a ciuffi:
    Verdi persiane squillano
    su rosse facciate
    che il chiaro allegro vento
    di marzo pulisce:
    Tutto è color di prato.
    Anche l’edera è illusa,
    la borraccina è più verde
    sui vecchi tronchi immemori
    che non hanno stagione.
    Scossa da un fiato immenso
    la città vive un giorno
    d’umori campestri.
    Ebbra la primavera
    corre nel sangue.
  • Se non avessimo amato
    (Oscar Wilde)
    Se noi non avessimo amato,
    chissà se quel narciso avrebbe attratto l’ape
    nel suo grembo dorato,
    se quella pianta di rose avrebbe ornato
    di lampade rosse i suoi rami!
    Io credo non spunterebbe una foglia
    in primavera,
    non fosse per le labbra degli amanti
    che baciano,
    non fosse per le labbra dei poeti
    che cantano.
  • Fiorita di marzo
    (Ada Negri)
    La fioritura vostra è troppo breve,
    o rosei peschi, o gracili albicocchi
    nudi sotto i bei petali di neve.
    Troppo rapido è il passo con cui tocchi
    il suolo; e al tuo passar l’erba germoglia,
    o Primavera, o gioia de’ miei occhi.
    Mentre io contemplo, ferma sulla soglia
    dell’orto, il pio miracolo dei fiori,
    sbocciati sulle rame senza foglia,
    essi, ne’ loro tenui colori,
    tremano già del vento alla carezza,
    volan per l’aria densa di languori;
    e se ne va così la tua bellezza,
    come una nube, e come un sogno muori,
    o fiorita di marzo, o Giovinezza…
  • Piogge di primavera
    (Gustave Flaubert)
    Mentre cammini, una nuvola si apre
    all’improvviso, viene giù acqua.
    La pioggia, però, finisce quasi subito.
    Allora, camminando sul selciato
    della città, si vedono le strade scintillare
    sotto il sole.
  • Primavera vicina
    (Johann Wolfgang Goethe)
    Più morbida, più lieve
    l’aiuola, ecco, s’inturgida;
    candide come neve
    ondeggian le campanule,
    un vivo ardor di fuoco
    va dispiegando il croco;
    il suol di sangue stilla,
    lo smeraldo sfavilla.
    Le primule si gonfiano
    con borioso piglio;
    mentre l’astuta mammola
    s’asconde ad ogni ciglio;
    un alito possente
    scuote la vita intera.
    È viva, è qui presente
    ormai la primavera.
  • La primavera
    (Giuseppe Parini)
    La vaga Primavera
    Ecco che a noi sen viene;
    E sparge le serene
    Aure di molli odori.
    L’erbe novelle e i fiori 5
    Ornano il colle e il prato.
    Torna a veder l’amato
    Nido la rondinella.
    E torna la sorella
    Di lei a i pianti gravi: 10
    E tornano a i soavi
    Baci le tortorelle.
    Escon le pecorelle
    Del lor soggiorno odioso;
    E cercan l’odoroso 15
    Timo di balza in balza.
    La pastorella scalza
    Ne vien con esse a paro;
    Ne vien cantando il caro
    Nome del suo pastore. 20
    Ed ei, seguendo Amore,
    Volge ove il canto sente;
    E coglie la innocente
    Ninfa sul fresco rio.
    Oggi del suo desio 25
    Amore infiamma il mondo:
    Amore il suo giocondo
    Senso a le cose inspira.
    Sola il dolor non mira
    Clori del suo fedele: 30
    E sol quella crudele
    Anima non sospira.
  • Una luce c’è in primavera
    (Emily Dickinson)
    Una luce c’è in primavera
    non presente nel resto dell’anno
    in qualsiasi altra stagione –
    Quando marzo è appena arrivato
    un colore appare fuori
    sui campi solitari
    che la scienza non può sorpassare
    ma la natura umana sente.
    Indugia sopra il prato,
    delinea l’albero più lontano
    sul più lontano pendio che tu sappia
    quasi sembra parlarti.
    Poi come orizzonti arretrano
    o il mezzogiorno trascorre,
    senza formula di suono
    esso passa e noi restiamo –
    e una qualità di perdita
    tocca il nostro sentimento

    come se a un tratto il guadagno
    profanasse un sacramento.

  • Pioggia d’aprile
    (Luigi Pirandello)
    Attoniti, dai nidi
    nuovi, sui vecchi tetti
    guardano gli uccelletti.
    Mettendo acuti gridi,
    cadere l’invocata
    pioggia di mezzo aprile.
    Tu dietro la vetrata,
    dalla finestra bassa
    come lor guardi e ridi.
    È nuvola che passa.
  • Piena fioritura
    (Hermann Hesse)
    Si erge carico di fiori il pesco,
    non tutti diventeranno frutto.
    Risplendono chiari come spuma rosata
    attraverso l’azzurro e la fuga di nuvole.
    Simili a fiori si schiudono i pensieri,
    centinaia ogni giorno,
    lasciali fiorire! Lascia a ogni cosa il suo corso!
    Non chiedere qual è il guadagno!
    Vi deve pur essere gioco e innocenza
    e dovizia di fiori,
    altrimenti per noi sarebbe
    troppo piccolo il mondo
    e la vita non un piacere.
  • Ascolta la natura
    (Tiziano Terzani)
    Guarda la natura da questo prato,
    guardala bene e ascoltala.
    Là, il cuculo;
    negli alberi tanti uccellini
    – chi sa chi sono? –
    coi loro gridi e il loro pigolio,
    i grilli nell’erba,
    il vento che passa tra le foglie.
    Un grande concerto che vive di vita sua,
    completamente indifferente,
    distaccato da quel che mi succede,
    dalla morte che aspetto.
    Le formicole continuano a camminare,
    gli uccelli cantano al loro Dio,
    il vento soffia.
  • Il Passero solitario
    (Giacomo Leopardi)
    D’in su la vetta della torre antica,
    Passero solitario, alla campagna
    Cantando vai finché non more il giorno;
    Ed erra l’armonia per questa valle.
    Primavera dintorno
    Brilla nell’aria, e per li campi esulta,
    Sì ch’a mirarla intenerisce il core.
    Odi greggi belar, muggire armenti;
    Gli altri augelli contenti, a gara insieme
    Per lo libero ciel fan mille giri,
    Pur festeggiando il lor tempo migliore:
    Tu pensoso in disparte il tutto miri;
    Non compagni, non voli,
    Non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
    Canti, e così trapassi
    Dell’anno e di tua vita il più bel fiore.
    Oimè, quanto somiglia
    Al tuo costume il mio! Sollazzo e riso,
    Della novella età dolce famiglia,
    E te german di giovinezza, amore,
    Sospiro acerbo de’ provetti giorni,
    Non curo, io non so come; anzi da loro
    Quasi fuggo lontano;
    Quasi romito, e strano
    Al mio loco natio,
    Passo del viver mio la primavera.
    Questo giorno ch’omai cede alla sera,
    Festeggiar si costuma al nostro borgo.
    Odi per lo sereno un suon di squilla,
    Odi spesso un tonar di ferree canne,
    Che rimbomba lontan di villa in villa.
    Tutta vestita a festa
    La gioventù del loco
    Lascia le case, e per le vie si spande;
    E mira ed è mirata, e in cor s’allegra.
    Io solitario in questa
    Rimota parte alla campagna uscendo,
    Ogni diletto e gioco
    Indugio in altro tempo: e intanto il guardo
    Steso nell’aria aprica
    Mi fere il Sol che tra lontani monti,
    Dopo il giorno sereno,
    Cadendo si dilegua, e par che dica
    Che la beata gioventù vien meno.
    Tu, solingo augellin, venuto a sera
    Del viver che daranno a te le stelle,
    Certo del tuo costume
    Non ti dorrai; che di natura è frutto
    Ogni vostra vaghezza.
    A me, se di vecchiezza
    La detestata soglia
    Evitar non impetro,
    Quando muti questi occhi all’altrui core,
    E lor fia vòto il mondo, e il dì futuro
    Del dì presente più noioso e tetro,
    Che parrà di tal voglia?
    Che di quest’anni miei? che di me stesso?
    Ahi pentirommi, e spesso,
    Ma sconsolato, volgerommi indietro.
  • È maggio
    (Giovanni Pascoli)
    A maggio non basta un fiore.
    Ho visto una primula: è poco.
    Vuol nel prato le prataiole:
    è poco: vuole nel bosco il croco.
    È poco: vuole le viole; le bocche
    di leone vuole e le stelline dell’odore.
    Non basta il melo, il pesco, il pero.
    Se manca uno, non c’è nessuno.
    È quando è in fiore il muro nero
    è quando è in fiore lo stagno bruno,
    è quando fa le rose il pruno,
    è maggio quando tutto è in fiore.
  • Fiori di primavera
    (Paul Verlaine)
    Se qualcuno chiede
    quale sia l’anima del Giappone:
    è un fiore di ciliegio
    che profuma il sole che si leva.
    Ad una bimba che cercava violette
    chiesi d’un campo di fiori:
    senza parlare m’indicò col fiore
    il volo d’una farfalla.
    Il giorno primaverile
    è pieno di luce, chiaro, giocando…
    Ma i fiori di ciliegio
    ruban tutta la luce del sole.
  • Consolazione
    (Gabriele D’Annunzio)
    Non pianger più. Torna il diletto figlio
    a la tua casa. È stanco di mentire.
    Vieni; usciamo. Tempo è di rifiorire.
    Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio.
    Vieni; usciamo. Il giardino abbandonato
    serba ancóra per noi qualche sentiero.
    Ti dirò come sia dolce il mistero
    che vela certe cose del passato.
    Ancóra qualche rosa è ne’ rosai,
    ancóra qualche timida erba odora.
    Ne l’abbandono il caro luogo ancóra
    sorriderà, se tu sorriderai.
    Ti dirò come sia dolce il sorriso
    di certe cose che l’oblìo afflisse.
    Che proveresti tu se ti fiorisse
    la terra sotto i piedi, all’improvviso?
    Tanto accadrà, ben che non sia d’aprile.
    Usciamo. Non coprirti il capo. È un lento
    sol di settembre, e ancor non vedo argento.

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